Antonella Leardi: "Non odio, ma la prova più dura è guardare in faccia De Santis"

24/05/2016 alle 17:44.
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IL MATTINO (D. DE CRESCENZO) - «Voglio e pretendo giustizia per mio figlio. Lo ripeto dal giorno in cui è stato ferito, quando lui era ancora vivo io già chiedevo giustizia e ho continuato a farlo senza sosta per questi due infiniti anni» : Antonella Leardi, la mamma di Ciro Esposito non ha mai smesso di combattere. Con compostezza, con serenità, ma senza mai demordere. Da quel 25 giugno di due anni fa, quando al capezzale del figlio morente, disse forte e chiaro: «Nessuno osi essere violento nel nome di Ciro», non ha rinunciato a una occasione per ribadire il suo messaggio d'amore, ma anche per chiedere giustizia. Non ha mai perso un'udienza del processo che vede imputato Daniele e oggi sarà ancora in aula, per l'ultima volta, con il marito Giovanni che udienza dopo udienza le è sempre stato accanto.

Oggi, finalmente la sentenza. Come affronterà questa giornata?
«Sono psicologicamente stanca. lo sono stata sempre in aula, non ho saltato nemmeno un'udienza. Ma sopportare tutto questo non è stato facile. È stato duro rivivere infinite volte quello che è successo a mio figlio Ciro, tutto quello che ha sofferto e che ha dovuto sopportare. Adesso sono stremata».

É riuscita a guardare in faccia l'uomo che è accusato di aver ucciso Ciro?
«Guardare in faccia Daniele sapendo che lui ha strappato mio figlio dalla vita, dagli amici e dalla mia anima è stata la prova più dura da superare».

Lo odia?
«Odio è un vocabolo che non capisco. Io conosco solo l'amore altrimenti fin dal primo momento avrei reagito diversamente».

Lei crede in Dio. Questo la ha aiutata nei due anni passati dalla morte di suo figlio?
«Certamente. È la fede che non mi fa odiare. lo sono evangelica e ho avuto in dono la fede in Dio, è stato un regalo che continua a sostenermi ogni giorno e che mi aiuta ad andare avanti».

Non odiare però non vuol dire perdonare...
«Lo ripeto: non odio, ma chiedo a gran voce " Giustizia". L'assassino deve essere condannato. ll mio Dio è un Dio di amore, ma anche di giustizia. Nessuna condanna mi riporterà Ciro, ma una sentenza giusta sarà d'esempio e di monito per le altre persone che rischiano di sbagliare. Se non c'è Giustizia siamo rovinati».

Nei giorni scorsi ci sono stati altri scontri a Roma. Quello che è successo a suo figlio non ha insegnato niente?
«Mi sembra di aver capito che anche in questo caso non ci sia stata la necessaria presenza delle forze dell'ordine. Lo Stato deve proteggerci: quando è morto mio figlio Ciro là non c'era nessuno a difenderlo. Chi organizza il servizio d'ordine deve essere più presente e anche più severo: non si può andare a una partita e essere ferito o ucciso. Continuerò a dirlo: non posso accettare che mio figlio sia morto a causa della passione per la sua squadra»

Dopo la morte di Ciro c'è stata una grande commozione. In questi anni qualcuno le è rimasto vicino?
«C'è una città che mi è vicina: in questi giorni ho ricevuto tanti messaggi. Tutti dicono di pregare Dio e chiedono Giustizia. Tutti mi chiedono di non mollare. Sembra quasi che tutti questi pensieri siano stati scritti da una sola mano»

Ha più incontrato i tifosi del che accorsero in massa ai funerali ?
«Si, il 3 maggio quando hanno fatto una coreografia per mio figlio Ciro e poi ogni volta che arrivo allo stadio qualcuno mi saluta, mi abbraccia, mi stringe la mano. lo non sono mai stata appassionata di calcio, ma vado sempre alle partite perché voglio continuare a vedere quello che vedeva mio figlio. E' una passione che non mi appartiene, ma oggi per me è un dovere testimoniare che si può andare allo stadio solo per gioire e senza odiare nessuno».

Le inchieste stanno dimostrando che il calcio è anche corruzione...
«Molti hanno mollato proprio per questo. Quella per il calcio è una passione che ti fa passare sopra a molte cose, ma la corruzione in quel mondo è veramente imperdonabile».

Lei si disse subito convinta che Daniele non avesse agito da solo. È rimasta della stessa idea?
«Certamente anche perché me lo ha raccontato mio figlio Ciro prima di morire. Quando i ragazzi stavano correndo per difendere i tifosi del bus aggredito dai romanisti, subirono l'assalto delle persone nascoste nello stesso locale dove si trovava anche Daniele . Dai filmati, d'altra parte, si vedono i petardi che volano. Credo che perché sia fatta pienamente luce e tutti paghino dovremo ancora batterci a lungo. Io e la mia famiglia siamo pronti a farlo»

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