RADIO ROMANISTA - Giampaolo Montali, ex dirigente della Roma di Rosella Sensi, è intervenuto ai microfoni dell'emittente radiofonica. Ecco alcune delle sue risposte su Ranieri, con il quale ha lavorato sia nella Capitale sia a Torino, Mourinho e altro:
Come si costruì la rimonta che fece la Roma?
“Io e Claudio avevamo lavorato alla Juve, quindi lui mi chiamò e mi disse: “Devi venire, perché qui è una situazione difficile”. Io mi calai nella parte, venivo da quattro anni di Juventus, e cercai di far capire anche ai miei giocatori che erano una squadra forte, isolandoli dal mondo esterno. Io nella mia carriera ho vinto sempre, ma non ho mai fatto differenza tra vincere o meno. I giocatori e i membri di un club sono chiamati a fare ciò che è meglio per la società sotto aspetti diversi, quindi i giocatori dovevano allenarsi e noi recuperare il legame con la piazza. Rimasi basito appena arrivato perché c’erano due spogliatoi, uno per i più importanti e uno con i più giovani. Mi sembrò una cosa fuori dal mondo, la squadra è una sola: facemmo uno spogliatoio unico. Volavano con i voli di linea, con i tifosi, ed era un continuo aumento di stress. Mi sembrava inammissibile per una squadra che voleva vincere e così iniziammo a volare con voli privati per recuperare la tranquillità che serve agli atleti, per essere nelle migliori condizioni per mostrare il loro talento. E poco alla volta grazie a Claudio ci riuscimmo. Ricordo che una volta parlando con lui mi accorsi che la squadra aveva recuperato fiducia, e feci questa tabella in cui scrissi che mancavano nove partite, sei fuori e tre in casa, ma c’erano la Juve e l’Inter. Scrissi quante vittorie dovevamo fare e un giornalista de La Gazzetta dello Sport la trovò e la pubblicò. Il mondo dello sport è molto superstizioso, ma io non pensai che potesse portare fortuna, e decidemmo che in ogni partita vinta avremmo fatto un regalo alla squadra, non di tipo economico, ma cose banali come un telefonino o una tv, regali uguali dal capitano ai magazzinieri. Infilammo tutti quei risultati e a quel punto eravamo quasi in testa al campionato. Noi siamo stati per quaranta minuti campioni d’Italia, mentre al mio arrivo buttavano i pomodori, alla fine del campionato la gente ci fermava, non ti facevano pagare ai ristoranti”.
Veniamo a Francesco Totti, che lei ha paragonato a Michael Jordan. È stato sbagliato qualcosa per la fine della sua carriera? Nel 2019 disse che lo avrebbe visto come un vicepresidente esecutivo, sono passati cinque anni: uno come Totti oggi che ruolo potrebbe ricoprire?
“Francesco rientra nella piccola categoria dei campioni. Io ne ho visti tanti di giocatori, ma come Francesco ne ho trovati pochissimi. Jordan fa la sua miglior stagione verso i 40 anni, ma non dimentichiamoci che Totti ci fece qualificare in Champions segnando tutti gol negli ultimi minuti al penultimo anno di carriera. Io mi sono occupato del passaggio di proprietà dall'Unicredit agli americani, e ricordo che mi chiesero come poteva essere la Roma del futuro. Io dissi che avrei visto Totti dirigente con un ruolo operativo. Non gli si può chiedere di specializzarsi nell’oratoria, o in cose non sue. Ma certe sue doti potevano essere molto utili. Io non ne avevo mai parlato con lui, però lo vedevo adatto a fare quel ruolo, poi con l’arrivo degli americani si portarono due dirigenti e non ci trovammo sulle stesse idee, e con molta umiltà feci un passo indietro. Ma l’ho sempre visto bene da dirigente”.
Nel secondo anno diventa direttore generale dell’area sportiva, ma era arrivato come ottimizzatore delle risorse umane dell’area sportiva. Perché questo tipo di carica abbastanza singolare?
“Abbiamo cercato una formula che mi facesse entrare in punta di piedi in società senza urtare la sensibilità di chi già lavorava, ma il mio ruolo era abbastanza chiaro, sotto la presidentessa. Era come fanno nelle università o nelle grandi aziende".
Si è spiegato mai perché non si riesce a fare lo stadio della Roma?
“Bisogna dividere il discorso in due macro temi: il primo è che una società ambiziosa come la Roma deve avere uno stadio di proprietà e poter fare una programmazione di cinque otto anni, a medio lungo termine. Alla Juventus non fu facile, ad un certo punto sembrava potessimo non farlo più e minacciai le dimissioni, perché cambiava proprio lo stile della società. E poi uno stadio come quello della Juve, con il primo tifoso a cinque metri dal campo, ricordo che dissi che avrebbe garantito un minimo di 15-18 punti in più a campionato. E quando hai un matto che dice così tutti si sono convinti a farlo, ma io ci credevo veramente, e infatti i campionati vinti negli anni dopo arrivavano sempre dai punti guadagnati nei secondi tempi delle partite in casa. Una società come la Roma deve avere uno stadio di proprietà. E poi Roma è una città complicata, in cui si sono fatte però tante cose perché le persone fanno la differenza, e perciò anche con questo discorso bisogna essere rigorosi e responsabili. E credo che in questo modo anche a Roma le cose si possano fare”.
Lei tempo fa ha detto di rivedersi in José Mourinho: come giudica il suo percorso alla Roma?
“Intanto a me era molto simpatico, entrambi avevamo sempre giocato per vincere quindi vedevo in lui la stessa mentalità. Lui ha detto a mio avviso una delle cose più importanti sul calcio: “Chi sa solo di calcio non sa niente di calcio”, vi lascio immaginare la mia simpatia per lui, visto che poi io venivo accusato di non venire dal mondo del calcio. Per una dirigente non ci sia soddisfazione maggiore di lavorare a Roma, la Roma ha il tifoso più fidelizzato del mondo. Negli ultimi anni con Mourinho si riempiva uno stadio solo per attaccamento, credo non ci sia miglior posto per fare sport che alla Roma. Ho vinto uno scudetto con la Roma pallavolo, e tutti mi sconsigliavano di andarci. A Roma si può vincere: basta fare le cose giuste. Se tu non gli racconti bugie, il tifoso romanista sarà sempre con te”.
Claudio Ranieri, lei lo conosce bene. Ora è allenatore, ma anche dirigente della Roma. Lei ha fatto un percorso simile: che dirigente sarà per lei?
“Conosco bene Claudio, l’ho avuto anche alla Juventus. Ho letto bene il comunicato della proprietà: parlano di ruolo di consulente senior per lui. In questo ruolo secondo me ci sta dentro anche una scelta oculata della proprietà nel mettersi al proprio fianco una persona come lui, anche per le questioni extra campo come le relazioni. Credo che come sta facendo benissimo anche adesso recuperando i giusti valori di questa squadra, sarà una risorsa per la proprietà anche per le scelte future”.