IL PUNTO DEL LUNEDI' - Garanzini: "Presidenti e allenatori passano, Totti resta nella storia" - Garlando: "Ora la sfida più grande: essere soltanto un uomo"

29/05/2017 alle 18:25.
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LAROMA24.IT - Alla fine è arrivato il giorno che ogni romanista sperava di rimandare. Ieri ha disputato l'ultima partita con la maglia della Roma e dopo la vittoria per 3-2 con il si è preso giustamente la scena, strappando lacrime ai 70 mila spettatori presenti all'Olimpico e anche a chi, davanti alla tv, ha ascoltato la sua commovente lettera di commiato. L'epilogo di una carriera lunga 25 anni, di una stagione che vede i giallorossi tornare in dalla porta principale ma anche della seconda gestione , ieri sonoramente fischiato dal pubblico dell'Olimpico.

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Ecco i commenti di alcuni degli opinionisti più importanti della stampa, pubblicati sulle colonne dei quotidiani oggi in edicola.

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IL MESSAGGERO (M. CAPUTI)

Caro Francesco, non sei il solo: nessuno avrebbe voluto mai che questo fatidico giorno arrivasse. Il 28 maggio del 2017 sarà una data indelebile nella storia del calcio italiano e scolpita nei cuori di tutti. Difficile spiegare le emozioni di una domenica che ha visto contrastarsi fra loro amore, gioia, commozione e tristezza. Caro Francesco, come te faremo fatica a metabolizzare questo addio, del resto sei stato parte della vita nostra vita per 25 anni. Durante la tua straordinaria carriera, hai unito un popolo rendendolo orgoglioso e fiero, in te si è sempre sentito rappresentato. È stato un amore senza fine, forte, intenso e struggente, come nell’ultimo atto. Un sentimento senza limiti che continuerà a seguirti sempre e comunque, qualsiasi scelta tu farai per il futuro. Ciò che ti ha legato ai tuoi tifosi non è spiegabile con semplici parole. È una splendida magia, come quella che ha ispirato ogni tua giocata in qualsiasi campo del mondo che tu abbia calcato. La tua forza è stata sempre la semplicità. Quella ti ha permesso di rendere normale ciò che per gli altri era impossibile, la stessa che ti ha reso come uno di noi, il ragazzo da volere come figlio, padre, o amico. L’atmosfera ieri all’Olimpico è stata “magica” come la tua Roma, una squadra che ti ha visto crescere, da ragazzo riservato e timido fino ad ora che sei diventato uomo. Caro Francesco ci hai fatto piangere. I 65 mila dell’Olimpico, i tuoi compagni di squadra e tutti coloro che erano davanti alla tv. Non solo sei stato e rimarrai nei cuore dei tifosi giallorossi, hai ottenuto anche la stima e l’affetto sincero dei tuoi avversari che ti hanno riconosciuto campione senza confini. Nel tuo discorso hai detto che è arrivato il momento in cui si spegne la luce. Caro Francesco, ti sbagli, la luce su di te non si spegnerà mai. Ora ti attende un altro percorso, la tua vita infatti è pronta ad affrontare nuove sfide, qualsiasi esse saranno avrai sempre vicino l’amore incondizionato della tua gente.


LEGGO (R. BUFFONI)

«Io resterei qui altri 25 anni...». parla, finalmente. Lo fa al centro del campo di uno stadio Olimpico pieno di passione e di lacrime. Nemmeno lui le trattiene quando in campo entrano Cristian, e Ilary con in braccio Isabel. La sua famiglia lo è andato a prendere per mano, per accompagnarlo là dove lui non avrebbe mai voluto andare: fuori dal campo. Per sempre. Oddio, nemmeno ieri è stato chiarissimo circa il suo futuro. Ha chiesto col cuore in mano leggendo una lettera al centro del campo: «Tifosi, ora siete voi che dovete aiutare me. Perché ho paura...». È umano. Se veramente appenderà gli scarpini al chiodo lo attende una vita nuova, della quale non sa nulla, per quanto fosse stato costretto a pensarci da una società irremovibile nel considerare questo che scade il 30 giugno «l’ultimo contratto da calciatore». Accetterà di affiancare il direttore sportivo Monchi? Vedremo. Intanto la Roma chiude un’epoca durata 24 anni, più di un quarto dell’intera storia giallorossa che quest’anno batte 90. Addio , ciao . Il tecnico è stato sommerso dai fischi: i tifosi non gli hanno perdonato l’ultimo sgarbo ovvero il rinfaccio dei rigori sbagliati da 10 anni fa quando tutti ne stavano celebrando le gesta. La gente lo ha considerato un intruso, lui prossimo interista. Lo sostituirà , che troverà una Roma in ma probabilmente a un nuovo anno zero dal punto di vista tecnico. E la troverà senza , a cui ieri sono saltati i legamenti crociati del ginocchio sinistro. Il sesto infortunio del genere negli ultimi 12 mesi a Trigoria. Una vera maledizione.



IL TEMPO (G. GIUBILO)

Per il congedo del suo storico capitano, la Roma trovalaforzae la fortuna di regalargli un'uscita di scena trionfale. non giocherà più, ma i colori della Roma resteranno nel suo cuore per sempre. È stato romanzesco il finale della partita contro il , quando sembrava che la Roma avesse lasciato per strada tutto il suo gruzzoletto: diretta, un secondo posto prezioso, mentre il passeggiava sulle macerie della Samp, quando a rimettere le cose a posto è arrivato il gol a tempo scaduto di , che ha consentito al di raccogliere l'ennesimo applauso di sortita, con la sua squadra brava nel centrare il traguardo prezioso del posto d'onore alle spalle della , che non lascia nulla ai rivali. A Francesco, regala una mezzora abbondante di presenza in campo, mai insignificante e sempre accompagnata dal supporto corale di un pubblico che non ha dimenticato i suoi gol, il suo contributo ai trionfi e soprattutto la sua storia irripetibile. Ha tremato a lungo, la Roma, al cospetto di un che ha onorato fino all'ultimo l'impegno, mettendo spesso in difficoltà i giallorossi. Ma forse non c'era miglior modo per celebrare un quarto di secolo di fedeltà del della storia. Tutto in pochi attimi, dalla quasi disperazione del secondo pareggio del , al miracolo di , nei panni di prezioso risolutore. Doppia festa peri tifosi, che hanno celebrato il suo con un sostegno che non ha mai registrato flessioni, consentendogli alla fine di festeggiare sotto la , quella Curva tante volte abbracciata in questi 25 anni. Forse non è casuale che ci sia stato un simbolico passaggio di consegne con la fascia di che ha ereditato firmando una rete fondamentale. E dunque, c'è un lieto fine anche nel passo d'addio di . Soltanto lui è stato capace di salire al numero uno tra i calciatori italiani di tutti i tempi. Ha meritato di lasciare il calcio, almeno quello giocato, da protagonista. È uscito accompagnato dall'abbraccio di Ilary e dei suoi figli, ed è stato un momento di commozione per tutti i settantamila accorsi all'Olimpico per salutare l'ultima esibizione, come sempre elegante e produttiva, del suo storico : 25 anni di fedeltà alla maglia, senza cedere alle tentazioni di sirene dal nome illustre.



GAZZETTA DELLO SPORT (L. GARLANDO)

La fede e l'amore. Sono questi i soli registri possibili per interpretare il rapporto -Roma, le chiavi esclusive per raccontare una parabola umana irripetibile. Francesco ha vestito il 10 giallorosso come fosse il saio di una vocazione unica e definitiva. Ha amato la Roma come non esistesse altro al mondo. Al Dio che preghi e alla donna che adori non imponi condizioni e non chiedi nulla in cambio: ti basta la loro esistenza, vivi di quella. ha chiesto spesso alla proprietà acquisti più degni, ma non ha mai condizionato la sua permanenza al mercato. E Roma non ha mai tarato l'affetto per Francesco sul numero dei gol e dei successi. Per 25 anni la Roma e hanno vissuto felici una dell'altro, semplicemente paghi dell'esistenza reciproca. Sono già nati calciatori più forti di , ne nasceranno ancora, ma non è mai esistita e non esisterà più una simbiosi così profonda tra un campione e il suo popolo. Ieri l'Olimpico ha celebrato questa unicità. Sa benissimo Francesco che in altri contesti tecnici, con altri stimoli e una diversa cultura del lavoro, avrebbe arredato il salotto con Palloni d'Oro. Ma se in qualche angolo del cervello gli erano rimaste schegge di rimpianto, sono state sciacquate via dalle lacrime dell'Olimpico. Hanno pianto tutti: donne, bambini, omoni che mai avresti sospettato di una commozione pubblica. Questo affetto è la sua . Ora sa definitivamente che ne è valsa la pena. Per la sua gente ieri Francesco ha fatto un passaggio di schiena, ha difeso una palla alla bandierina e poi si è tolto il saio. Ora la sfida più grande: essere soltanto un uomo.



LA REPUBBLICA (M. CROSETTI)

E' stata una piccola morte piena di tantissima vita, una cosa mai vista, un ingorgo meraviglioso di sentimenti e ricordi, lacrime e sguardi, soprattutto sguardi. Migliaia di occhi gonfidi pianto ne hanno cercati due più gonfi ancora. Mai così, mai, per nessuno. Una cerimonia indimenticabile riscatta la gestione scellerata di un addio, e c'è mancato poco che si rovinasse tutto: ci hanno provato in parecchi. Ma adesso è come se ognuno di noi che amiamo questo pallone come l'oggetto più bello che ci hanno consegnato da bambini, potessse abbracciare non solo ma tutto il tempo che la sua presenza ha scandito, ben oltre il tifo, intanto che si viveva, si facevano figli, si amavano persone e luoghi, si guardavano partite di calcio, si stava bene e si stava male. Anche se è impossibile non invidiare almeno un poco Roma, e i romani, per quello che hanno avuto. O forse bisogna solo dire grazie a questo ragazzone ironico e buono, fragilissimo nella sua forza. «Adesso ho paura». Dirgli buon viaggio ovunque sarà, comunque sia. La prospettiva è storica, la dimensione di più. Nel momento del suo lunghissimo addio, e pare incredibile che si sia consumato davvero, esce dal "maledetto tempo" che ha provato a ingannare, spesso riuscendovi, e si sistema accanto a Meazza e Piola, Gigi Riva e Rivera, Zoff e Roberto Baggio ma anche con Pelè, Cruyff, Maradona, i patriarchi della grazia e della bellezza. Perché il calcio è molto di più. Forse nessun calciatore italiano in ogni epoca è mai stato più completo e assoluto di lui, unico anche nella fedeltà a una storia d'amore, a una città, a una maglia che ieri si è tolto per sempre. E dev'essere stato come scorticarsi, come un San Bartolomeo a cui abbiano strappato la pelle. Ma tutto quello che perde lui non è nulla in confronto a tutto quello che ha dato a noi. Uno così, semplicemente, mai più. E adesso bisognerebbe capire quale futuro ci consegna il campionato senza più , il torneo appena finito con la meno padrona del solito, la Roma possente e diseguale, il magnifico ma ancora troppo vulnerabile, l'Atalanta fresca di idee e gioventù, la Lazio che si nomina poco rispetto alla forza che ha saputo costruire. Capire come si possa colmare la distanza tra i bianconeri, a caccia dell'Europa e poi del settimo scudetto consecutivo, e il resto del gruppo. A occhio, solo e Roma potranno provarci davvero nella stagione mondiale, non raramente atipica. Però pesano le parole calde di , che si augura che la Roma non venga smantellata ( ha usato proprio questa parola ) e che dubita che il nuovo allenatore possa fare meglio di : frasi come ombre, se pronunciate dal nuovo capitano.



LA STAMPA (G. GARANZINI)

Un'ora spaccata. Tanto è durato l'ultimo capitolo del fantastico romanzo di Francesco Tatti. Dalle 19,15 quando per l'ultima volta è entrato in campo, alle 20,15 quando si è finalmente sciolto in pianto tra le braccia di moglie e figli che gliel'hanno asciugate a fatica. La Roma è in . Tatti nell'Olimpo dei grandi. Poi è cominciato lo show sul prato dell'Olimpico. In cui gli ingredienti del kitsch c'erano tutti, dribblati uno dopo l'altro dalla classe di un ormai ex-campione che se la cava col microfono quasi come con i piedi. Uno stadio intero in lacrime, come da noi non si era mai visto. La voce di Bergomi, rotta a sua volta dall'emozione, che dice «Io mi alzo in piedi». Proprio come stavamo facendo tutti noi nelle nostre case, al di là delle passioni di parte, perché che per tanti anni ci aveva divisi alla fine era riuscito ad unirci, noi della tribù del pallone. E mi è tornato in mente Bearzot nei suoi ultimi mesi difficili, anzi crudeli, la volta che gli chiesi se almeno di tanto in tanto gli fosse rimasta la voglia di vedere calcio. D'istinto rispose no, ma la tazzina di caffè restò a mezz'aria segno che doveva pensarci meglio. Difatti da lì a poco aggiunse che non era del tutto vero: guardo giocare , scandl con il filo di voce che gli restava, è rimasto l'ultimo che mi dà gioia. Sono passati più o meno sette anni. Non è, anzi ormai non era più quel Tatti. Nei 44 minuti della sua ultima esibizione ha fatto fatica, qualche pallone l'ha perso, su un assist aereo di , simile ha quello che ha trasformato nel gol decisivo, non è riuscito a metterci il corpo. Ma alla fine, quando si trattava di far passare il tempo, la palla è andato a lui a surgelarla sulla linea di fondo, più impacciato di un tempo eppure efficace come allora. E poi che fenomeno sia, sia stato, lo aveva già dimostrato prima riuscendo innanzitutto a rompere il fiato in quello stadio che era 11 tutto per lui, ben prima che per la Roma. Sapendo che anche stavolta aveva tutto da perdere e ben poco da guadagnare, se la Roma avesse perso il secondo posto: e riuscendo comunque a vincere un'emozione ambientale che avrebbe sopraffatto chiunque, e che lui è riuscito a gestire. Con tutto il rispetto gli passano, i invece pure. resterà nella storia del nostro calcio dalle parti dei Meazza, dei Rivera e dei Riva, senza dimenticare i Buffon e gli Zoff.

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