Derby di Roma, il deserto del burocrate

09/11/2015 alle 15:12.
cura-sud-vuota

IL FATTO QUOTIDIANO (A. PADELLARO) - In quel Cern di cervelli fumanti che è il Viminale di Angelino Alfano, dopo l'avvenuto derby Roma-Lazio, il superprefetto col botto Franco può orgogliosamente rivendicare la scoperta delle "Bomba N" dell'ordine pubblico: quella che cancella le persone e lascia intatti i problemi.

Non è stato un compito semplice ma la ricetta vincente del brillante burocrate si basa su poche ma fulminanti idee. Primo: alimentare un clima di stato d'assedio, come se il problema non fosse limitato a "un numero infinitesimale" (parole sue) di agitatori travestiti da tifosi, ma sulla Capitale stessero invece per calare le orde sanguinarie dello stato islamico. Secondo: mettere in riga l'informazione di terra, di cielo e di mare diffondendo attra-verso plotoni di microfoni allineati e coperti un semplice concetto: l'emergenza è grave, anzi gravissima, ma, tranquilli, il dream-prefetto vigila insonne sulla sicurezza dei cittadini. Terzo: schierare intorno allo Stadio Olimpico, migliaia tra poliziotti, carabinieri, finanzieri, vigili urbani, pompieri, artificieri, sommozzatori, guardie cinofile e campestri, insomma la più grande e munita armata dai tempi dello sbarco in Normandia.

Ma, statene certi, neppure il generale Eisenhower avrebbe potuto raccoglierei risultati ottenuti dal prefettissimo. I quartieri intorno all'Olimpico sono stati espugnati strada per strada ottenendo la totale desertificazione dell'area. All'interno dello stadio solo poche migliaia di spettatori (individui, probabilmente, senza fissa dimora) minuziosamente filtrati, perquisiti e controllati onde evitare che fossero introdotti nell'impianto militarizzato, pericolosi corpi contundenti come bicchieri di carta e stelle filanti. Mentre sugli spalti, corpi speciali opportunamente mimetizzati vigilavano per impedire il levarsi di cori territorialmente discriminatori, e infatti l'incontro si è opportunamente svolto in un religioso silenzio.

La descrizione fatta è solo apparentemente ironica. Ieri, per la prima volta da quando a Roma è nato il calcio, un evento di enorme impatto popolare, il Derby della Capitale, è stato trasformato nella morte del calcio. Poco male, si dirà, di fronte ai problemi ben più
gravi che deve affrontare il paese, ma è appunto pensando a questi più gravi problemi che vengono i brividi. Dall'inizio del campionato, come molti sanno, è in atto lo sciopero delle curve di Roma e Lazio dopo la creazione, su ordine prefettizio, all'interno delle curve stesse di barriere metalliche che, tra l'altro, hanno tolto il posto a numerosi tifosi che avevano già pagato l'abbonamento. Nella protesta, fino ad oggi, silenziosa dei gruppi organizzati c'è sicuramente della pretestuosità. Ma che la prefettura non abbia mosso un dito per evitare l'incancrenirsi della cosa, è sotto gli occhi di tutti. Per esempio: se nelle due tifoserie i sobillatori maleintenzionati sono, come sostiene l'autorità, poche decine, tutti peraltro noti alle forze dell'ordine, perché non si è provveduto a fermarli in tempo, visto che lo strumento del Daspo a questo serve? E invece assistiamo a un'esibizione muscolare che, non sappiamo quanto inconsapevole, serve a portare acqua solo a chi vuole trasformare i tifosi, in fuga dagli stadi, in clienti delle tv a pagamento. A Roma la politica è ridotta male assai, ma la gestione della cosa pubblica (e delle passioni ad essa connesse) è troppo importante per lasciarla nelle mani di qualche burocrate desideroso solo di farsi bello.