LEGGO (F. MACCHERONI) - Più parole che pugni, per fortuna, nel «caso De Rossi ». Ma non sempre le parole sono più sensate. Le televisioni fanno il loro dovere: informano. Prandelli è andato un po’ oltre, aprendo il fuoco, addirittura un fuoco che dovrebbe essere «amico». La «squalifica » di Prandelli non poteva lasciare indifferente il giudice sportivo, ma è da dimostrare che senza l’intervento del ct non sarebbero arrivate tre giornate di squalifica per un capitano che scuote un avversario come un ulivo e poi gli sferra un colpo. Simpatia e debolezze personali a parte, da tre giorni si parla di un giocatore di trent’anni, due volte padre, che sta disputando una stagione fantastica con la sua squadra (del cuore) e si appresta a essere uno dei punti di forza della nazionale ai Mondiali. Che cosa vogliamo dire? Che doveva risparmiarsi quella reazione, però le televisioni non dovevano mostrare le immagini, Prandelli non doveva intervenire e il giudice essere di manica larga? Siamo seri: la colpa è soltanto di De Rossi. Che non cambieremmo con nessun altro, ma è una debolezza nostra