Un 'pronto soccorsò in campo. Il giorno dopo la tragedia di Piermario Morosini i medici sportivi italiani e annunciano una svolta nell'emergenza sui campi di calcio. «Abbiamo elaborato e brevettato da un anno un pronto soccorso sportivo per la gestione dell'emergenza e siamo pronti a metterlo in pratica» annuncia all'ANSA il presidente della Federazione medico sportiva Maurizio
E ancora oggi, di fronte all'annuncio di Casasco, Francesco Fedele, direttore del Dipartimento di Malattie cardiovascolari e respiratorie all'università La Sapienza di Roma , replica: «È un'idea persino banale, piuttosto è indispensabile il defibrillatore». Ma il presidente dei medici sportivi è determinato. «La formazione è già stata completata - spiega - Quella del pronto soccorso sportivo è una specializzazione ulteriore che serve per la gestione dell'emergenza. È un'attività a 360 gradi che comprende la parte cardiologica, ma non solo quella. Sono coinvolti tutti gli apparati di intervento durante la gestione di una gara sportiva. E nel calcio riguarda anche l'organizzazione dell'impianto: non è importante solo un mezzo dei vigili del fuoco di intralcio all'ambulanza, devo sapere se quanti e dove piazzare i defibrillatori, in campo e negli spogliatoi».
Casasco spiega che la sperimentazione del nuovo 'pronto soccorsò è in via di ultimazione e che la Lega Pro si è già detta disponibile a recepirlo. Si sta discutendo molto sull'uso dei defibrillatori.
«È uno strumento importante ma è a valle - spiega Casasco -. La cosa più importante è lo screening poi la formazione nella rianimazione. Se c'è un problema cerebrale il defibrillatore non serve a niente. Senza parlare dei casi di traumi, come fu ad esempio anni fa l'incidente di Antognoni». Il ministro dello Sport Piero Gnudi lamenta che i controlli nello sport non siamo «sufficientemente approfonditi e frequenti», mentre alcuni cardiologi sostengono che per gli atleti professionisti «i test speciali dovrebbero diventare routine». «Siamo a disposizione del ministro Gnudi per ogni chiarimento, insieme con il Coni. Se servirà, metteremo a disposizione la nostra esperienza a livello istituzionale» sottolinea Casasco. Il quale, invece, replica un pò seccato ai cardiologi. «Non sono loro a rilasciare l'idoneità sportiva. Ognuno ha la sua competenza, per questo genere di cose il riferimento corretto è solo la medicina sportiva». «Quello di Morosini è il primo caso dopo quello di Curi - aggiunge Casasco - Sono passati tanti anni e non è accaduto niente, la percentuale delle morti improvvise da noi è bassissima, all'estero l'incidenza è enormemente superiore. Anche nella medicina del lavoro, anche quella preventiva, capitano casi come quelli di Bovolenta o Morosini».
Pur nella drammaticità del momento il capo dei medici sportivi invita a evitare gli allarmismi. «L'Italia è all'avanguardia e il nostro sistema è di eccellenza assoluta nella prevenzione. Il nostro sistema grazie a una legge di stato, unica al mondo, e al Coni, è diventato un riferimento internazionale. Vogliamo tranquillizzare tutti gli sportivi - conclude Casasco, ricordando che quando in Inghilterra è Muamba ha rischiato di morire in Inghilterra si è invocato il modello italiano - Il sistema nazionale è garanzia di tutela della salute»
(ansa)