LA REPUBBLICA (M. PINCI) - Chissà che futuro ha letto nel fondo del caffè. Quello che Francesco Totti ha sorseggiato ieri mattina insieme al presidente della Roma James Pallotta: impossibile andarsene senza incontrare il capitano, deve essersi detto il numero uno americano della società quando, alle 22 di giovedì, ha alzato il telefono per chiamarlo. «Francesco, domani fai colazione da me?». Detto, fatto. Appuntamento alle 9 di mattina, la smart di Totti parcheggiata sul marciapiede, piazza del Popolo alle spalle, soltanto loro due e l’interprete al tavolino dello Stravinskij bar all’hotel De Russie: una mezz’ora senza intermediari per guardare al futuro, della squadra ma soprattutto del capitano romanista.
Perché il 30 giugno scadrà il contratto che lo lega alla Roma, e i venti di Trigoria raccontano come l’ipotesi di un addio non sia mai stata tanto plausibile. «Ma io mi sento ancora un calciatore», ha spiegato Totti al presidente, che a dire il vero la sua linea l’ha sempre dichiarata: «Finché ha voglia di giocare la Roma sarà casa sua». Per affrontare concretamente l’ipotesi di un eventuale prolungamento del contratto per un’altra stagione i due aspetteranno però di capire se le intenzioni del capitano sul futuro saranno rimaste le stesse, dopo il rientro dall’infortunio che lo ha fermato il 29 settembre (il club dovrà anche risolvere la questione allenatore). «D’ora in poi dell’argomento parliamone io e te», l’invito del presidente dandogli appuntamento tra gennaio e febbraio: Pallotta sarà nuovamente in Italia per presentare le integrazioni al sempre più intricato progetto stadio. E Totti avrà un’idea delle proprie sensazioni al rientro in campo: sempre che il solito tendine del flessore, stanco e sfilacciato, non faccia scherzi. Vorrebbe essere convocato già per l’ultima del 2015 contro il Genoa, ma eviterà di correre rischi.
Ma se i tifosi sembrano più interessati al rientro di Salah - ieri ospite di una scuola, invitato da Roma Cares a parlare di rispetto e uguaglianza - Pallotta ha idee diverse. Sa bene che Totti è molto più di un calciatore: un brand, un uomo copertina (quante maglie riuscirebbe a vendere la Roma senza il suo nome?), un business vivente, oltre che una memoria storica. Per questo, a poche ore da un Napoli-Roma già da dentro o fuori, il presidente ha voluto parlare con lui di tutto ciò che non va nella squadra. Gli ha chiesto, tra l’italiano e l’inglese, della sua opinione riguardo Garcia e il suo rapporto con la squadra, delle problematiche nell’organico, dell’integrazione dei tanti giovani. Mr President gli ha proposto di aiutarlo a inserirsi nelle dinamiche di gruppo e si è confrontato con lui su ciò che non funziona (lo aveva fatto anche con Dzeko). Hanno discusso del famigerato ambiente e gli ha domandato come ritrovare lo spirito vincente. Poi i saluti: Totti li porterà anche ai compagni, visto che da Trigoria Pallotta non passerà nemmeno stavolta. Più urgente forse incontrare, dopo aver deposto le armi dialettiche con cui si erano scontrati, il prefetto Gabrielli: 25 minuti cordiali, anche se i problemi dell’Olimpico e dell’abbandono dei tifosi la Roma dovrà risolverli con la questura. In questi mesi proporrà al capo di gabinetto Massucci soluzioni per migliorare la sicurezza, con l’obiettivo di arrivare a rimuovere le barriere della discordia che hanno diviso la curva. Non prima però del prossimo campionato.