IL MESSAGGERO (Magliocchetti) - Sacrilegio immaginare o addirittura vedere un giocatore che passi dalla Lazio alla Roma, o viceversa. Sia mai. Sarebbe una ferita al cuore. Potrebbe sembrare un sentimento esagerato, ma per i sostenitori laziali e giallorossi non lo è: anzi non ci potrebbe essere niente di più grave e offensivo. Sportivamente parlando, si intende. E invece, nella storia dei due club, questo rigoroso e quanto mai tradizionale tabù, è stato violato non una, bensì trentaquattro volte tra i giocatori. E sedici tra chi è stato calciatore in una squadra e magari è andato nellaltra a fare lallenatore, il dirigente o altro, come Sabatini e Maestrelli. Oppure come Zeman e Eriksson, allenatori che si sono seduti su tutte e due le panchine...
Il primo ad aprire la breccia, o la ferita, fate voi, fu Fulvio Bernardini, non uno qualunque, soprattutto per la società giallorossa. Non tutti sanno, però, che il mitico Fuffo, nacque nella Lazio ed esordì in campionato con la maglia biancoceleste. Cè da sottolineare che, a quei tempi, la Roma ancora non esisteva come società. Comunque, Bernardini qualche anno dopo passò allInter e nel 28 ritornò nella capitale, ma vestendo la maglia giallorossa. Oltre che giocatore, Fuffo divenne anche allenatore di Roma e Lazio, e con i biancocelesti conquistò la coppa Italia del 1958. Dopo di lui ci furono altri passaggi, come Attilio Ferraris IV, ma anche Luigi Allemandi che negli anni Trenta giocò nella Roma, passò al Venezia e poi arrivò alla Lazio. Subito dietro di loro Pastore, Dagianti, il portiere Blason e Galli. Anni in cui, tra il 35 e il 50, questi passaggi venivano sofferti sì, come quello di Ferraris IV, ma non più di tanto. Il vero botto clamoroso e, forse, linizio della grande e netta divisione tra le due tifoserie, avvenne nel 58 con Arne Selmosson, il forte attaccante svedese che passò dalla Lazio alla Roma per 135 milioni di lire, una cifra record per lepoca. Per lui, lunico che segnò nella stracittadina con entrambe le maglie, il derby si infiammò, tanto è vero che i laziali urlavano «venduto», mentre i romanisti rispondevano con «comprato». Probabilmente, per fare un paragone coi i tempi nostri, sarebbe come se uno tra Pandev o Vucinic passasse dallaltra parte. Apriti cielo.
Dopo lo svedese, comunque, per un decennio tutto filò tranquillo. Nel 68 DAmato, anche lui attaccante laziale, passò alla Roma. Non accadde nulla, come per Sulfaro e anche per Sergio Petrelli, anche se il terzino andò alla grande, visto che dopo un triennio romanista, approdò alla Lazio e vinse lo scudetto nel 74. A riaccendere le polemiche ci pensò Ciccio Cordova, glorioso capitano romanista che, per non andare a Verona e restare nella capitale, accettò il passaggio alla Lazio. Nelle stagioni successive ce ne sono stati altri, come Malgioglio, Domini e Orsi, ma a creare seri problemi fu il ritorno di Lionello Manfredonia, difensore cresciuto nel vivaio della Lazio, ceduto alla Juve, ma acquistato da Dino Viola nellestate dell87. Lex biancoceleste creò una spaccatura nel tifo giallorosso. Dopodiché ce ne furono ancora, Di Mauro (ex romanista che segnò al novantesimo al derby con la maglia laziale), Di Biagio, Mihajlovic, Muzzi, Colonnese, Peruzzi e lultimo Siviglia. Ma non lasciarono ferite particolari nella tifoseria abbandonata