IL TEMPO (F. M. MAGLIARO) - Due giorni fa era stato il mister, Eusebio Di Francesco, a rilanciare il tema Stadio della Roma di Tor di Valle: «La differenza con la Juve è lo stadio di proprietà. Voglio essere su questa panchina quando inaugureremo il nostro». Ieri è stato il turno di Francesco Totti che ha pubblicato un tweet molto chiaro: «D’accordo con il mister. Il nuovo stadio ci darà una grande spinta anche sul campo. Come tutti i tifosi attendo impaziente e fiducioso il via libera». In meno di 24 ore la Roma schiera due pesi massimi. Nel momento in cui il progetto sembra arenato in Conferenza dei Servizi fra la visione del Campidoglio – tutto bene così, anche senza ponte di Traiano – e quella della Regione e dello Stato – senza ponte di Traiano non c’è accessibilità e sicurezza – la Roma torna a far sentire la sua voce. Il momento è delicatissimo: ufficialmente tutti sono in attesa che gli uffici tecnici del Comune, della Città Metropolitana, della Regione e dello Stato terminino l’esame delle carte presentate. In realtà lo scontro è tecnico da un lato ma soprattutto politico dall’altro. Un momento simile a quello vissuto a cavallo fra la metà di gennaio e febbraio scorsi: in quelle settimane concitate il sindaco, Virginia Raggi, stava vivendo l’ora più buia dalla sua elezione con le indagini su Marra e sulle polizze di Romeo. E il suo assessore all’Urbanistica, Paolo Berdini, aveva chiuso con la guerra fredda al progetto, aprendo ufficialmente le ostilità con la famosa frase «l’hanno preso sui denti», riferita allo stop al progetto.
In quell’occasione, il 5 febbraio, il via fu dato anche allora dall’allenatore giallorosso: Luciano Spalletti irruppe letteralmente durante un diretta Sky e lanciò l’appello in romanesco «famo ‘sto stadio» che, il giorno dopo, venne trasformato dalla società in un hastag su twitter #famostostadio con tweet e rilanci di Totti e di tutti gli altri giocatori. La rete divenne una specie di inferno di tifosi scatenati, con ministri, tipo quello allo Sport, Luca Lotti, che rilanciarono il tema. E la Raggi, alla fine, capitolò. Complice l’intervista di Berdini a La Stampa che segnò definitivamente la rottura con il Sindaco e la fine dell’esperienza di governo capitolino dell’urbanista, la Raggi si piegò alla potenza della rete, finendo per sottoscrivere un accordo, quello del 24 febbraio, con il DG giallorosso, Mauro Baldissoni. Accordo da cui discende la nuova delibera di pubblico interesse e il conseguente nuovo progetto oggi in discussione in Conferenza dei Servizi.