DAZN - Il capitano della Roma Femminile, Elisa Bartoli, è intervenuta a Dazn Talks. Chiacchierando con le giornaliste della piattaforma, è intervenuta su numerosi temi, a partire dai traguardi raggiunti indossando i colori giallorossi, come la qualificazione ai quarti di Women's Champions League.
Queste le sue parole:
Avete ottenuto un risultato storico con i quarti di finale di Champions League. Che cosa significa per te questo traguardo?
“È un traguardo raggiunto dopo tanti anni, non mi aspettavo di arrivare ai quarti di Champions League al primo anno, è un sogno e speriamo di continuare il più a lungo possibile”.
Che ambiente si respirava venerdì sera?
“Non è stato semplice, aspettavamo questa partita da un bel po’, tutta quella pioggia è stata tremenda. Avevo paura che rimandassero la partita, conoscendo il campo di Latina temevamo che non riuscisse ad accogliere tutta quella pioggia. La tensione è stata tanta. Dopo una mezz’oretta abbiamo saputo che saremmo rientrate alle 20:15, stare un’ora in spogliatoio non è stato semplice. Siamo rimaste concentrate e abbiamo sdrammatizzato un po’, poi siamo rientrate in campo con la voglia di fare risultato”.
Un’esperienza che insegna qualcosa.
“Sì, è la prima volta che mi accade, non sono mai stata nello spogliatoio più di un’ora ad aspettare la partita con un risultato importante da fare. È stata un’esperienza unica, spero non si ripeta (ride, ndr)”.
Sei il simbolo della Roma Femminile. Cosa vi sta dando coach Spugna? Come lo vedi da capitano?
“Spugna viene dopo il periodo di Bavagnoli, con lei avevo un rapporto bellissimo. Ho visto il suo lavoro nell’Empoli ed ero felice delle sue idee di gioco e della sua metodologia, quando è arrivato ero curiosa di cosa ci potesse insegnare. Amo il suo modo di vedere il calcio e di fare giocare la squadra, siamo molto in sintonia. È una persona con cui si può parlare, molte volte discutiamo, molte volte siamo d’accordo, altre no, ma fa parte del gioco. È una persona sempre solare, mette sempre il sorriso e cerca sempre di sdrammatizzare. Nel nostro contesto di squadra è molto importante”.
Hai qualche rito scaramantico?
“Odio la scaramanzia, ma in squadra c’è qualche rito: i posti a tavola, in spogliatoio. Io sto vicino a Manuela Giugliano e Annamaria Serturini”.
Avete un rapporto bellissimo, avete segnato entrambe il primo gol in Women’s Champions League, cosa le hai detto?
“Anna l’ho cresciuta, è un talento strepitoso, a volte la prendo in giro perché è molto quadrata, sta sempre lì sull’attenti. Cerco di farla uscire fuori dagli schemi ogni tanto, a volte anche troppo rigida con se stessa. È un mese che sta facendo veramente bene, quando segna in partite così importanti è come se segnassi anche io. Tante volte con lei sono un po’ dura, più di altre persone, perché ormai il rapporto è talmente intenso che posso farle capire anche in modo duro che è forte e che può spaccare tutto”.
Chi delle più piccole un giorno potrà diventare una calciatrice da Roma? Quali sono le calciatrici che ti hanno maggiormente impressionato?
“In questa Roma vedo veramente tanti talenti, siamo cresciute insieme tantissimo. Mi hanno sorpreso Carina (Wenninger, ndr), che ha portato esperienza, professionismo e mentalità vincente, e Lucia Di Guglielmo, è una ragazza che in poco tempo è cresciuta tanto e non pensavo che potesse crescere così tanto. Mi dispiace che si sia fatta male, ma sono sicura che con la testa che ha si riprenderà il prima possibile. Una giovane che è qui da tanti anni è Giada Greggi, che ha avuto una crescita continua, è tornata più forte dall’infortunio. Poi c’è Anastasia (Ferrara, ndr), Manuela Giugliano, Benedetta Glionna. Devo dire che la Roma ha tante giovani importanti, che se portate su bene aiuteranno a prendere il palcoscenico per tanti anni”.
Come state vivendo questo momento e come state lavorando per dare continuità?
“In questo momento la squadra è un po’ stanca, abbiamo fatto 22 partite in 4 mesi ed è un’esperienza nuova per tutte. Non ci aspettavamo di poter reagire così bene, giocare ogni tre giorni è difficile e importante, questo fa vedere la crescita mentale e fisica della squadra. Cerchiamo di recuperare il più possibile, di curare i dettagli, di allenarci il giusto tempo e di preparare le partite in uno-due giorni, che è difficilissimo, perché devi capire quante energie si sono spese e chi può affrontare meglio la partita in base alle condizioni. È difficile, ma per essere il primo anno siamo state brave e speriamo di continuare in questo modo”.
Ti saresti mai immaginata come il Capitano della Roma?
“Non pensavo neanche di poter avere un futuro a livello calcistico. Giocavo per passione, non conoscevo le squadre femminili, per tanti anni ho giocato con i maschi. Poi è uscita fuori la Roma Femminile e ci sono andata senza pensarci due volte. Ora le ragazze sanno che c’è un futuro, che il calcio può essere la loro vita: quando io ho iniziato era solo una passione e non sapevo nemmeno che fine potessi fare. Quando vedevo le partite del maschile sognavo la Champions League, di vincere con la tua squadra del cuore. Aver vinto due trofei per me è un qualcosa di straordinario, che faccio fatica a spiegare”.
Chi era il tuo idolo?
“A quei tempi più calciatori, amavo Cafu. Quando fece il sombrero a Nedved nel derby mi sono innamorata”.
C’è qualche tua collega che è stata un punto di riferimento quando hai iniziato ad affacciarti al calcio femminile?
“Ho iniziato a giocare con Gioia Masia, difensore centrale, è stata il mio idolo. Aveva classe ed eleganza, io non sono elegante ma lei mi ha aiutato molto, ho fatto sei anni con lei, mi ha preso sottobraccio. È la persona che mi ha dato tutto, mi ha fatto crescere tantissimo”.
Chi è l’allenatore che più ti ha indirizzato?
“Ho iniziato con Giampiero Serafini, mi ha fatto capire cos’è il calcio femminile. La svolta a livello mentale me l’ha data Manuela Tesse alla Torres, lì ho capito cosa significa vincere e allenarsi per raggiungere certi risultati. Con lei era odio e amore, mi massacrava ma perché mi voleva bene, ero la più piccolina. A quei tempi i modi erano un po’ diversi (ride, ndr)”.
Cosa è cambiato quando sei passata dal giocare coi maschi al farlo con le femmine?
“A livello fisico, coi maschi dovevo andare 200 volte più forte di loro altrimenti mi spostavano. Quando sono passata al femminile e facevo lo stesso contrasto mi fischiavano sempre fallo. Ho preso due ammonizioni nelle prime due partite, entravo forte, perché se non entravi forte coi maschi ti facevi male, con loro mi servivano tre o quattro giorni per recuperare dopo ogni partita”.
Cosa ti diceva la tua famiglia quando ti vedeva malconcia?
“Mamma non era felicissima della mia scelta di giocare, aveva paura che mi potessi far male. Papà è stato sempre uno da vivi e lascia vivere, giocava mediano. È diventato molto più morbido, mi dice che gioco bene e per farmi dire una cosa del genere devo fare una partita senza errori”.
Sei molto severa con te stessa?
“Sì, più con me stessa che con gli altri”.
Come sarebbe giocare allo Stadio Olimpico i quarti di finale?
“Sono entrata una volta all’Olimpico, era vuoto e mi tremavano le gambe. Penso sia qualcosa di straordinario. Chissà, magari ci riuscirò, magari no. L’Olimpico è veramente grande, 70.000 persone sono tante, ma anche riempire una tribuna non mi dispiacerebbe. Mi piacerebbe giocare all’Olimpico. È stata un’esperienza bella anche quella di vederlo vuoto, anche se riempi 10.000 posti fa un grande effetto”.
In Women’s Champions League ci sono stati stadi che hanno registrato il tutto esaurito, come a Barcellona, a Londra con l’Arsenal.
“Noi ci speriamo, fare i quarti all’Olimpico e riempirlo a metà sarebbe stupendo. Vedo all’estero che gli stadi si riempiono, spero che anche qui in Italia riusciremo a portare tutto questo. Stiamo cercando di ottenere questi risultati per far vivere il calcio femminile in Italia, per pubblicizzarlo e portare passione. Spero che aprano l’Olimpico e che le persone vengano a vederci”.
Hai vissuto il Mondiale da tifosa?
“Tifavo per il Brasile e per l’Argentina, sono squadre che mi sono sempre piaciute. Pensavo di vedere il Brasile in finale, per il gioco e per il loro modo di giocare propositivo, con i terzini che fanno gli attaccanti. Mi aspettavo la semifinale Brasile-Argentina, ma sono felice per Messi, è finalmente riuscito a ottenere quello che cercava da tanto tempo, è uno dei più forti che il calcio abbia mai avuto. Tra i difensori mi ha stupito il centrale della Croazia (Gvardiol, ndr). Mi sono goduta il gioco, mi ha stupito il Marocco, è stata una cenerentola come noi lo siamo noi in Champions League”.
Che sia di buon auspicio per la Roma?
“Mi sono messa a ridere quando abbiamo detto questa cosa. Noi siamo nelle prime otto e se si va a leggere chi è passato c’è chi vince la Champions, chi raggiunge la finale quattro volte… ci è venuto da ridere e scherzare”.
In Champions League c’è tanta storia, se vai avanti hai uno stato d’animo più aggressivo verso le rivali.
“Hai più esperienza e quella in certe competizioni fa tanto la differenza. Sai vedere delle cose che l’esperienza ti dà e sai gestire momenti, noi siamo alle prime armi e sappiamo gestire alcune situazioni bene e altre meno. Contro di noi il Wolfsburg ha fatto cinque tiri e quattro gol, noi creiamo tanto e non riusciamo a finalizzare. In quelle partite non possiamo permettercelo”.
C’è stata una differenza ambientale?
“Sono morta di freddo a Wolfsburg, ero un ghiaccio nel secondo tempo, non riuscivo a scaldarmi. A fine partita mi sono girata verso Camelia (Ceasar, ndr), tremava e aveva le labbra viola. La differenza la vedi quando il clima cambia così tanto, noi ci siamo allenate con 15 gradi, siamo andate lì a 0 gradi e la differenza si sente”.
Qual è la differenza tra le italiane della tua generazione e quelle nate dopo il 2000?
“Le ragazze di oggi sono molto più preparate grazie alle strutture, ai mezzi e ai preparatori che oggi allenano. Noi ci siamo fatte un po’ da sole, tramite esperienze, con un calcio completamente diverso rispetto a quello di oggi. Le ragazze di ora tra 15 anni saranno molto più avanti di noi, sono fortunate”.
C’è però l’orgoglio di aver aperto una strada?
“Sono sincera, chi è arrivata fino a qui è perché ha grande carattere, forza e passione. Le sfide che abbiamo dovuto affrontare sono state tante. I pregiudizi, gli scarsi mezzi. Ti alzavi, andavi a scuola o a lavoro e poi all’allenamento. Era una continua sfida con chi ti circondava e ti diceva che le ragazze non possono giocare, una lotta con i pregiudizi. Abbiamo dovuto ottenere tante cose attraverso i risultati, le vittorie e le competizioni. Ora c’è un percorso più avviato e più semplice”.