LA REPUBBLICA (M. MENSURATI - F. TONACCI) - La Roma non parla, il diretto interessato non parla, nessuno dice niente. E questo silenzio ermetico, in fondo, è la più eloquente delle reazioni alla notizia, pubblicata da Repubblica , sul coinvolgimento del Ceo della Roma Italo Zanzi nell’inchiesta dell’Fbi sul Fifa Gate, quella che è costata la poltrona al numero uno del calcio mondiale Sepp Blatter. Nelle carte raccolte dal Federal Bureau of Investigation il nome di Zanzi — che al momento non risulta tra gli indagati — torna molte volte. Del resto è inevitabile, avendo egli lavorato per quattro anni a fianco dei due rei confessi e pentiti: Jack Warner, ex presidente della Concacaf (Confederazione del calcio nord e centro americano e caraibico) e vicepresidente della Fifa, e Chuck Blazer ex segretario generale della Concacaf e presidente della federazione calcio degli Usa. Il primo è quello la cui foto con la benda da pirata e un’infermiera in grembo ha fatto il giro del mondo, il secondo è quello che dopo essere uscito su cauzione è stato colto da un malore durante un festino in suo onore. Della Concacaf, Zanzi è stato dal dicembre 2007 fino a ottobre del 2011 dirigente di spicco: vice segretario generale e vicepresidente con delega al marketing e ai diritti tv, due argomenti al centro esatto del terremoto che ha travolto il calcio mondiale. Il 2008, per dire, è anche l’anno della tangente da 10 milioni versata dal Sudafrica alla Concacaf sul conto di Warner. Con loro, al tempo, lavorava anche un altro dirigente, anche lui oggi alla Roma, Manuel Manolo Zubiria, esperto di marketing e diritti tv.
Il rapporto tra Zanzi e i due impresentabili della Fifa era strettissimo. Agli atti, ad esempio, vi è la minuta di una lettera che un infuriato Blazer voleva inviare a Warner. Per sicurezza, però, prima la sottopose al suo uomo di fiducia, Italo Zanzi. Riguardava una divergenza tra i due circa una richiesta avanzata dal presidente della Confederazione Asiatica Mohamed Bin Hammam. Per capire la delicatezza del passaggio occorre sapere che Bin Hammam, nato in Qatar, è stato squalificato a vita dalla Fifa per aver corrotto, proprio nei giorni in cui questa discussione via mail aveva luogo, i membri della Concacaf. E Warner e Blazer in particolare. Cosa sapeva Zanzi di tutto questo? E come finì la vicenda?
Di eccessi da dittatori caraibici coi soldi altrui, la coppia Blazer & Warner ne aveva moltissimi. Warner passerà alla storia di Trinidad e Tobago per aver fatto finanziare dalla Fifa, al costo di 25 milioni di dollari, il “centro di eccellenza Joao Havelange”, con stadio, piscina, palestra, e persino una sala per le cerimonie religiose, la “Sepp Blatter Hall”. La gente del posto l’affitta per celebrare matrimoni e comunioni. Nel realizzarla —su terreni di sua proprietà, e con appalti dati a società sue — Warner aveva dimenticato di intestarla alla Fifa, o alla Concacaf. E la intestò a se stesso. Possibile che Zanzi, che con Warner lavorava quotidianamente, non si accorse di nulla? Eppure, stando almeno a quello che si diceva di lui in quegli anni negli Stati Uniti, era uno degli avvocati più rampanti sul mercato, tanto che nel 2006, il partito Repubblicano lo candidò al congresso nel primo distretto di New York. Sarebbe interessante conoscere i ricordi di Zanzi relativamente a un altro tema, sollevato dai pignoli investigatori della Fifa. L’uso della carta di credito aziendale. Scrivono gli 007 federali in un rapporto del comitato etico: «Dal 2004 al 2011 (vale a dire buona parte del tempo in cui Zanzi è stato in Concacaf) Blazer ed altri dirigenti della confederazione hanno utilizzato carte di credito aziendali che erano collegate al conto riconducibile a quello aperto dalla Concacaf a Blazer per un totale di 26 milioni di dollari». Erano gli stessi anni in cui Blazer girava per New York e Miami su un Hummer lungo 6 metri che aveva comprato come “auto aziendale” e «sul quale portava in giro colleghi dirigenti della Concacaf ». Oltre al costo dell’acquisto alla Fifa, quello scherzo costava 600 dollari al mese di parcheggio. Possibile che Zanzi non si fosse accorto di nulla, nemmeno delle palazzine che Blazer comprava alle Bahamas con i soldi della Concacaf? Possibile, per carità, però a questo punto che lo dicesse pubblicamente. Giusto per essere più credibile quando, a nome della Roma, si batte in Lega Calcio o in Federazione per modernizzare il calcio italiano e per liberarlo da soggetti impresentabili, come direbbe il suo presidente Pallotta.