Malagò: "Che danno il no a Roma. La Raggi è pentita"

26/04/2018 alle 16:30.
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IL TEMPO (T. CARMELLINI) - «È da irresponsabili dire sì a questa candidatura». Era il 21 settembre del 2016 e con questa frase lapidaria la sindaca Raggi e la sua amministrazione, freschi di nomina dopo la bufera Marino, disse «no» alla candidatura di Roma per le Olimpiadi del 2024 e a tutto l’afflusso di denaro e indotto che un evento così avrebbe portato alla Capitale. Quasi due anni dopo la ferita è rimasta aperta e fa ancora più male ora che, dopo il successo clamoroso della Formula E all’Eur, è arrivata la conferma che nella Capitale si possono organizzare grandi eventi. E farlo con successo, senza ruberie, senza timori di dover pagare qualcosa a qualcuno. La cosa salta agli occhi e ancor più a quelli attenti del presidente del Coni Malagò che ancora oggi non riesce a darsi pace su quel «no» che ha buttato via soldi, lavoro e opportunità per tanti giovani.

Scusi, signor presidente, quindi organizzare un grande evento a Roma è possibile?
«Noi siamo un organismo nazionale, abbiamo ottomila comuni e non a caso la nostra forza è la presenza sul territorio. Ma è chiaro che Roma è Roma e stando qui viviamo più di qualsiasi altro comune le cose che ci accadono: ma il criterio è lo stesso di tutte le altre amministrazioni. Fatta questa premesse ci sono alcune situazioni nelle quali il presidente del Coni deve interloquire con il sindaco di una città».

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Tagliamo corto,ma secondo lei la Sindaca si è pentita del «no» a Roma 2024?
«Io penso di si, ma penso anche che non lo potrà mai dire:forse lo dirà più avanti. È mia personale sensazione che tutte le persone intelligenti sono capaci di riflettere, a mente fredda su quelli che possono essere stati dei giudizi sbagliati o affrettati. E ci sono due elementi che mi portano a questa considerazione. Il primo perché è noto che il Movimento oggi supporti fortemente la candidatura di Torino per i Giochi del 2026: addirittura in contrapposizione a un’altra candidatura che era anche partita prima che è quella di Milano e adesso non ultima quella di Cortina. Quindi non hanno un pregiudizio a monte nei confronti della candidatura olimpica. E cosa dicono le persone di Torino (che tra l’altro incontrerò nelle prossime settimane)? Che vogliono farle ma utilizzando strutture già esistenti, riattivando ciò che si è dismesso, con grande attenzione a tutta la parte ambientale, il rispetto dell’ecologia. Che sono poi le cose che ho sempre sostenuto».

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Infatti dopo un primo impatto abbastanza astioso con lo , ora la questione sembra essersi definitamente sbloccata.
«Credo sia stata una questione di tempi. Se fosse stato invertito l’ordine, probabilmente sarebbe passata la candidatura olimpica e sarebbe rimasto al palo lo stadio impigliato nella rete di cultura che c’era in quel momento».

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Tornando alla questione stadio, anche la Lazio vorrebbe averne uno di proprietà.
«Io ho sempre sostenuto che sarebbe giusto,importante e bello che la Lazio porti avanti un progetto e che abbia nel minor tempo possibile un suo stadio. Perché è un passaggio dal quale non si può prescindere».

E poi con lo stadio Olimpico il Coni cosa ci farà?
«Io sono arrivato qui facendo l’imprenditore e dico che oggi il Coni è in grado tranquillamente considerando il clima, il posto e la storia, di far funzionare lo stadio tutto l’anno. Non sapete a quante persone che vogliono organizzare eventi siamo costretti a dire di no. E non solo per quanto riguardai concerti durante il periodo estivo,ma tutto l’anno. Quindi questo non sarebbe un problema, pensate solo alle cose che abbiamo portato a Roma dal Sei nazioni, al Golden Gala alla finale di Coppa Italia».

Ma c’è in vista un «make up» per l’Olimpico?
«Noi siamo già al massimo dei parametri ai quali ci siamo dovuto adeguare per ospitare un girone dei prossimi campionati europei del 2020 e probabilmente la partita inaugurale».

Eppure l’impiantistica sportiva di Roma fa acqua da tutte le parti?
«Chiaro,viviamo dell’eredità di Roma ’60, tutto quello che c’è deriva da lì. E anche per questo era importante la candidatura olimpica, perché tutti gli impianti, nessuno escluso, sono di proprietà del Comune tranne il Palazzo dello Sport che è dell’ente Eur. Dovete rivolgervi a loro».

Vedere il Flaminio in quelle condizioni che effetto le fa?
«Mi viene una tristezza e una malinconia perché al centro del dossier olimpico c’era proprio il recupero del Flaminio».

Parliamo del calcio: anche lì le è capitato un bel casino tra le mani.
«Sono tornato dalla Corea e in meno di sessanta giorni la Lega ha trovato un presidente (Micciché) con una unanimità che sembrava impossibile e soprattutto ha gettatole basi per costruire un futuro: parlo della realizzazione di una nuova governance moderna che è di fatto un consiglio di amministrazione che sostituisca l’assemblea. Perché se sei in venti e ognuno si sente, forse anche giustamente padrone, poi succede che in due anni si resta impantanati e non si riesce a fare nulla. Io in sessanta giorni lascio tutto nelle loro mani,con una struttura diversa, più snella».

Se avesse la bacchetta magica cosa vorrebbe fare?
«Il presidente del coni, non cambierei questa cosa con nulla, sono appassionato di sport e posso dire che sto bene qua. Ho ricevuto diverse proposte dal mondo della politica, ma mi sveglio la mattina di buon umore anche se le mie giornate sono infernali iniziano al mattino presto e finiscono la sera tardi. Qui mi muovo in mondo di giovani, ho tutti quarantenni che vanno a mille intorno: di là ho paura che rimarrei impantanato nei meccanismi che conosciamo bene».

La situazione delle federazioni qual è?
«Se dicessi che va tutto alla perfezione sarei ipocrita, però posso dire che al novanta per cento vanno bene. Poi certo bisogna capire cosa vuol dire andare bene: avere i bilanci a posto?Portare risultati sportivi? Tante sono precise come orologi svizzeri, la stragrande maggioranza sono assolutamente perfette con implicazioni di alti e bassi legati inevitabilmente ai risultati sportivi. Poi c’è un piccolo zoccolo duro che si trascina con dei retaggi del passato ma che sta lentamente rientrando nei ranghi: però,inevitabilmente, a discapito dell’attività sportiva.Noi siamo il paese con meno laureati d’Europa, con la seconda disoccupazione d’Europa,il paese con il penultimo PIL d’Europa,ma seguiamo 387 discipline sportive: gli altri comitati nazionali chi ne segue cinquanta, chi cento, al massimo centotrenta».

Ma come mai?
«Noi abbiamo degli sport che non potete nemmeno credere che esistano. Ora, usate questo parametro,  giratelo come volete, ma nella peggiore delle ipotesi noi siamo tra i primi dieci Paesi al mondo. Poi in alcuni siamo i primi, nel tiro al volo, nella scherma. Insomma ci dobbiamo ritenere molto soddisfatti senza però mai accontentarci».

Un suo bilancio fin qui? «Dal mio arrivo a Rio 2016: abbiamo conquistato più medaglie che a Londra, in Corea abbiamo vinto più medaglie di Sochi. Quindi io sono in crescita se il parametro è quello, ma è chiaro che non possiamo essere giudicati solo perle medaglie: sarebbe sbagliato».

Basta fare il parametro con il calcio.
«Esatto, fallimento nazionale sì, ma abbiamo l’unico campionato ancora aperto in Europa. Una squadra in semifinale di , una che stava entrando in quella di Europa League. Under 17 e 19 uomini e donne qualificate ai mondiali e sono convinto che l’Italia Under 21 andrà alle olimpiadi. Il calcio femminile è in crescita».

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C’è chi dice che lei è troppo romanista.
«Mah, da quando ci sono io qui la Roma non ha vinto un ricorso, la Lazio non mi risulta che ne abbia mai perso uno. Non che io abbia meriti o demeriti in questo, diciamo che è solo una statistica. È un elemento che ti fa capire l’approccio culturale, perché in questo senso sono assolutamente laico».

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