Roma-Arsenal: biglietti omaggio e malcostume

27/03/2009 alle 18:02.

CORSPORT - Ricorderete quell'incursione delle «Jene» nel parcheggio del Foro Italico alla vigi­lia di Roma-Arsenal e quel bel bottino d'au­to blu che i loro obiettivi hanno fatto per te­stimoniare la singolare corsa ai biglietti omaggio da parte degli autisti a nome dei loro capi. E ricorderete anche lo scalpore che quelle foto hanno fatto il giorno succes­sivo sui giornali, con grande meraviglia di come le auto d'un servizio rigorosamente pubblico, pagate con il denaro dei contri­buenti, fossero usate per scopi smaccata­mente privati. Si tratta di quei colpetti gior­nalistici che segnalano sempre il malcostu­me che purtroppo regna nella nostra vita quotidiana. Ma sono storie che agli occhi dei più non sembrano altro che peccati ve­niali. Tanto è vero che uno degli alti funzio­nari beneficiario dell'auto blu e dei bigliet­ti omaggio che il suo autista andava a riti­rare, quasi con un'alzata di spalle ha detto che esistono fatti ben più gravi dei quali sa­rebbe più giusto occuparsi. Non è vero.

parte la pessima abitudine di questua­re sempre biglietti di favore, quasi fos­se un diritto di chi occupa posizioni di alto livello, in questa bottega si discute molto soprattutto della grave risposta o giustifica­zione data da chi non vede granché di ma­le nella sconveniente operazione. Partendo da questo presupposto è infatti più che lo­gico immaginare che anche altrove tutto avvenga secondo lo stesso spirito e siccome questo purtroppo è vero, ecco come si spie-

AVga il malcostume imperante in Italia, non solo intorno allo sport. Soprattutto nella politica, nel mondo degli affari, nella ge­stione dei pubblici servizi. Invece parte dal basso la regola dell'onestà. Parte dal­le piccole cose, dai minimi comportamen­ti delle persone, dal rispetto quotidiano di tutti verso tutti e dal rigore assoluto al quale devono ispirarsi i comportamenti delle persone.

olete un esempio molto illuminante? E' una storia capitata proprio al sottoscrit­to in occasione delle Olimpiadi di Monaco. Quelle Olimpiadi che si annunciavano, do­po à del Messico, come un evento ispi­rato da un'alta e nuovissima tecnologia. E che invece finirono con la tragedia degli atleti israeliani. Mancava un anno all'inau­gurazione dei Giochi. Mancava un anno e così decidemmo di realizzare un grosso re­portage sulla situazione degli impianti e dell'organizzazione tedesca. Il capo dell'uf­ficio stampa dei Giochi era un giornalista molto importante e molto disponibile il quale non esitò non solo a fissarci l'appun­tamento richiesto ma si offrì di venirci ad incontrare all'aeroporto. Bellissimo. Il mas­simo della cortesia e dell'organizzazione.


Senonché nel tardo pomeriggio del nostro arrivo, all'aeroporto di Monaco il signore di cui sopra non c'era. Al suo posto si presen­tò con tanto di bandierina olimpica in ma­no, una giovane ragazza che si annunciò come rappresentante dell'ufficio stampa e già consapevole di quello che era il proget­to di lavoro del sottoscritto. Salimmo in au­to e andammo verso gli uffici olimpici da dove l'indomani sarebbero partiti in nostri blitz esplorativi. Ma ci parve naturale, du­rante il breve viaggio, chiedere alla funzio­naria dei Giochi la ragione per la quale il suo capo aveva disertato l'appuntamento.

«Non è più il mio capo», disse la signori­na con un'ombra di imbarazzo sul viso. E poi vista la nostra sorpresa, si sentì in do­vere di spiegare perché quel tale non era più il suo capo. «E' successo che venti gior­ni fa - raccontò - lo hanno inviato a à del Messico per studiare le soluzioni organizza­tive dei messicani in rapporto al lavoro dei giornalisti ai Giochi » . à del Messico aveva, per l'appunto, organizzato l'edizio­ne precedente delle Olimpiadi.


«Ed è successo - proseguì la giovane fun­zionaria - che il mio ex capo aveva viaggia­to in prima classe anziché in classe turisti­ca, com'era previsto. Insomma aveva spe­so qualcosa più di quanto era stato auto­rizzato a spendere. Una mancanza molto grave. E così lo hanno licenziato sui due piedi». Eccesso di zelo? Eccesso di rigore? No, a giudicare dall'applauso col quale questa storia è stata accolta nella nostra bottega. E della consapevolezza di tutti che bisogna proprio cominciare dalle piccole cose, cancellando le cattive abitudini, per creare una coscienza che ci aiuti ad estir­pare le infrazioni più grandi.