IL MESSAGGERO (S. CARINA) - Ha forzato la mano e ha perso. Rudi Garcia, dopo essersi praticamente autoinvitato sabato scorso al summit che si terrà oggi a Londra tra il presidente Pallotta e la dirigenza, non sarà invece presente. Rimarrà a Parigi, dove è arrivato nella giornata di ieri. La decisione (clamorosa) è del club che ufficiosamente fa trapelare come non è stata ritenuta necessaria la presenza del tecnico al vertice, perché «le questioni che saranno ivi discusse non interesseranno la figura dell’allenatore bensì la programmazione tecnica, il marketing, l'organizzazione della tournée estiva, lo stadio, il budget, alcuni cambiamenti negli staff tecnico e medico (torna a circolare il nome di Alfonso De Nicola che affiancherebbe un responsabile scelto da Pallotta)».
Confidenze che sono in evidente contrasto sia con le convinzioni sbandieriate dal tecnico ma ancor di più con quelle del ds Sabatini che non più tardi di tre giorni fa, dopo aver confermato il francese «al 100%», aveva certificato la sua presenza a Londra: «Rudi? C'è sempre stato in questi incontri programmati». In realtà nemmeno lo scorso anno Garcia (più sconcertato che furioso per l’esclusione) fu presente al meeting di fine stagione tenutosi a New York. Stavolta però la sua assenza fa molto rumore. Anche perché la spiegazione addotta dal club, appare come il tentativo di normalizzare una situazione che è sfuggita di mano ai diretti interessati nel momento del j’accuse di Rudi («Siamo la quinta forza economica della serie A»; «Dobbiamo vendere prima di comprare»; «L'importante è come si spendono i soldi»; «La Juventus è irraggiungibile»), chiaramente studiato a tavolino.
RUDI DEPOTENZIATO - Il club, sorpreso e irritato, con questa decisione ha voluto ristabilire agli occhi esterni il rapporto proprietà-dipendente. E pensare che l’incontro nella City doveva servire invece per riequilibrare i rapporti di forza e avere più voce in capitolo sul mercato. Che qualcosa iniziasse a scricchiolare attorno al tecnico era evidente dalle dichiarazioni di gran parte dello spogliatoio e dalle scelte sin qui prese dalla società. A partire dalla decisione di sostituire il fidato Rongoni con Darcy Norman che appena 12 mesi fa, era stato accantonato proprio a favore del preparatore atletico ex Lazio. Ma le divergenze tra le parti erano chiare anche sul mercato. Garcia non vede di buon occhio la linea verde e chiede di spendere meglio i soldi? Primo acquisto il baby Sergio Diaz (costo 6 milioni più 2 di eventuali bonus per il 70% del cartellino) che Trigoria la vedrà (forse) tra un anno. Il tecnico indica in Mavuba e Ayew due parametri zero per rafforzare la rosa? Il primo Sabatini non l’ha mai preso in considerazione, l’altro è bloccato da oltre un mese ma resta almeno per le prossime ore ancora in stand-by. E come se non bastasse, il pupillo di Rudi, Gervinho, è il primo nome sulla lista dei partenti.
SCENARI - Due domande lecite: 1) Conviene tenere un allenatore depotenziato agli occhi della squadra e della piazza? 2) Garcia resterà alla Roma? All’ultimo quesito, se non si vuol dare credito alle parole di Sabatini che lo ha confermato al 100%, si può confidare sull’ingaggio del tecnico sino al 2018: 17 milioni lordi. Troppi per pensare ad un esonero. Dunque, Garcia (che non ha una squadra dietro) o si dimette (ipotesi per ora remota) oppure resterà gioco-forza a Trigoria. Anche perché i due candidati alla successione (Conte ed Emery) non sono liberi e il terzo, che solletica il ds (Mazzarri), sarebbe un nome difficile da far accettare alla piazza. L’altra domanda invece cade nel vuoto, in attesa delle prime difficoltà (inevitabili in una stagione) del prossimo anno. Al netto delle rassicurazioni che non tarderanno ad arrivare sull’ottimo rapporto che vige tra società e tecnico, più passano i giorni e più la situazione di Garcia ricorda da vicino vicende passate, molte delle quali vissute a Roma. Qualche esempio? Spalletti («Si naviga a vista»), Ranieri («Ci avete tirato fango addosso e non lo dimenticheremo. Ricordatevelo, perché noi ci ricorderemo di voi»), Capello («Se non arriva Davids, si lotterà per il quarto posto») e Conte («Non si può mangiare in un ristorante di lusso con 10 euro») prima dei rispettivi addii. Alcuni immediati, altri solamente ritardati di poco. Ora la palla passa ai diretti interessati: scrivere un finale diverso dipende solamente da loro.