LAROMA24.IT - La crisi continua. La Roma si fa pareggiare in rimonta dal Chievo, ma il punto guadagnato ha il sapore di una cocente sconfitta. E la confusione e la poca determinazione vista in campo nel momento decisivo del match non è il biglietto da visita ideale per il debutto europeo al Bernabeu con il Real Madrid.
Ecco i commenti di alcuni degli opinionisti più importanti della stampa, pubblicati sulle colonne dei quotidiani oggi in edicola.
IL MESSAGGERO (M. CAPUTI)
Il ritorno dopo la sosta mette in evidenza le preoccupanti difficoltà di Roma e Inter. Le due squadre stentano a prendere forma, sono già ampiamente attardate in classifica e i rispettivi allenatori appaiono in preda alla confusione. Il quadro, anche alla luce dei prossimi impegni di Champions League, non è affatto incoraggiante. Di Francesco e Spalletti continuano a stupire nelle scelte di formazione e nei cambi di modulo. Il primo, avanti due a zero con il 4-3-3, toglie Pellegrini per De Rossi, riproponendo il tandem con Nzonzi: la squadra evapora e subisce la rimonta. Il secondo schiera titolare chi come Candreva sembrava un intruso all'interno della rosa, mette Keita a fare il centravanti, poi butta nella mischia Icardi e Politano lasciati in panchina. Le due squadre vanno a intermittenza, si smarriscono nel mezzo delle partite, non hanno identità. Colpa soltanto degli allenatori o la campagna acquisti delle due società è stata sbagliata e/o incompleta? Dopo quattro gare, la Roma sembra aver indebolito la squadra, l'Inter non aver colmato le lacune principali: un regista e un'alternativa a Icardi. Alibi importanti che non giustificano prestazioni così deludenti. Il tempo per recuperare c'è, a patto che le idee tornino chiare e le ambizioni siano supportate da vera determinazione e non da ingiustificata presunzione.
IL TEMPO (T. CARMELLINI)
Alla fine è solo questione di aspettative. E il derby della Capitale che si avvicina rapido, rischia di tornare ad essere la partita della stagione per entrambe le sponde del Tevere. Undici punti sommati tra Roma e Lazio, che ieri ha sorpassato i cugini grazie al successo ad Empoli, fanno uno in meno della Juventus che viaggia da sola in vetta alla classifica e due solo in più del Napoli secondo. Poca roba, soprattutto per quanto riguarda la Roma, perché almeno la Lazio ha l'alibi di un calendario infernale che l'ha fatta esordire proprio con Juve e Napoli.
Il vero flop dell’avvio è la Roma che viaggia nona in classifica con cinque punti in quattro giornate e dopo aver affrontato, Milan a parte, non proprio le più forti del torneo. Il pareggio tanto beffardo quanto assurdo di ieri in casa col Chievo mostra quanto ancora lavoro dovrà fare Di Francesco per trovare la quadra di un gruppo che sembra la sbiadita controfigura di quello della scorsa stagione. Vero, i paragoni non fanno mai bene ma anche qui è ancora e sempre questioni di aspettative. Se parti come la Lazio a fari spenti, sapendo che il tuo obiettivo massimo è centrare la zona Champions, dopo una campagna acquisti low cost con il «colpo» di non vendere Milinkovic, è una cosa. Se invece ti presenti ai nastri di partenza che il ruolo di anti-Juve o comunque di quelle due o tre che dovranno litigarsi questo gravosissimo compito, dopo una semifinale di Champions e tutto il resto, allora la cosa cambia eccome. Olsen? Un buon portiere, normale: Alisson altra storia. Aspettative appunto, quelle che condizionano anche l'approccio mentale di un gruppo che, dopo aver di fatto già vinto una partita, è riuscito a buttar via tutto. E pensare che questa squadra tra due giorni andrà a Madrid a sfidare in Champions i campioni in carica del Real Madrid fa venire i brividi: servirà tutt’altra roba rispetto a quella vista ieri.
IL ROMANISTA (D. LO MONACO)
Parliamoci chiaro, caro Robin Olsen, grazie per aver salvato la Roma dalla sconfitta, ma abbiamo sperato che il miracolo lo facessi qualche minuto prima, sulla perfetta parabola di Birsa; che però hai avuto la forza di andare a toccare, ma non a deviare. Peccato, perché con quel miracolo avremmo vinto.
Parliamoci chiaro, caro Aleksandar Kolarov, sei tornato al centro della manovra della Roma e questo è un buon segno, ma su quella carambola non sei stato solo sfortunato, ma anche poco lucido, soprattutto sulla successiva girata di Stepinski. Parliamoci chiaro, caro Lorenzo Pellegrini, sei un figlio di Roma e di questa Roma. ma non puoi accontentarti diun colpo di tacco, tutti vorremmo maggior sostanza nelle tue giocate e magari un sorriso più caldo al posto di quell’espressione un po’risentita.
Parliamoci chiaro, caro Edin Dzeko, resti un grande campione, ma proprio per questo quando sul 2-2 ti arriva giusta sulla testa la palla del 3-2 al 90’ allora o te la rompi quella testa oppure la palla deve entrare dentro. Parliamoci chiaro, caro Eusebio Di Francesco, se la fase difensiva non funziona bene i tifosi chiedono a te la soluzione. E se a questa squadra manca ancora l'umiltà insegnategliela. E presto.
LA GAZZETTA DELLO SPORT (L. GARLANDO)
Nel gruppo degli inseguitori, a turno, qualcuno fora. Sabato l’Inter, ieri la Roma, avanti di due gol e riacciuffato da un Chievo sotto zero, tra feroci tumulti di piazza. A Milano è finito nel mirino quasi solo
Spalletti. Nell’Urbe pollice verso per tutti: Di Francesco, squadra, ma soprattutto proprietà e Monchi (diventato il «Cassiere di Siviglia» nelle ironie social), colpevoli agli occhi del popolo di aver venduto l’argenteria. Perfino Defrel (Samp) capocannoniere... E sorpasso della Lazio. In un Colosseo del genere, come può crescere e prendere fiducia una squadra giovane? Con quale cuore la Roma scenderà al Bernabeu?CORRIERE DELLO SPORT (I. ZAZZARONI)
Molto peggio ha fatto la Roma, già staccata di 7 punti dai campioni: discreta nella prima fase, nella seconda, quando Di Francesco ha testato la formula per Madrid (Nzonzi con De Rossi e il 42-3-1), si è fatta raggiungere dal Chievo - che non riprendeva uno 0-2 dal gennaio 2016, sempre con la Roma - e nel finale è stata salvata da Olsen. Se non ci fosse di mezzo la Champions, accentuerei la linea critica, ma c'è, e allora freno: mi auguro che l'aria dell'Europa e un impegno che potrebbe essere decisivo riattivino i circuiti che permisero a Dzeko e compagnia di conquistare la semifinale.
CORRIERE DELLA SERA (M. SCONCERTI)
C'è un vuoto innaturale alle spalle di Juventus e Napoli. E qualcosa in più di un inizio difficile, detta una prima traccia di campionato. Forse per cercare l'avversario della Juve non ci siamo fatti la seconda domanda: esistono già squadre? La risposta è no. Il Napoli ha 3 punti meno di un anno fa, la Roma 2 sui 7 della stagione scorsa, l'Inter addirittura 8 in meno, la Lazio 3. Solo la Juve è alla pari, 12 su 12. Non manca l'avversario, mancano le squadre, mancano costruzioni complete, nella testa e nelle gambe
LA REPUBBLICA (M. CROSETTI)
L’eco delle urla di giubilo bianconere rimbalza nel canyon dove già si sono perse l’Inter (-8) e la Roma (-7) e dove solo il Napoli prova a resistere. Ma è già la Juventus l’unica imbattuta, forse l’unica imbattibile. Per grandezza propria e piccolezze altrui. E nel gioco delle vite sportive parallele anche Higuain, il predecessore ripudiato, con la maglia del Milan trova la via nello stesso giorno del successore glorificato. Forse doveva essere destino. Ma non lo era che il pomeriggio juventino fosse imbrattato dallo sputo ripugnante di Douglas Costa, ora è necessaria una squalifica di quelle che fanno passare la voglia. A proposito: il Var ha spiegato all’arbitro cosa fosse successo con Di Francesco, ma aveva taciuto la gomitata e la testata del brasiliano. Perché? E perché le altre amnesie a danno dell’Inter e del Torino? Pare quasi che il Var sia stato messo nel limbo dopo la rivoluzionaria stagione appena chiusa. Magari c’entra anche l’utilizzo più morbido dell’aggeggio ai mondiali, ma se è così è sbagliatissimo. Il Var esiste, è utile anzi necessario, ormai siamo tutti d’accordo e non lo si può utilizzare a capocchia. Il sospetto è che non pochi arbitri abbiano scelto la difesa istintiva del territorio, qualcosa di animale che scatta quando ci si sente minacciati dai predatori. Però indietro non si torna. È inaccettabile non rivedere in moviola le immagini degli episodi-chiave, ed è ingiusto che l’eventuale diverso peso delle carriere e del passato tra arbitro/arbitro e arbitro/Var crei il cortocircuito. Qualcosa sfugge, qualcosa viene taciuto ma tacitamente esiste, e fa danni. L’Italia è stata terreno sperimentale per una tecnologia da calibrare ancora, adottata dalla Fifa e non dall’Uefa ma presto arriverà anche in Champions. È assurdo che si torni indietro proprio noi, che siamo stati gli esploratori.