Post Match - "Se la palla l'abbiamo noi, gli altri non possono segnare"

25/01/2021 alle 12:22.
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LAROMA24.IT (Mirko Bussi) – All’uscita degli spogliatoi del “Tre Fontane”, in un muretto che abbraccia lo spazio antistante al campo che oggi funge da residenza per la Primavera e la squadra femminile, oltre che da mausoleo per la Roma che fu, si staglia la scritta, quasi profetica per le generazioni future. “Se la palla l’abbiamo noi, gli altri non possono segnare”. Ad introdurla, il volto di Nils Liedholm, che per una “all stars” della storia della Roma, quasi all’unanimità, verrebbe incaricato di sceglierne la formazione.

Il pensiero baroniano, col tempo placcatosi in aforisma, suonava quasi rivoluzionario al tempo in cui, negli anni ’80, per difendersi non si conoscevano, almeno in Italia, molte strade alternative a quella di ammucchiarsi a ridosso del proprio . E ancora oggi può servire ad aprire i discorsi attuali, con la Roma che ha certificato il suo terzo, o perlomeno quarto, posto al termine del girone d’andata dopo una partita che mostra come il calcio, al pari di tutte le altre attività in cui intervengono gli esseri umani, sia scosso continuamente da flussi emotivi, ancor prima che tattici, tecnici o fisici come spesso ci si limita ad analizzare.

Contro lo Spezia le questioni tattiche o tecniche finiscono travolte dalle docce emozionali che dalla settimana piovono sulla testa di chi finisce in campo. Le ripetute costruzioni dal basso, il prolungato possesso palla, sono gli strumenti che la Roma solitamente utilizza per assicurarsi il controllo della partita. Soluzioni che le permettono di mantenere la gara dentro gli argini più conosciuti. Quando gli eventi, invece, ne fuoriescono, come avviene sabato, quando lo Spezia passerà più tempo rispetto alla squadra di Fonseca col pallone (47 a 53 il dato percentuale finale), il tasso di casualità nello svolgimento s’impenna e il tema principale diventano i duelli individuali e le seconde palle, quelle che cadono in terra a seguito di un contrasto, più spesso aereo.

La morsa emotiva che stringeva la Roma, costretta nuovamente davanti ai fantasmi dello Spezia che gli erano costati l’eliminazione (doppia) dalla Coppa Italia, in campo prima e per il giudice sportivo poi, venivano infuocati dall’assenza, tra le altre, di , capitano e calciatore copertina. Inevitabile, allora, che le abituali costruzioni elaborate venissero sostituite da manovre più dirette e lunghe con l’intenzione di limitare il margine d’errore ma con l’effetto indesiderato di produrre una serie di palloni senza fissa dimora che cercavano il miglior offerente per aria. Così vengono partoriti l’1-1 e il temporaneo 3-2 dello Spezia, guadagnandosi palloni rimbalzati confusamente per poi avventarsi sulle seconde palle, materia in cui, per le caratteristiche dei giocatori che la compongono dalla mediana in su, la Roma ha ben poche speranze di sopravvivenza.

A questo, poi, si aggiunge una scarsa coerenza difensiva negli atteggiamenti dell’ultima linea romanista. Se inizialmente le posture e i tempi della scappata sulla palla libera paiono stampati da un manuale di Coverciano, con le punte dei piedi rivolti verso la direzione di corsa, quindi la porta, e lo sguardo al pallone per acquisire informazioni, mostrando un’interpretazione di reparto alla situazione, all’approssimarsi dell’area le caratteristiche individuali dei calciatori paiono prevalere. Nel primo caso, infatti, è Smalling a cambiare improvvisamente la postura perdendo velocità e risultando poi d’intralcio a Kumbulla che, così, vedrà ingigantire il proprio errore tecnico nella ribattuta, nel secondo la prima interpretazione è corretta al punto che Farias si ritrova comunque circondato dallo stesso Kumbulla e Ibanez. Qui, però, entrambi ragionano individualmente, focalizzandosi esclusivamente sull’avversario e finendo vittime simultaneamente della stessa sterzata. La formazione calcistica frequentata, Gasperini per Ibanez (e Mancini…), Juric per Kumbulla, agevola le spiegazioni.

Nel prontuario del calcio, parlato più che giocato, la soluzione ad un problema difensivo è risolta matematicamente: un calciatore offensivo in meno, un maniscalco difensivo in più. Oppure, l’invito a una maggior prudenza. Hanno effetti rapidi e a volte piacevoli ma non guariscono i problemi. Così Gasperini, che in stagione ha beccato 5 gol dal Liverpool, e sabato sera ha maltrattato il Milan capolista a domicilio senza subire reti: "Da parecchie settimane abbiamo svoltato, dopo la partita contro il Liverpool così nefasta, con 5 gol presi: lì abbiamo imparato qualcosa. Nelle ultime settimane siamo stati efficaci, abbiamo cambiato modo di giocare, pressiamo di più e questo ci consente di lavorare meglio in difesa". Perché difendere è un argomento di squadra.

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