De Rossi, rimasto a Roma per il progetto Garcia

06/09/2013 alle 18:02.

Dopo la stagione tribolata con Zeman è stato sul punto di salutare la Roma. A far cambiare idea a Daniele De Rossi, impegnato con la maglia dell'Italia nella doppia sfida a Bulgaria e Repubblica Ceca, è stato soprattutto il progetto affidato a Ru

«Sicuramente giocare da attaccante può aiutarti quando ti trovi in zona-gol, ma anche a livello tecnico-tattico, perchè un attaccante non ha mai tantissimo tempo per giocare il pallone, ha sempre un difensore alle spalle - sottolinea -. Mi ha aiutato a velocizzare il gioco, ma soprattutto mi è servito tatticamente, perchè posseggo i movimenti degli attaccanti, quindi magari li capisco prima quando difendo». I primi calci al pallone, non li ha dati a Trigoria, ma nell'Ostia mare. «Quell'esperienza è stata importante - ricorda -. Si tratta di un club dilettantistico un pò atipico, perchè non è la classica squadra del paesino o della borgata - spiega - Ostia è una à di 400 mila abitanti, quindi è già una via di mezzo tra una squadretta e una società prof., come possono essere Roma o Lazio».

«È una squadra importante, dove esiste anche una certa selezione - confessa -. Per me furono importanti quegli anni, mi divertìi tantissimo e ricordo che venni preso dalla Roma quando avevo 9 anni, nel 1992; tuttavia rifiutai quella chiamata, perchè volevo restare con gli amici. Alla Roma andai quando avevo 11-12 anni. Ricordo quell'esperienza di Ostia, che è la à in cui vivo, con un affetto particolare». Il contatto con i colori giallorossi era scritto nel destino. «Il mio passaggio alla prima squadra della Roma è stato graduale. Ricordo con grande emozione il primo giorno a Trigoria, ero un ragazzino - conclude -. Ricordo il distacco con l'Ostia mare, i campi in erba, l'abbigliamento, gli scarpini nuovi. Tutte cose che mi facevano quasi pensare di essere entrato in una dimensione di ben'altra caratura, anche se poi il pallone era sempre lo stesso».

Ad aiutare , nella crescita in campo e fuori, la vicinanza del padre Alberto, che allena la Primavera giallorossa: «Sicuramente anche il fatto di avere un padre che il calcio giovanile lo conosce, mi ha aiutato, perchè non mi ha messo addosso pressione, stress per il risultato o il fatto di dover venire fuori per forza che hanno tanti ragazzini al giorno d'oggi».

(ansa)