La parola fine sotto il profilo giudiziario la porrà domani la Cassazione, ma di Calciopoli, ovvero del più grande scandalo che abbia mai travolto il calcio italiano mettendo alla sbarra arbitri e dirigenti, è naturale pensare che si continuerà a parlare ancora per molto tempo.
Occhi puntati domani sulla terza sezione penale della Cassazione presieduta da Aldo Fiale, dove sono in programma la relazione del procuratore generale Mazzotta e le arringhe dei difensori. A seguire la Camera di Consiglio per la sentenza di terzo grado che - sempre che i tempi non si dilatino rinviando tutto a una nuova udienza - arriverà quasi nove anni dopo l'esplosione dello scandalo che riscrisse la classifica del campionato di serie A 2005-06 cancellando due scudetti conquistati dalla Juventus (2004-05 e 2005-06), sancendo la retrocessione in serie B della squadra bianconera, e disponendo pesanti penalizzazioni anche per Milan, Fiorentina e Lazio.
Un protagonista su tutti: l'ex direttore generale della Juventus Luciano Moggi, condannato in appello a due anni e 4 mesi per associazione per delinquere (5 anni e 4 mesi in primo grado) mentre le frodi sportive a lui contestate sono state dichiarate estinte per avvenuta prescrizione. Prescrizione che ha riguardato in appello altri protagonisti di Calciopoli, come i patron di Lazio e Fiorentina, Claudio Lotito e i fratelli Diego e Andrea Della Valle.
Calciopoli scoppiò nell'estate del 2006 con l'inchiesta della Procura di Napoli che disegnò una cupola di dirigenti e arbitri, al cui vertice venne indicato lo stesso Moggi, in grado di alterare le sorti del campionato in favore della Juve, ma anche di altre squadre amiche. Il cosiddetto «sistema Moggi». Un ruolo centrale, nell'ambito dell'impianto accusatorio, lo ebbero sin dal primo momento le schede estere di cui Moggi si sarebbe servito per non essere intercettato, e trovate in possesso dei designatori arbitrali dell'epoca: Pierluigi Pairetto (condannato in appello a 2 anni) e Paolo Bergamo (per lui processo da rifare per un vizio di forma).
Ventisei le persone che furono rinviate a giudizio tra dirigenti e arbitri: per molti di loro, dopo la condanna di primo grado, è intervenuta la prescrizione del reato. Ma il vero protagonista del processo è sempre stato Luciano Moggi, quello che l'accusa ha subito individuato come il padrone del calcio italiano in grado di condizionarne le sorti a piacimento. Da allora sono passati nove anni, sei dall'inizio del processo di primo grado, cominciato a gennaio 2009 e terminato nel novembre del 2011, e due da quello d'appello (il via nel maggio del 2013, la fine a marzo dell'anno scorso con condanne per sei). Tra gli altri imputati che attendono il verdetto della Cassazione figurano anche gli ex arbitri De Santis e Bertini, e l'ex vicepresidente della Figc Innocenzo Mazzini. «Una vicenda giuridicamente complessa», l'ha definita il presidente della terza sezione penale della Cassazione, Aldo Fiale, nel rinviare a domani l'udienza del 22 gennaio in cui ci fu spazio solo per la relazione introduttiva. «Ho fiducia nella legge», ha ribadito ultimamente Moggi annunciando che dopo il verdetto avrà molto da dire. Ecco perchè Calciopoli potrebbe non finire mai.
(ansa)