STADIO DI PROPRIETA': realtà o utopia?

15/01/2009 alle 13:40.

LAROMA24.IT - Lo stadio di proprietà è una realtà consolidata da anni in diversi paesi europei: in Spagna, in Inghilterra ma anche in nazioni calcisticamente di seconda fascia come Olanda o Turchia , dove già alcuni club hanno optato per la costruzione di un proprio stadio (come il Fenerbahçe, che ha rinnovato il “Şükrü Saracoğlu” con un imponente opera di ristrutturazione tra il 1999 e il 2006) o si apprestano a farlo, come il Feyenoord. In Italia la situazione non solo è profondamente diversa ma, a giudicare dal rapporto pubblicato dalla Lega Calcio Francese e dall’European Stadium Management Association, è a dir poco tragica. Gli impianti sono vecchi, obsoleti, scomodi, poco sicuri e questo ha contribuito in modo determinante anche alla clamorosa sconfitta della candidatura italiana per l’organizzazione di Euro 2012.

In Italia la situazione non solo è profondamente diversa ma, a giudicare dal rapporto pubblicato dalla Lega Calcio Francese e dall’European Stadium Management Association, è a dir poco tragica.

Gli impianti sono vecchi, obsoleti, scomodi, poco sicuri e questo ha contribuito in modo determinante anche alla clamorosa sconfitta della candidatura italiana per l’organizzazione di Euro 2012. I lavori di ristrutturazione hanno coinvolto una percentuale del tutto marginale degli stadi nel nostro paese, eccezion fatta per l’installazione dei famosi tornelli per renderli conformi alla legge Pisanu ma qualcosa si sta comunque muovendo. La ha già presentato il progetto per il nuovo stadio che a partire dalla stagione 2011-12 ospiterà le gare casalinghe dei bianconeri. L’Inter ha in programma di traslocare da San Siro l’anno successivo, costruendo una struttura multifunzionale destinata ad ospitare anche la sede della società e che sarà realizzata per l’80% da fondi e banche e per il restante 20% dall’azionista Moratti. I fratelli Della Valle hanno pronto il piano per il nuovo stadio da 45.000 posti con annessa cittadella dello sport che sostituirà il vecchio “Artemio Franchi”. Anche a Catania, Brescia e Mantova non mancano i progetti: nel capoluogo lombardo si parla di un progetto realizzato dall’architetto inglese Richard Rogers oltre quattro anni fa, ma che ancora non ha avuto il nulla osta per l’avvio dei lavori a causa di problemi burocratici e mancanza di intesa sugli spazi da dedicare all’opera.


A Roma, il presidente della Lazio, Claudio Lotito, ha fatto della questione stadio un vero e proprio cavallo di battaglia che ha spaccato la tifoseria, con lo zoccolo duro decisamente restio all’idea di trasferirsi a Valmontone, come il progetto dello “Stadio delle Aquile” prevede e con l’ex giunta Veltroni che ha sempre negato le aree al club biancoceleste.



Diverso il discorso legato alla Roma, la cui proposta iniziale riguardava la costruzione di una cittadella dello sport destinata a sorgere nella zona di Torrevecchia. A Gennaio del 2006, l’allora sindaco Walter Veltroni, esponeva parere positivo alla proposta affermando che “con la cittadella la Roma avrà più forza”, aggiungendo che la soluzione “sposa sia le esigenze dei quartieri, sia le esigenze dei tifosi”. Nelle intenzioni del club giallorosso, la cittadella avrebbe dovuto rappresentare un’occasione soprattutto per il settore giovanile, interamente trasferitosi a Trigoria, senza però trascurare la possibilità di costruire un nuovo impianto approfittando della candidatura italiana per l’organizzazione di Euro 2012. Per Rosella Sensi, il modello da seguire era quello del presidente del Brescia, Corioni, intenzionato a ridefinire il concetto di stadio a livello strutturale, pensandolo come una struttura in grado di assicurare comfort e sicurezza alle famiglie ma ben diversa era la posizione del Coni, intenzionata, semmai, a modernizzare le strutture dell’Olimpico (di cui è proprietario). Il presidente del comitato olimpico italiano, Giovanni Petrucci, esprimeva in modo eloquente la sua posizione in merito nel maggio del 2007: “Abbiamo un accordo sulla parola con la Roma calcio per sviluppare le potenzialità dello stadio (Olimpico, n.d.r.) e migliorare le infrastrutture. Si dice che da lì non si vede bene la gara e la gente non va allo stadio per questo motivo. In realtà quando Roma e Lazio vincevano gli scudetti, nessuno ha mai fatto delle critiche e gli spalti erano sempre gremiti. Forse i discorsi da fare sono altri”. E i discorsi, secondo Petrucci, riguardano principalmente i prezzi dei biglietti e le infrastrutture per rendere più accessibili gli stadi, opponendosi in modo netto e deciso contro gli stadi di proprietà: "Ora fanno girare la favola che con la privatizzazione degli impianti, gli stadi saranno vissuti tutta la settimana e i problemi del calcio verranno risolti. Chi afferma tali cose, dovrebbe fare un giro per gli stadi europei, perché denota una mancata conoscenza della realtà delle cose". Un atteggiamento ostruzionistico che congelava, di fatto, qualsiasi progetto legato alla realizzazione dello stadio di proprietà anche se, nel febbraio del 2008, l’assessore all’urbanistica di Roma, Roberto Morassut, apriva spiragli di disponibilità da parte del comune di Roma confermando che “la cittadella dello sport si farà e il progetto è stato già inserito nel piano regolatore della à” e che, sulla costruzione del nuovo stadio “la giunta comunale non ha alcun pregiudizio ma il problema maggiore è rappresentato dal Coni”. Quel piano regolatore che il nuovo sindaco Alemanno, eletto a maggio, intende rivedere, promettendo in campagna elettorale piena apertura per la costruzione di impianti di proprietà nella Capitale da realizzare grazie alle risorse dei privati. La vittoria del candidato del centro-destra nelle elezioni comunali ha l’effetto di infiammare immediatamente la questione e se il Corriere dello Sport, il 3 maggio, affermava che “il nuovo stadio si farà e potrebbe sorgere alla Magliana o a Tor Vergata nel giro di quattro-cinque anni”, e Spalletti giudicava “importantissimo e capace di portare vantaggi enormi”, Luca Pancalli (vice presidente del Coni) predicava cautela pur dichiarandosi possibilista a patto che “i progetti rispondano a dei requisiti fondamentali, garantiscano l’autoconsistenza economica e permettano di riqualificare un’area urbana creando nuove opportunità lavorative”.

Un progetto che, a fine agosto, sembra già essere avviato almeno sulla carta, con la collaborazione della responsabile della pianificazione e del controllo del comune di Roma, Cristina Mazzoleni.

A rivelarlo è direttamente Gianni Alemanno, intenzionato a consegnare a Roma e alla Roma il proprio stadio entro la fine del mandato, coronando il sogno del compianto Franco Sensi.

Per farlo “il Comune cercherà di fornire le aree, assecondando il progetto con la disponibilità delle aree e con i permessi necessari per rendere il tutto economicamente sostenibile” lasciando che la società affidi la realizzazione al project financing (ovvero l’onere della costruzione e della gestione spetta al privato per un determinato numero di anni per poi restituirlo al club). Si tratterebbe, sempre secondo Alemanno, di uno stadio “all’inglese, con spalti adiacenti al campo, ristoranti, un albergo e tutte le comodità utili a rendere la struttura un luogo di socializzazione”.

Che le prospettive siano radicalmente cambiate lo si intuisce dalla serie di dichiarazioni che, a partire da settembre, ruotano attorno all’argomento con frequenza quasi quotidiana.

L’assessore all’ambiente del Comune di Roma, Fabio Di Lillo confermava la linea della giunta di centrodestra ribadendo che “sia la Roma sia la Lazio avranno il loro stadio nel giro di tre anni” e che, sulla questione dei terreni “si stanno vagliando diverse soluzioni, in quanto ce ne sono diversi sui quali potrebbe essere costruito”. Terreni edificabili che, secondo il Corriere dello Sport del cinque settembre, sarebbero pronti ad essere acquistati dal costruttore Gaetano Caltagirone, in vantaggio nei confronti degli imprenditori Bonifaci e Cerasi. Peccato che, dopo la notizia di un presunto fondo dal Qatar, che il dieci settembre avrebbe dato la disponibilità a realizzare l’opera alla Open Gate Italia, società di pubblic affairs che fa capo a Tullio Camiglieri, ex responsabile delle comunicazioni esterne di Sky, rientrando economicamente grazie a una percentuale sui ricavi dello stadio stesso, dei progetti (presunti o reali che siano), non si sia più vista l’ombra.

La famiglia Sensi, per bocca di Maria Sensi, continuava ad auspicarsi che lo stadio intitolato al marito si realizzi in tempi brevi e la figlia, Rosella, a novembre, affermava che la Roma “sta lavorando a questo progetto, il modello sarà quello inglese, con l'utilizzo dell'impianto per ottimizzare gli spazi e per promozione e nuove prospettive commerciali”, a raffreddare gli animi arrivava la dichiarazione del parlamentare del Pdl, Claudio Barbaro, che non più tardi di un mese fa smentiva l’esistenza di un progetto già presentato da parte della Roma.

Tra rinvii, smentite e auspici, arrivano, due settimane fa le nuove conferme del sindaco Alemanno, secondo cui “a gennaio saranno presentati i progetti di massima e in due anni e mezzo o tre le strutture saranno completate”. Resterebbe da sciogliere il nodo dell’area: escluso Valmontone (che Lotito avrebbe voluto per il suo “Stadio delle Aquile”), difficile la Bufalotta perché troppo periferica, per il sindaco della Capitale è ragionevole ipotizzare che la scelta cada sulla via Tiberina.

Il vero interrogativo, però, riguarda la reale attuabilità del piano. Dopo sei mesi di dichiarazioni e di aperture da parte della nuova giunta comunale, nessun progetto è stato ancora presentato, nessuna area predisposta alla costruzione dell’impianto è stata ancora scelta, ci saranno (come sottolineato più volte dallo stesso Alemanno) “fisiologici tempi burocratici” che allungheranno ulteriormente i tempi senza dimenticare la ferma opposizione del presidente del Coni, Petrucci, che ha più volte manifestato l’assoluta contrarietà all’istituzione di stadi di proprietà in Italia. Allo stato attuale delle cose, è davvero difficile immaginare che la situazione si sblocchi in tempi così rapidi da consentire ai lavori di iniziare e terminare nel giro di trenta mesi.