LA MI-TEMPS DE SIDNEY - Miralem Pjanic è stato intervistato dal suo ex compagno di squadra, Sidney Govou, oggi al Chasselay, quarta serie francese. Queste le parole del centrocampista bosniaco:
Govou - Dal Lione alla Roma...
Quando sono venuto a Roma venivo da un periodo in cui stavo benissimo a Lione, anche con l'allenatore, sentivo la fiducia e tutto andava per il meglio. Non mi aspettavo proprio il trasferimento, dopo l'ultima partita con il Montpellier sono partito con la Bosnia, mi hanno telefonato per dirmi che stavano negoziando con la Roma. Le cose si sono fatte senza che io sapessi troppo, non me lo aspettavo ma qui a Roma ho sentito una grande volontà di avermi, sia da parte dell'allenatore che da parte del club, quindi per me questo era importante. Oggi non ho rimpianti, sto molto bene qui, mi ha fatto bene venire in Italia, è una cosa che avverto anche nella mia professionalità e oggi, come ho detto, mi sento molto bene. La città come il club mi piacciono molto e quindi sono felice alla Roma.
Govou - Logico per un giocatore come te pensare queste cose. Facciamo un passo indietro, parliamo della tua vita, la Bosnia, il Lussemburgo, la Francia. Perché hai giocato a calcio?
Vero che ho girato molti paesi. Nato in Bosnia, partito prima della guerra, avevo un anno, sono arrivato in Lussemburgo. Abbiamo seguito nostro padre che aveva avvertito i primi segnali di guerra, alcune cose stavano cambiando, hanno creduto che stava per succedere il peggio. È successo, ma per fortuna noi siamo partiti prima. Mio padre ha raggiunto un amico ed è così che siamo riusciti ad ottenere i documenti del Lussemburgo, grazie al calcio, perché mio padre ha continuato a giocare come dilettante lì. Dopo in Lussemburgo è stato un modo per continuare a vivere e costruire la loro vita, dei miei genitori, io ero piccolo e non sapevo granché ma sono andati al Lussemburgo per costruire una nuova vita, cominciando proprio dal principio. Non esisteva calcio professionistico, mio padre, anche lavorando, ha potuto guadagnare qualcosa, lavorava dalle 7 del mattino alle 16 e mia madre dalle 16 alla sera. Stavo sempre solo con uno dei due. Dopo il lavoro mio padre andava agli allenamenti ed io, poiché ero solo, andavo con lui al campo e così ho iniziato a giocare a pallone. Ero veramente tutto il tempo concentrato solo sul calcio. C'ero dentro fin da piccolissimo, ero sempre sui campi di calcio, uscivo la mattina e rientravo da sera, stavo sempre a giocare a pallone. Ce ne erano un paio nel paesino, per cui mi trovava sempre. Ho cominciato ad amare il pallone fin da piccolissimo, tutta la mia famiglia segue il calcio.
Govou - Dal Lussemburgo al Metz, i primi osservatori che ti hanno visto, poi Ligue One velocemente. Eri forte già da giovane...
A Metz tutto è andato molto velocemente, è vero che avevo molte altre scelte. Ma siccome il Metz era molto famoso per il centro di formazione, per metodo, è stata una scelta giusta. La prima impressione che ho avuto rispetto a tutti gli altri club dove sono stato, era che lì davvero mi volevano fortemente. Ho sempre deciso io in tutte le scelte che ho fatto nella mia vita, mio padre era sempre al mio fianco, mi seguiva, mi consigliava, ma mi ha sempre lasciato decidere da solo. Una cosa importante per un giovane. Correre dietro i grandi club e i soldi, fin da giovanissimo, secondo me è sbagliato. Bisogna sentirsi a proprio agio, bisogna sentirsi bene, non ho sempre scelto i posti dove avrei guadagnato di più. Andavo dove pensavo di poter progredire il più rapidamente e dove potevo davvero dimostrare le mie qualità. Quando sono partito da Metz per Lione è stato così, avevo molti club all'estero, ma era solo il mio primo anno in Francia. Andare all'estero dove nessuno mi conosceva significava ricominciare tutto dall'inizio, mentre in Francia mi conoscevano, il Lione mi aveva seguito, è stata una scelta logica. Le mie scelte le ho fatte sempre con la logica, sempre fatte col cuore e anche quando in seguito ho scelto la Bosnia, ho scelto con il cuore.
Govou - Il pensiero della famiglia ha primeggiato quindi, una piccola sicurezza di vita. Ho notato che è stato sempre importante per te. Anche quando hai firmato al Lione la tua famiglia ti ha seguito...
Si, ciò non è stato semplice per loro. Oggi sono molto riconoscente, quando il mio fratellino è arrivato a Lione aveva solo 8 anni. Poverino, è arrivato in Francia, è dovuto andare a scuola e non parlava francese, mentre a Lussemburgo aveva già degli amici. Sempre solo a scuola, non parlava molto, ci sono stati momenti difficili. Ma in conclusione mi è servito molto per migliorare nella mia vita di calciatore. Una stabilità serve a un giovane calciatore, che da un momento all'altro inizia ad ottenere tutto, i soldi, le uscite, cose nuove. I primi due tre anni sono i più importanti per crescere di livello. Io ho avuto la fortuna che la mia famiglia mi è sempre stata vicino.
Govou - Il tuo contesto familiare ha fatto in modo che a Lione, dove non tutto è andato benissimo, sei stato percepito in grande crescita. Non diciamo nulla di nuovo se diciamo che i tifosi del Lione rimpiangono il fatto che tu sia andato via nel momento in cui si sentiva che stavi facendo il salto di qualità.
Chiaro che se penso al Lione ho un sentimento che forse non mi è stata data sufficientemente fiducia, ma se ci penso bene, sono arrivato a 18 anni, in una squadra che aveva 7 titoli di fila, piena di star, io invece ero retrocesso col Metz: un piccolo giocatore normale. Bisognava dimostrare, velocemente, in un grande club che voleva vincere. Forse non mi è stato dato abbastanza tempo, non ho sentito tutta questa fiducia per esprimermi pienamente: il primo anno è stato altalenante, ci sono stati periodi di dubbi, ma il secondo anno ho fatto una grande stagione, con la semifinale di Champions League, secondo post o in campionato.
Govou - Sei stato in orbita nazionale francese. Perché non l'hai scelta?
È vero che quando sono arrivato a Lione, durante la preparazione, ho fatto una partita positiva. La Francia mi ha chiamato però la mia scelta era già presa, la Bosnia. Un vero sogno per me, un'occasione, una scelta che non volevo riconsiderare perché fatta col cuore. Giocare per la nazionale significa giocare per il paese da cui provieni.
Govou - Una scelta forte però: tu sei nato li, ma non cresciuto lì. Scelta affettiva o famigliare?
No, semplicemente questo. Qualcuno dirà che sono pazzo, avrei potuto giocare grandi partite con la Francia, ma avevo 18 anni, davanti a me c'erano delle superstar, io ancora non mi consideravo qualcuno. Non temevo nessuno, ma sapevo che nel calcio bisogna dimostrare, ed io volevo semplicemente giocare per il mio paese. Per la mia famiglia in Bosnia, per i miei genitori, che credo siano fieri di me, volevo aiutare quel paese dove si è sofferto molto e so anche che all'epoca, da quando ho fatto la mia prima partita, la federazione non aveva mai giocato competizioni importanti. Per me era una grande sfida, una grande voglia di riuscirvi. Sono stato tra i primi a farlo.
Govou - La coppa del mondo?
Un sogno che avevo da bambini, di tutti. Adesso potrò vedere negli album Panini la mia faccia. Mi viene da ridire perché io ero come un pazzo da piccolo, cercavo sempre le figurine, le incollavo ovunque. Oggi la Bosnia è nell'album, ed è importante per noi, per il nostro paese. Grande esperienza, spero faremo bella figura.
Govou - Siete un'ottima squadra, forse non sarete la sorpresa, ma giocate bene.
Possiamo esserlo. Non abbiamo esperienza che può avere la Francia. Vogliamo passare il girone, non sarà facile. Un gruppo piuttosto difficile comunque, chiaro che essendo la Coppa del Mondo ci saranno solo grandi partite. Sappiamo che sarà difficile, ma tutto sommato, con la qualità che abbiamo, saremmo delusi se non dovessimo arrivare agli ottavi.
Govou - Roma, ne parliamo da ieri. Sento che ami questa città e questo club...
È successo che davvero io mi sono legato molto a questa città, a questo club, a questa tifoseria come si dice qui in italiano. I tifosi qui non hanno nulla a che vedere con la Francia, è un mondo a parte. Sono persone che vivono per il loro club, tutti i giorni parlano della loro squadra, c'è davvero il sapore del calcio per un calciatore. Straordinario. Straordinario. Io sento questo, amo questo, è davvero una passione incredibile. È importante per le persone incontrarti per strada, perché rappresenti la loro squadra. Porti la loro maglia e loro te lo fanno sentire davvero. È veramente qualcosa di straordinario. Quest'anno facciamo veramente una bella stagione, ma la Juve sta facendo ancora meglio, ma vincere qualcosa qui, come dicono qui Daniele e Francesco, è come vincere 10 titoli al Milan o alla Juventus. Qui con un titolo sei Dio. Ho davvero voglia di vincere qui, da quando sono qui sento davvero molto calore da parte dei tifosi che mi amano davvero molto e io amo loro. Quando ti senti bene hai davvero la voglia di dare loro molto.
Govou - Mi parlavi di Totti. Cosa c'è a Roma? Il Papa, il Colosseo e Totti dietro no? Ho sentito dire che forse c'è anche PJanic dopo..
No ma Totti merita tutto quello che ha, giocatore straordinario come dicono qui, è un giocatore che avrebbe potuto giocare al Real o comunque nei più grandi club del mondo dove sarebbe potuto andare. Ha una qualità immensa che dimostra ancora oggi, a 37 anni, è straordinario. Merita davvero tutto quello che gli succede in questa città, è un figlio di Roma, è romano come De Rossi, sono veramente legati al loro club, alla loro città, sono dei giocatori che tu difficilmente strapperai a questo club. Totti ha anche vinto uno scudetto qui, anche una Coppa del Mondo...è un campione! Il secondo miglior capocannoniere di tutti i tempi della storia del calcio italiano. Direi che solo questo basta per dire tutto. È una leggenda con la quale ho veramente la fortuna di poter giocare ed essere accanto tutti i giorni. Qualcuno di molto semplice, umile.
Govou - Potrai dire che hai giocato con Totti!
Si, come ho potuto dire che ho giocato con te (ride, ndr)...come ti ho detto, del mio passaggio al Lione porterò sempre un bel ricordo di te, di alcuni giocatori che mi hanno accolto bene malgrado fossi molto giovane e venissi da lontano. Entrare in un gruppo così importante e sentirsi a proprio agio significa che tu, e gli altri senatori, mi avete messo a mio agio. Mi ha aiutato molto. Allo stesso modo sono stato accolto qui dal Capitano e da Daniele, quindi sono cose che non si dimenticano.
Govou - Ritorniamo a Parigi. Ho dimenticato di parlare di Parigi...
Paris...è una bella squadra. Davvero straordinario quello che sta succedendo a Parigi, ottimo per il calcio francese ovviamente. Il Psg è stato il primo club contro il quale ho giocato col Metz, il mio esordio da professionista.
Govou - Quindi c'è una storia con Parigi. Potrebbe essercene anche in futuro?
Non so cosa succederà in futuro. Il Psg è qualcosa di molto interessante oggi, è un club che si appresta a vincere la Champions League, quindi è il club che nei prossimi anni sarà tra i migliori in Europa. Hanno grandi ambizioni, il club che potrebbe vincere la Champions secondo me. Per un calciatore è qualcosa di importante vincere titoli e soprattutto la Champions.
Govou - Non ti nascondo che Parigi va bene, ma ti vedrei bene a Barcellona per stile di gioco molto elevato...
Bhè, è vero che ci sono ottimi giocatori ed è facile intendersi sul campo. Un modo di giocare, come quello con il mio attuale allenatore Garcia, in cui mi trovo molto a mio agio. Penso di aver capito con il tempo che davvero una allenatore in una squadra è molto importante. Alcuni allenatori hanno caratteristiche che non mi si addicono, quindi al giorno d'oggi ho la fortuna di avere un allenatore che mi dà molta fiducia e importanza nella squadra.
Govou - C'è una cosa che mi ha scioccato quando ti ho conosciuto. La tua maturità, hai solo 24 anni, sei arrivato a 18 al Lione, ma da dove ti arriva questa maturità? Parli e hai una lucidità che altri non hanno...
Potrebbe arrivare da diverse cose, ma forse dal fatto che fin da giovane ho saltato le categorie. A 15 anni giocavo con quelli di 17, poi 18. Poi direttamente con i professionisti. Sono sempre stato con i più anziani, ho visto come si comportavano ed ecco...ma nella testa sono ancora giovane! Mi piace cazzeggiare con i compagni, scherzare, semplicemente passare bei momenti.
Govou - Grazie di tutto, auguri per la tua stagione con la Roma e per il Mondiale e perché no, a Barcellona.
Non sarebbe una brutta destinazione, con il clima, la vita e tutto il resto. Ma il più importante è il club.
Govou - Ma il club è qui, oggi..
Si si...