IL ROMANISTA (ODDI) - "Ho sempre detto che mi farebbe piacere tornare alla Roma, ma mio padre lavora in società. Certo, non passerei come raccomandato, perchè sul campo ho dimostrato il mio valore, ma è una cosa che comunque mi dà fastidio. La penso così e nessuno mi farà cambiare idea". Era il campionato 2004-05 quando Daniele Conti si precluse in questo modo la possibilità di tornare a casa, e ci voleva del coraggio: era il suo primo campionato da titolare in serie A, aveva il contratto in scadenza a giugno, e un presidente
come Cellino, con cui ci vuole poco a passare da inamovibile a indesiderato. Tre anni dopo, in Sardegna, cè il Cagliari Club Daniele Conti, Cellino lo ha fatto diventare il più pagato della squadra - 350.000 euro a stagione, più o meno gli stessi di Okaka - e Spalletti ha adottato un modulo con tre centrali di centrocampo che gliavrebbe consentito di fare il titolare, senza incappare in paragoni scomodi con De Rossi e Pizarro.
Ora che il Brighi tuttofare di Chievo ha
avuto la consacrazione che meritava, il centrocampista
più sottovalutato del calcio italiano rimane
lui, una carriera da protagonista nel settore
giovanile, nel tentativo disperato di non essere
solamente il figlio di Bruno.
Carlos Bianchi, nel tentativo ancor più disperato
di lasciare un qualcosa di positivo,
quando Candela era ancora un oscuro terzino
del Guingamp, posò locchio sulla Primavera:
esordirono in tre, due diciannovenni, Andrea
Conti e Fabrizio Romondini, ma il primo a riuscirci
fu il più giovane, il secondogenito di Bruno,
non ancora maggiorenne, lanciato nella
mischia in un noioso 0-0 di novembre (24,
1996), al posto di un altro ragazzo cresciuto a
Trigoria, Antonino Bernardini. Uno finì allAlbacete,
nella serie B spagnola, in cambio di una
scommessa data per persa troppo presto, Ivan
Helguera, laltro al Carpi, il più giovane rimase
a Roma, andandosene solo per la serie A, per
quella Sardegna in cui ha ormai messo radici.
Capitò nellestate del 99, trasferimento temporaneo,
divenuto definitivo un anno dopo, quando
Jonathan Zebina fece il percorso inverso, nel
frattempo fece in tempo a portare la Primavera
di Aldo Maldera alla finale scudetto, poi persa
con lAtalanta di Vavassori, Colombo, Bellini e
Cristiano Zenoni. Persa senza colpe: il giorno
della finale era squalificato, per somma di cartellini.
A centrocampo con lui cera De Vezze,
lanno successivo Zeman dette spazio a tutti e
due, ma il Daniele di Nettuno lo sfruttò meglio:
il 5 dicembre del 1998, contro il Perugia, partì
titolare, con Di Biagio in panchina, e trovò il gol
del 2-1, di testa, su calcio dangolo. Finì 5-1, ma
fu espulso per doppia ammonizione nel corso
della ripresa, secondo rosso stagionale dopo
quello rimediato a San Siro contro il Milan. Errori
di gioventù, pagati con quattro stagioni in
B, ricordi ormai lontanissimi per un centrocampista
che nellultimo anno e mezzo ha già
segnato 7 gol