IL TEMPO (E. LUPINO - A. OSSINO) - Un’altra notte europea, un’altra scia di sangue, un’altra tacca sull’ascia di guerra per le frange estreme del tifo. Quella dei più oltranzisti tifosi giallorossi con le curve del Vecchio Continente è una storia lunga e, a tratti, parecchio ostile. I fendenti sferrati sulle rive del Mersey dagli ultras romanisti a danno di Sean Cox, 53enne tifoso dei Reds, non sono infatti il primo sanguinoso exploit a opera dei più aggressivi sostenitori della Lupa. Una violenza, quella degli aggressori, figlia di un codice, una disciplina diffusa nella curva a osservare i riscontri investigativi fatti su altri episodi simili. «Far parte di un gruppo significa sacrificio… Significa credere in quello che si fa». Questo l’adagio, soltanto uno dei tanti, trovato nel «manifesto programmatico» del tifo violento di sponda giallorossa: un decalogo scovato nei cellulari dei presunti responsabili del pestaggio del 3 aprile 2017 avvenuto ai danni di alcuni tifosi svedesi colpevoli soltanto di aver indossato una maglia biancoceleste a poche ore dal derby. Dal lavoro del pm Eugenio Albamonte, che sta lavorando alla richiesta di rinvio a giudizio degli indagati, emergono altre direttive impartite dall’interno. «Se si sta qui sopra ci si sta in una certa maniera. In una certa maniera significa – si legge dalle intercettazioni - dare la propria disponibilità, rinunciare se serve a una serata in discoteca o qualsiasi altra cosa». E ancora: «avanti così fianco a fianco, partita dopo partita per crescere ancora. Oggi eravamo 300 domani saremo 500. Orgogliosi di noi e di quello che abbiamo costruito. Non si molla un centimetro». Parole, messaggi e concetti che hanno avuto ben più di un riscontro in termini di episodi violenti. LIVERPOOL Febbraio 2001: c’è Roma – Liverpool. Una magica notte di Champions si chiude con una decina di feriti inglesi, accoltellati prima della partita. Il mattinale recita: due arrestati e dieci feriti totali. Le ore più calde sono quelle che precedono l’incontro, quando i tifosi inglesi sono a zonzo per la Capitale. Le aggressioni avvengono sia nei pressi dello stadio che molto fuori, nei pressi della Fontana di Trevi. Le forze dell’ordine intervengono massicciamente e si scontrano con parte della curva Sud. A fine partite la calma torna, ma arriva a tempesta avvenuta.
MIDDLESBROUGH Marzo 2006: arriva il Boro a far visita ai giallorossi e le ore prima del match sono infuocate: tre accoltellati e 13 contusi. Alla vigilia degli ottavi di coppa Uefa la violenza torna a serpeggiare nel centro e deflagra a Campo de’ Fiori, dove avvengono gli scontri. Intervengono Polizia e Carabinieri, ma molti riescono a fuggire.
MANCHESTER UNITED Passa poco più di un anno e un’altra inglese arriva a calcare l’Olimpico: è lo United di Alex Ferguson. Questa volta sono 18 i feriti e sette gli accoltellati. Gli scontri avvengono sul ponte Duca d’Aosta, nelle ore precedenti all’incontro di Champions, e durante la partita nel settore ospiti, dove vengono fermati tre inglesi nell’intervallo del match. Secondo alcune testimonianze quel giorno di aprile circa 300 hooligans arrivano a contatto con i supporter giallorossi. Ed è guerriglia urbana intorno all’Olimpico.
CSKA MOSCA È il settembre 2014 e la squadra moscovita fa visita alla Roma nell’incontro valevole per il girone della Champions. La partita finisce a goleada per i giallorossi: 5-1 il risultato per i padroni di casa. Ma intorno allo stadio, ancora una volta, è scontro aperto con i russi. A fine partita il bilancio è pesante: tre arresti, due russi e un italiano, e quattro misure di allontanamento dai campi (Daspo).
CHELSEA L’ultimo scontro in ordine di tempo risale all’ottobre 2017. A Roma arriva il Chelsea, un’altra inglese. E come raccontano le cronache: quando c’è una tifoseria oltremanica nella Capitale gli ultras vedono rosso. Un gruppo di violenti assalta i tifosi dei Blues in un pub vicino al Colosseo a suon di bastonate prima di svanire nel nulla. E ancora una volta si rinnova la guerra del calcio.