Nakata: "Quel gol alla Juve mi cambiò la vita"

07/01/2009 alle 18:18.

GASPORT - Da star del calcio mondiale a semplice turista capace di visitare 41 pae­si nel 2008. Hidetoshi Nakata, trentuno pri­mavere tra una manciata di giorni, dal­l’estate 2006 è un ex calciatore che non ha perso l’amore per il pallone, ma che ha im­parato a vivere senza il calcio professioni­stico. A Dubai lo vorrebbero per imprezio­sire il loro campionato, ma lui è concentrato soprattutto sulle sue attività di benefi­cenza e... sui viaggi.



Nakata, com’è la vita sen­za calcio professionistico?

«Splendida. Ho girato mol­to e visitato tanti posti incan­tevoli. Succedeva anche quando ero calciatore, ma vedevo soprattutto aeroporti, hotel e stadi, mentre adesso giro per le strade, conosco gente e ascolto storie. Il calcio professioni­stico mi mancherà sempre, ma non avevo più stimoli e i soldi non erano un incentivo sufficiente. Prima giocavo solo per me stes­so, ora invece ho conosciuto tanti miei am­miratori, sparsi per il mondo, che mi hanno fatto capire quanto è importante il pallone per loro».



L’hanno convinta a riprendere?

«No, è solo un’idea che però un anno fa non mi sarebbe neppure passata per la te­sta ».

Potrebbe accettare l’offerta in arrivo da Dubai?

«Non lo so. Di certo se ricominciassi lo fa­rei per dare il 100%, altrimenti... ancora viaggi».

In quanti paesi è stato nel 2008?

«In 41 nazioni diverse tra le quali Italia, la mia seconda casa, Francia, Inghilterra, Spagna, Ghana, Tanzania, Uganda, Congo, Namibia, Mali, Sudafrica, Kenia, Kazaki­stan, Kirghizistan, Uzbekistan, Turkmeni­stan, Bhutan, Russia, Ucraina, Romania, In­dia, Brasile, Argentina, Cile, Uruguay... Forse facciamo prima a dire dove non sono stato. Giro più di un pilota d’aereo e ho dor­mito in poco meno di 150 hotel diversi. Amo più i paesi del terzo mondo rispetto alle grandi à per­ché nei paesi più poveri c’è sempre un’idea, un tentativo per mascherare quello che non hanno. Gli esseri umani sono forti e chi non possiede soldi si adatta accontentan­dosi di ciò che ha. Il calcio può fare molto per aiutare chi soffre».

Ha in mente qualcosa?

«Voglio organizzare una mia squadra con ex calciatori che disputino non una, ma molte più partite durante l’anno, in giro per il mondo. Il ricavato lo daremo in benefi­cenza. Potrebbe essere il primo passo».

Quelli successivi?

«Vorrei coinvolgere grandi star del cal­cio come, per esempio, Baggio e Zidane. Per un anno potrebbero essere i capitani di squadre nazionali fatte di ex calciatori. Gio­cheremmo ovunque raccogliendo soldi per chi ha bisogno. Sarebbe un bel progetto e gli sponsor non mancherebbero».

Il calcio lo segue ancora?

«Quando posso e mi sembra che sia cam­biato: rispetto a qualche anno fa la forza fi­sica e la corsa hanno preso il sopravvento sulla tecnica. Prima c’era meno ritmo e più spettacolo, ora invece gioca soprattutto chi corre. Per il calcio non è un bene. Il livello tecnico si è abbassato e gli aggettivi più ri­correnti per un giocatore adesso sono “for­te e veloce”, mentre prima veniva usato so­prattutto “spettacolare”».

Uno spettacolare è Del Piero che a 34 an­ni fa sempre la differenza.

«Alex è uno dei pochi grandi campioni ri­masti, uno che ha una continuità incredibi­le. Gioca tanto e sempre a grandi livelli. Quando lo ve­do in tv fa cose delle quali pochi sono capaci. E’ un esempio per i giovani».

E il suo ex compagno Tot­ti?

« E’ come Del Piero. Mai visto uno che influenza il rendimento della sua squa­dra come Francesco. Lui è capace di tra­sformare la Roma da una buona squadra a

un’ottima squadra».

Di Mourinho invece cosa pensa?

«L’ho conosciuto a giugno in Giappone a una mia partita benefica e mi sembra una persona seria, ma allo stesso tempo dotata di ironia, uno capace di interessare il suo in­terlocutore e di motivare i giocatori. E’ bra­vo a farsi capire. Mi sarebbe piaciuto aver­lo come allenatore: il suo calcio fatto di uno­due tocchi per me sarebbe stato il massi­mo ».

E’ felice per il tornato in serie A?

«Ora è dove gli compete. Con una à ca­rina come ho avuto un buonissimo rapporto anche se abbiamo lottato per non retrocedere e c’è stato da soffrire. Mi ricor­do con affetto dei tifosi e di Mazzone».



E della cosa ci dice?


«Ero certo che con i Della Valle sarebbe arrivata in Europa. Al loro progetto non ho potuto dare il mio contributo perché quan­do ho indossato la maglia viola avevo la pu­balgia e se non stai bene non riesci a dare il massimo. Alla ora manca l’ulti­mo passo che le consentirà di lottare per lo scudetto con Milan, Inter e . Non di­mentico però neppure Parma e Perugia do­ve mi hanno trattato bene».

La Roma l’ha lasciata per ultima?

«Lì ho vinto lo scudetto e sono ricordato con affetto. Me ne accorgo ogni volta che torno nella Capitale: i tifosi romanisti sono calorosi. Non ho giocato tanto, ma la rete alla nell’anno del trico­lore mi ha cambiato la vita».

Il suo ex allenatore Capello l’ha più visto?

«Qualche mese fa sono andato a trovarlo a Londra nel ritiro della nazionale inglese. Ha fatto bene ovunque e non fallirà neppu­re stavolta. E’ come Mourinho: un allenato­re duro, ma una bravissima persona. Secon­do me i due si assomigliano».

A oltre due anni di distanza, che idea si è fatto di calciopoli?

«Quello che è venuto fuori per me non è stato una grande sorpresa. Certe voci e cer­ti sospetti erano arrivati anche all’orecchio dei calciatori, ma noi dobbiamo pensare a giocare e a vincere ».



Qual è la squadra che gioca il miglior cal­cio in Europa?

«Il . Con tutti quei fuoriclasse è spettacolare».