IL MESSAGGERO (S. CARINA) - Rudi Garcia, confidando nelle parole di Walter Sabatini non più tardi di 48 ore fa, «resterà alla Roma al 100%». E stavolta ci sono 17 milioni di buoni motivi (l’ingaggio al lordo del tecnico sino al 2018) per credere al ds. Tuttavia nel summit di domani con Pallotta, gli saranno chieste ulteriori spiegazioni sul j’accuse frontale degli ultimi giorni («Siamo la quinta forza economica della serie A»; «Dobbiamo vendere prima di comprare»; «L’importante è come si spendono i soldi»), che ha minato i rapporti con la dirigenza e scalfito quelli con lo spogliatoio, anche se Rudi ieri si è visto a pranzo con Sabatini e qualcosa ha già spiegato (oggi la partenza della dirigenza per Londra). Prove di tregua, disgelo? Chissà.
UN UOMO SOLO E TESO - La mancata autocritica del tecnico, è tornata indietro come un boomerang. Nonostante l’euforia del post-derby, parte del gruppo non ha gradito le sue parole. E da tempo ha iniziato ad avere qualche perplessità sul suo operato, non lesinando frecciate mirate durante la stagione. Iniziò Florenzi («Non so che ruolo ho»), è toccato poi a Nainggolan («Corro da solo»), Ljajic («Non sappiamo cosa fare»), De Rossi («Abbiamo fatto cagare a lungo») e per ultimo De Sanctis, lunedì notte a Tiki Taka: «Il bicchiere è mezzo vuoto. La società ha capito e visto quello che è successo e prenderà delle decisioni. Mi riferisco alla squadra, allo staff medico e a quello tecnico». Quest’ultimo, almeno fino ad una settimana fa, diretta emanazione di Garcia. Perplessità quindi acuite dal nervosismo dell’allenatore, chiuso in se stesso e lacerato dallo stress. Dentro Trigoria, lo hanno visto meno propenso al sorriso e al dialogo, puntiglioso e maniacale su ogni cosa, anche le più futili. Dal campo alla cucina, dalle scelte degli hotel a Roma (cambiati a seconda se si disputasse la Champions o il campionato) alla decisione del ritiro (poi rivisto in modo light). Tensione acuita nella settimana del derby: ha chiesto inizialmente di preparare la partita in Spagna e poi in Svizzera. Rimasto a Trigoria, un giorno ha cambiato tre volte il campo di allenamento, pretendendo che il figlio di Totti, tra lo stupore della squadra, si allontanasse nel momento delle esercitazioni tattiche.
Per carità, dall’esterno gli episodi raccontati possono strappare al massimo un sorriso. Dentro Trigoria, però, sono stati notati. Come non è passata inosservata l’involuzione tattica, il flop fisico e alcune scelte tecniche. È chiaro che la vittoria sulla Lazio e la qualificazione in Champions hanno in parte cancellato i dubbi. In parte, però, non del tutto. Garcia si presenterà a Londra con armi spuntate (non ha un club dietro) ma proverà a chiedere (lo ha già fatto con le dichiarazioni studiate a tavolino) di avere più potere decisionale. L’inizio non è stato dei migliori: sostituito un collaboratore fidato (Rongoni) con il preparatore Norman, il tecnico – che contesta la linea verde del ds - ha ‘incassato’ anche l’arrivo del baby Sergio Diaz. E non finisce qui: perché Mavuba, prendibile a costo zero, lo si è lasciato rinnovare col Lille, Ayew è in stand-by e Gervinho, il suo pupillo, è il primo sulla lista dei partenti.
Decisioni che chiariscono la posizione della società: il tecnico è il responsabile della squadra ma rimane un dipendente. Le parti potranno a volte venirsi incontro (il terzino Digne, ad esempio, è un nome che mette d’accordo tutti) ma le decisioni spettano al club, come quella di sostituire il nuovo team manager che sarà Manolo Zubiria. Difficile a questo punto pensare ad un aut aut di Garcia se non ha una squadra pronto ad accoglierlo. A meno di colpi di scena, dunque, si continuerà con lui. Al contrario, la palla passerebbe a Sabatini. Emery sarebbe il candidato ideale ma il Napoli è avanti e il Siviglia non intende privarsene. Mazzarri piace ma non convince del tutto, Conte è ‘bloccato’ dalla Nazionale mentre Montella, finché il ds rimarrà alla Roma, difficilmente accetterà una sua chiamata. Anche per questi motivi, avanti con Rudi. Con la speranza che giovedì le parti trovino un'intesa che non sia una semplice tregua.