IL ROMANISTA (D. GIANNINI) - Era il 30 ottobre del 1938, quindi più o meno in questo periodo dellanno, quando lAmerica che stava ascoltando uno spettacolo comico alla radio cambiò canale per la pubblicità e capì che la terra era sotto attacco da parte dei marziani.
Che centra quella trasmissione che passò alla storia con la Roma e con Luis Enrique? Centra. Perché è stato il tecnico asturiano a tirare nuovamente in ballo gli extraterrestri verdi: «Non sono un marziano che vuole fare una cosa diversa. Non chiedo ai miei giocatori di fare una cosa incredibilmente diversa, magari ci sono due-tre varianti rispetto a quello a cui sono abituati, ma nulla di incredibile». Lo dice Luis per dare un senso di normalità al suo lavoro, come quando aveva detto di non essere Harry Potter e di non avere la sfera di cristallo. Che, in altri termini, non è una guerra dei mondi tra il calcio "terrestre" che si gioca in Italia e quello "extra" che lui sta cercando di portare. Che Roma non è Grovers Mill e tantomeno lo è Novara. Insomma, come ha detto lui stesso, che non è un marziano. Che la sua Roma non è immaginaria, ma che può essere una splendida realtà. Magari grazie alle sue idee che saranno pure terrestri ma comunque un po geniali. Come quelle di Orson Welles.