Post Match - Expected soul

01/03/2021 alle 14:04.
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LAROMA24.IT (Mirko Bussi) - Da quando il calcio, progressivamente, s'è sistemato la giacca, dandosi un tono maggiormente professionale, le società si sono iniziate a definire aziende, i calciatori dei professionisti, termini economici l'hanno inevitabilmente invaso e l'analisi s'è cosparsa di numeri. Necessari a dar consistenza alle mere, anche qui, valutazioni umane ma che rischiano, se seguiti ciecamente, di allontanare troppo dall'essenza di un gioco che per conformazione regolamentare, 22 individui che possono mescolarsi liberamente tra loro su oltre 7mila quadrati di spazio e colpire una sfera con la quasi totalità della superficie corporea, tende al caos. Quel disordine aumentato da un fattore che spesso finisce confinato nelle considerazioni finali: l'aspetto emotivo, che può ingigantire o affossare doti tecniche o fisiche che compongono un calciatore.

Così l'1-2 di Roma-Milan viene allargato nel virtuale punteggio degli "expected goals", quell'algoritmo che mescolando una serie di dati continuamente raccolti calcola la probabilità di realizzazione di un determinato tiro, a partire dalla posizione in cui viene scoccato. 1-3, "alla macchina", diventa il punteggio matematico in favore dei rossoneri. 1.20 contro 3.25, per assecondare gli istinti di precisione. La sfida tra la quinta e la seconda in classifica di Serie A ha prodotto 37 tiri complessivi, con 20 di proprietà milanista. Un mucchio di occasioni per parte che alla fine hanno fermato l'ago del risultato dalla parte rossonera. Quello che però i dati non riescono, almeno al momento in cui scriviamo, a calcolare è perché alcuni tiri non hanno mantenuto le loro promesse di realizzazione. E' l'"expected soul", l'aspetto emotivo che guida le risposte tecniche o fisiche dei calciatori.

Per facilitarne la comprensione peschiamo due occasioni dall'ampio mazzo a disposizione. Una è quella capitata a Pellegrini, sul risultato di 0-0, che grazie alla sapiente rifinitura di Mkhitaryan arriva a ridosso di Donnarumma. Qui Tomori, all'abilità di carpire le intenzioni romaniste, aggiunge un intervento in scivolata che ribatte la prima conclusione. Sulla seconda palla scaturita, Pellegrini ha guadagnato una posizione migliore e, ancor di più, la possibilità di colpire col piede preferito. In quell'attimo si materializza Tonali, non propriamente noto alle cronache per le doti agonistiche, che all'emergenza risponde lanciandosi in un intervento salva-vita per il Milan.

Nel secondo c'è l'episodio che squarcia la partita: il tabellone segna l'1-1 quando Pau Lopez, nel tentativo concettualmente corretto di saltare una linea per giocare alle spalle della prima pressione e sgonfiare, così, l'aggressività del Milan, commette un madornale errore tecnico. La transizione negativa non è certo delle più agevoli ma la reazione istintiva di Mancini, tra i più dotati agonisticamente a disposizione di Fonseca, palesa probabilmente uno dei motivi, se non l'origine degli altri più spesso analizzati, per cui la Roma fatica a venir via piena dagli scontri diretti. Una fragilità nell'assorbire e ribaltare le situazioni avverse che le possono cadere addosso, ancor più probabili se il livello di chi affronti si alza.

Agli atleti americani che si avvicinavano alle Olimpiadi, il fisiologo Jerry Lynch chiese quale fosse, secondo loro, l'aspetto determinante ad alti livelli. Potevano scegliere tra le doti naturali, l'allenamento, l'abilità dell'allenatore o la forza mentale. La quasi totalità rispose quest'ultima. Perché l'errore fa parte del gioco, il modo in cui reagisci fa parte dell'individuo. Quindi del calciatore. E dell'allenatore e di tutto ciò che li circonda.