LEGGO (F. BALZANI) - Sette, come i re di Roma o le meraviglie del mondo. Come i peccati capitali o i pianeti terrestri in orbita attorno a Trappist-1. Sette sono anche le gare che dividono Spalletti da un domani pieno di dubbi, e la Roma dalla speranza di poter riprendere la Juve e cambiare il senso non solo di una stagione, ma di una gestione. Sette partite: Atalanta, Pescara, Lazio, Milan, Juve, Chievo e Genoa. Sottolineata in rosso ovviamente la sfida del 14 maggio coi bianconeri all'Olimpico. Recuperare 6 punti in 7 gare è impresa ardua anche per una squadra che nel girone di ritorno ha fatto più punti della capolista.
Negli ultimi 30 anni è riuscita solo al Milan di Zaccheroni nel 1999, alla Juve di Lippi nel 2002 e alla Lazio di Eriksson nel 2000 (9 in 8 gare). Nel frattempo bisogna respingere l'assalto del Napoli. «L'accesso in Champions è fondamentale per restare competitivi», ha ribadito ieri Baldissoni all'assemblea degli azionisti. Il 2° posto però basterebbe a convincere Spalletti a restare? Una risposta ancora non c'è, ma qualche schiarita sul futuro sì. Alla Roma piace tantissimo Sarri, ma la pista più concreta si chiama Roberto Mancini, l'unico big svincolato. Amico di Baldissoni (che lo avrebbe voluto per il dopo Zeman), cliente dello studio Tonucci, ex compagno di squadra di Baldini (al Bologna nel 1981-1982) e avvistato proprio al Dall'Ara domenica. È vero che in Emilia Mancini è di casa, ma è anche vero che vederlo parlare con Totti e prendere appunti proprio durante il tourbillon di voci su un suo passaggio in giallorosso fa riflettere.
Contatti ce ne sono stati, e la cifra percepita oggi da Spalletti (3,5 milioni) andrebbe più che bene all'ex interista. Così come andrebbe bene la rosa, ovviamente al netto di una cessione illustre e del lavoro in entrata di Monchi. A giorni, forse a ore è previsto il suo arrivo nella capitale e il primo colpo dovrebbe essere Kessie. Un lavoro che potrebbe essere facilitato, in termini di gestione del budget, da un'altra entrata corposa. Due club cinesi, infatti, avrebbero messo gli occhi su Dzeko. E la cifra si aggirerebbe sui 40 milioni, gli stessi offerti a gennaio alla Fiorentina per Kalinic. Certo, vendere il capocannoniere della rosa non sarebbe un grande inizio. Ma a 31 anni, con una plusvalenza triplicata e la possibilità di dare la caccia a un'altra grande punta la cessione sarebbe meno indolore. Da convincere c'è il giocatore che in caso di arrivo di Mancini però ritroverebbe l'allenatore col quale ha vinto la Premier col City nel 2012. «Sto ascoltando varie proposte - ha detto ieri il Mancio - Gli allenatori sono quelli che pagano per primi. Quindi la squadra devo farla io, non uno che viene dall'altra parte del mondo».