
CORRIERE.IT (V. ANCIONE) - Trastevere di giorno ti dà la misura di una Roma che non cè più. A braccetto con Lando Fiorini per la sua Roma, per una lunga confessione che ripercorre settantanni di vita. Laffidamento e i campi, la mamma morta troppo presto..
Lando, il cabarettista, il «cantattore» col cuore grosso, mezzo giallo e mezzo rosso. Una passione chiamata teatro, un amore di famiglia e un pensiero per la Roma, che lui ama e non discute.
«Non capisco perché tutti la vedano così brutta. Noi tifosi romanisti siamo strani e poco razionali. Contro lArsenal i giocatori li abbiamo fatti diventare eroi, con un capitano - Totti lelettricista perché accende la luce - che ha giocato con una gamba sola! Eroi perché ci hanno messo «er core, er fritto», la vita. Ora non conta più. Vogliono cancellare Spalletti che io mi terrei tutta la vita. E i Sensi che hanno dato tutto per la Roma. Io a Rosella Sensi credo, ha una grinta...». E intanto attraversiamo Piazza Santa Maria in Trastevere dove, ricorda lartista, «mettevamo i serci o le giacche per terra per fare le porte e si giocava a pallone, io stavo in porta».
Roma gli appartiene in ogni angolo e lui appartiene alla città, per questo la canta, per scelta e per amore.
«Non mi sento ghettizzato, piuttosto specializzato. Da quando non cè più Gabriella Ferri, ste canzoni se non le canto io ma chi le canta?».
Canzoni come «Il barcarolo romano o «Roma nun fa la stupida stasera», cantata allOlimpico in occasione degli Ottantanni della Roma.
«Se ci penso mi vengono ancora i brividi».
Romano sempre, romanista anche, ha scritto un inno per la Roma
«Ma quello del mio amico Venditti è molto più bello»
E antilaziale due volte lanno.
«A me non dispiace che la Lazio abbia vinto la Coppa Italia, è sempre una squadra nostra. Le auguro di perdere due partite lanno e basta. Quando batte una del Nord sono contento».
Arrivati a Vicolo del Cinque, Lando Fiorini mostra la prova di quello che racconta.
«Ecco le accettate di mio padre, qui sul portone, non le hanno tolte. Quello era un ubriacone, se tornava a casa e trovava il portone chiuso lo prendeva a colpi dascia».
Un padre lontano, che a 13 anni lo ha spedito a lavorare ai Mercati Generali. Un padre che della passione del figlio per la canzone non gli importava nulla, lunica cosa che voleva erano i soldi.
«E io facevo i debiti per portarglieli. Però ai Mercati ho incontrato gente straordinaria. Faticavo e cantavo».
Ultimo di 8 figli a 8 anni fu affidato a una famiglia di Modena, doveva restarci 6 mesi poi furono 4 anni.
«Lavoravo nei campi e cantavo... E quanto ho magnato... Ora quando vedo il teatro pieno, la gente contenta e me che reggo la botta di 160 repliche lanno, penso che sia un miracolo e prego mia madre che mi vede da lassù, ma che non mi ha mai visto cantare».
E anche un miracolo che sia vivo. Ha rischiato di morire per un intervento sbagliato. Poi dopo un anno il ritorno alla vita oltre che al Puff, più gajardo di prima. Proseguiamo per Trastevere, luoghi della sua memoria che non assomigliano a quelli attuali. Il suo Puff, il teatro dove da 40 anni si esibisce, è proprio qui. Una vecchia officina di un fabbro che Fiorini ha trasformato nel suo sogno. Aveva 2 miliardi, ne ha spesi 6 e ha dovuto anche vendere la casa di Vicolo del Cinque. Lì canta la sua Roma, recita sonetti in romanesco e lì conserva tutta una vita tra foto di lui da giovane, di lui con Totti, di lui con Papa Wojtyla: lì mostra orgoglioso lessenza della passione.