ULTIMOUOMO.COM - Ebrima Darboe è stato il volto nuovo del finale di campionato della Roma, con la progressiva ascesa, agevolata dagli infortuni nel ruolo, fino a diventare titolare nella parte conclusiva della stagione. Il centrocampista racconta che guardava il calcio anche prima di arrivare in Italia: «Un po’ di tutto: la Serie A, la Premier, la Liga, la Champions League. Il Barça era la mia squadra preferita».
La Roma la conosceva «per Totti e De Rossi», ovviamente, «guardavo sempre le loro partite». Anche lui, come altri giocatori africani cresciuti giocando in strada, aveva un soprannome. L’attaccante dello Zurigo e della nazionale gambiana, Assan Ceesay, ad esempio, ancora oggi è chiamato “Torres”, come il suo giocatore preferito. Darboe ha riferimenti diversi: «Alcuni mi chiamavano Xavi, altri Messi».
Anche se prima di partire sognava di poter diventare calciatore professionista – «lo speravo, ma non così velocemente», aggiunge lui – a Bakoteh non aveva mai giocato in una squadra, in un contesto, diciamo così, strutturato. «Giocavo con gli amici, la squadra del paese, tra amici». Una volta arrivato in Italia, quando ha cominciato ad allenarsi con lo Young Rieti, era «tutto molto diverso. In Gambia non allenavamo le basi. Andavamo in campo, undici contro undici, e giocavamo. Già a Rieti, quando ho iniziato a giocare, qualche esercizio lo facevamo, controlli, portare palla…».
Anche lì, però, il contesto non era al suo livello: «Giocavo da solo, la mia squadra era scarsa ma io facevo 4 o 5 gol, loro giocavano tutto su di me. Io ero trequartista, prendevo palla e facevo gol. Per questo alla Roma, all’inizio, ho avuto qualche difficoltà. La tattica è stata difficile da imparare». [...]