Sarkozy il moralizzatore spacca il calcio europeo

25/11/2008 alle 18:56.

LA STAMPA (MARCOTTI) - È bufera sull’Europa del calcio a seguito delle proposte della presidenza francese dell’Ue. Nicolas Sarkozy, nelle ultime settimane del suo incarico, vuole lasciare il segno sullo sport con una serie di normative che stanno destando grande preoccupazione tra i grandi club europei. Il 27 e 28 novembre a Biarritz si incontreranno i ministri dello Sport dell’Ue, e a loro verrà chiesto di approvare un documento comune che contenga i principi elencati da Sarkozy. Se tutto andrà secondo i piani del Presidente francese, due settimane dopo toccherà ai capi di governo. E, in caso di nuovo okay, il pacchetto rimbalzerà alla Commissione europea. Ma perché tanto subbuglio tra le grandi del calcio?

Il motivo è che il progetto Sarkozy (elaborato, pare, con la benedizione dell’Uefa) prevede la creazione di un organo di controllo pan-europeo. Una specie di Covisoc transnazionale, ma con poteri ben più ampi di quella nostrana. Un organismo - dicono i critici - in grado di stravolgere l’indipendenza e la sovranità dei singoli campionati. Questo perché si ascriverebbe poteri sul calendario, sui trasferimenti dei giocatori e, soprattutto, sui requisiti finanziari dei club. In pratica, toccherebbe a questa nuova entità - e non alle singole leghe - decidere se i bilanci dei club sono in ordine. E ciò che terrorizza le «big» - in particolare quelle della Premier League - è che Sarkozy ha preso come modello la «Direction Nationale du Control de Gestion», organismo francese tra i più rigorosi d’Europa.

La Dncg ha infatti ampissimi poteri e, soprattutto, non vede di buon occhio l’indebitamento. Secondo fonti inglesi, se i parametri della Dncg venissero applicati in Premier League, 16 squadre su 20 rischierebbero l’esclusione dal campionato (comprese tutte le big, salvo l’Aston Villa). E, probabilmente, anche la nostra serie A sarebbe su quei livelli, per non parlare in Spagna di Real Madrid e , anche loro club stra-indebitati. Ma gli effetti della proposta vanno ben oltre. In gioco vi è la «governance» dello sport europeo: è competenza dei singoli Paesi o dell’intero continente? Il grande problema è che ogni Paese ha norme, tradizioni e modelli diversi. In Francia i club ricevono sussidi dal governo o da enti parastatali, in Germania non hanno scopo di lucro, in Inghilterra non ricevono aiuti e vi è una deregulation quasi totale, in Spagna molti seguono il modello Real Madrid, con soci che eleggono un presidente. Come armonizzare tutto ciò in un modello coerente e funzionale?

Impossibile, dicono in Inghilterra, dove aggiungono che l’obiettivo di Sarkozy è quello di far scivolare il resto dell’Europa ai livelli francesi e non aiutare realmente lo sviluppo sano del calcio. Anche dall’Italia arriva subito uno stop. Dice Antonio Matarrese, presidente di Lega: «È una strada impraticabile: noi abbiamo già la nostra Covisoc, con i suoi parametri rigidi per i club». Dalla segreteria della presidenza francese dell’Ue, a Bruxelles, parlano di «allarmismo». «Vogliamo difendere un modello più sano dello sport e del calcio - afferma un portavoce -. Più regolamentazione, più trasparenza, più giustizia sportiva. Non vogliamo imporre nulla, vogliamo avviare un movimento per portare maggiore moralità nello sport e nel calcio in particolare».

Il timore, però, resta. Innanzi tutto, perché quasi tutti i grandi club europei - per motivi diversi - hanno debiti consistenti (anche se, in alcuni casi, vedi Inter e Chelsea, sono verso i proprietari stessi e quindi, almeno in teoria, facilmente estinguibili; mentre in altri, vedi , sono stati accumulati per costruire lo stadio e quindi si tratta di investimenti reali). Poi, perché cedere il bastone del comando non piace a nessuno. In particolare, l’idea di passarlo a un modello francese (con i livelli di burocrazia e centralismo che ne conseguono) non piace affatto, tanto più che lo sport transalpino in questi ultimi anni non si è coperto di gloria. Ma le perplessità non finiscono qui. Questa è la proposta dell’Ue, con la collaborazione dell’Uefa. Ma nel panorama europeo vi sono ben 26 nazioni membri dell’Uefa e non dell’Ue: cosa ne sarà di loro? E ancora, questa normativa riguarderebbe tutti gli sport, non solo il calcio. Che impatto avrebbe su realtà minori e discipline semiprofessionistiche?

Il prossimo passo è in mano ai politici e visti i molti intrecci tra grandi club e politica (non solo in Italia, ma anche in Spagna e Inghilterra) è probabile che la proposta di Sarkozy non avrà vita facile a Biarritz. Specialmente se, come sembra, i grandi club sono pronti a fare pressing sui loro governi. Magari con l’ausilio della Fifa di Blatter che, zitta zitta, vorrebbe limitare il potere dell’Uefa e tenere l’Ue ben lontana dal calcio.