IL ROMANISTA - "Il problema non è né quando né come si subisce un gol. Ma come si reagisce. La Roma non riesce a rimanere fredda nelle situazioni di svantaggio". Il professor Alberto Cei è un luminare nella psicologia dello sport. Autore di diverse pubblicazioni che spiegano come migliorare le prestazioni e la leadership, è stato per venti anni consulente del Coni nella valutazione degli atleti olimpici. E poi è romanista, il che non guasta. Professore, perché la Roma ha questi black out? «Non riesce a restare fredda quando le capita una situazione avversa. L'errore che commette è di non continuare a giocare come sa. Questo, inevitabilmente, produce dei disastri. A Bergamo, lo sbaglio maggiore non è stato sull'azione del gol. Ma successivamente, quando la squadra non ha reagito».
Professore, perché la Roma ha questi black out?
«Non riesce a restare fredda quando le capita una situazione avversa. L'errore che commette è di non continuare a giocare come sa. Questo, inevitabilmente, produce dei disastri. A Bergamo, lo sbaglio maggiore non è stato sull'azione del gol. Ma successivamente, quando la squadra non ha reagito».
È colpa di Spalletti?
«Non solo sua. Il tecnico deve essere un motivatore. In settimana deve preparare il gruppo anche psicologicamente».
E come?
«Intanto, deve riuscire a capire qual è la condizione motivazionale della squadra».
Prego?
«Deve individuare i giocatori più carichi, chiedendo loro di trasmettere queste loro energie a chi non sta al meglio. Magari, a chi è reduce da un infortunio e non scende in campo molto sicuro. Bisogna rendersi conto che in una partita è fisiologico trovarsi in difficoltà. Non parlo solo di un gol subìto, ma pure di un contrasto perso. Situazioni che capitano nello sport, ma a cui bisogna saper far fronte con grinta e determinazione».
Dunque, la risposta è: sì, la colpa dei passaggi a vuoto è di Spalletti.
«Mettiamola così, l'allenatore è il direttore di orchestra. Sapendo che la Roma tende ad entusiasmarsi, deve cercare di raffreddare gli animi responsabilizzando alcuni giocatori. Quelli - come le dicevo prima - che sa che potranno trainare il gruppo. Se però la squadra ignora le direttive, se c'è chi non si assume le proprie responsabilità trincerandosi dietro lo scarso impegno del capitano o del compagno più rappresentativo, allora Spalletti non ha colpe. Prenda Brighi. È uno di quelli che sopperisce con la carica agonistica alle carenze tecniche. Spalletti può pure impostare tatticamente benissimo la partita, ma se poi la squadra entra molle e senza cattiveria...».
La luce si può riaccendere?
«Assolutamente sì. Una squadra di alto livello può rimettersi in moto subito».
Cosa farebbe adesso, se fosse Spalletti?
«Mostrerei gli errori commessi a livello psicologico a Bergamo, spiegando come bisognava comportarsi nei momenti più difficili. Poi, andrei a ricreare quelle stesse situazioni in allenamento. Mi spiego. Otto volte su dieci, pur correndo non riuscirò a impedire che la palla esca. Le restanti due, però, mi daranno una carica emotiva straordinaria, che si trasmetterà anche ai miei compagni».




