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Ultrà Roma minacce ai calciatori "De Rossi nega le violenze ma il video lo smentisce"

01/05/2015 alle 16:06.
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LA REPUBBLICA (R. CAPPELLI/L. D'ALBERGO) - Tre gol e tutti nei primi 21 minuti di gioco. Tanto basta per far esplodere la . È il 19 marzo scorso, all'Olimpico si gioca la Roma-: una partita decisiva, perdendo la quale la squadra giallorossa uscirà dalla Europa League. E i tifosi, con quelle reti disonorevoli e a raffica, vanno fuori di testa. Non è ancora finito il primo tempo che in tanti addirittura se ne vanno. Non era mai successo. Appare uno striscione. La scritta è emblematica: "La Roma s'è rotta er cazzo. A presto". Epperò a dieci minuti dalla fine della partita, gli spalti vuoti della tornano a riempirsi. La squadra viene sommersa di fischi. Gli ultrà chiamano i giocatori. Li convocano, neanche fossero i giudici di un improvvisato tribunale popolare. E loro, in testa, si avvicinanoai tifosi. Litigano. Urlano. Un capo ultrà strilla imbufalito, il capitano ascolta a testa china. Un coro intona: "A lavorare, andate a lavorare".

La rabbia è tanta, in questa stagione disgraziata, e ora c'è anche la paura che la supremazia cittadina ceda il passo e il trono ai cugini biancocelesti. E allora eccole le minacce: «Se vi fate superare dalla Lazio, veniamo a prendervi uno per uno a casa». Una minaccia, lo raccontano i volti allucinati dei senatori giallorossi, concreta. Tanto che le forze dell'ordine, carabinieri e polizia, nei giorni successivi decidono di sentire i giocatori più rappresentativi. Il Viminale si proclama subito infastidito per aver assistito alla scena di sottomissione e il della Roma, oltre che consigliere federale, chiede che partano subito indagini e zero tolleranza verso la soluzione di far parlare tifosi, spesso ultrà, e giocatori, nei momenti di tensione. La Figc si era fatta carico del problema annunciando sanzioni per i club che si sottopongono al processo degli ultrà. Ma poi non se n'era fatto niente. E così ecco che, dopo quelle parole dure che qualcuno cerca di negare, proprio conferma in toto quanto accaduto sotto il settore più caldo della tifoseria romanista esi dimostra come sempre collaborativo. A turno tutti raccontano che il centrocampista bosniaco , il primo a fare ritorno negli spogliatoi, è stato colpito in testa da un accendino. Convocato però in Bosnia per giocare in nazionale, in quei giorni non potrà essere ascoltato. Tra le tante testimonianze, poi, c'è quella di Daniele . Romano, romanista e con un passato da giovane tifoso proprio in , "Capitan futuro" è considerato dalle forze dell'ordine come uno dei pochi a poter dialogare con i tifosi. Gli ultrà lo hanno coccolato e difeso anche nei momenti più bui, in campo e nella vita privata. Il 16 marzo, tre giorni prima della contestazione, gli dedicano anche uno striscione durante Roma-Sampdoria: "Il nostro amore oltre le malignità... DDR condottiero della à". Così, quando tocca al nazionale azzurro parlare davanti ai carabinieri e alla polizia, arriva una versione che stona al confronto con quella dei compagni. ridimensiona le minacce e racconta di una normale discussione tra giocatori e tifosi. Ma per gli investigatori, ci sarebbe un video che confermerebbe invece la versione dei suoi compagni di squadra.

Intanto gli inquirenti identificano quattro tifosi di età compresa tra i 22 e i 28 anni che non solo hanno esposto striscioni contro la madre di Ciro Esposito nel corso dell'ultimo , ma che avrebbero fatto parte del gruppo degli ultrà autori delle minacce del 19 marzo. D 20 aprile P. D., P. G., D. G. e S. N. sonostati iscritti nel registrodegli indagati. Due di loro hanno precedenti per violenza e minacce a pubblico ufficiale, rapina e lesioni e sono un gruppo caratterizzato dalla comune militanza politica di estrema destra. Presto, però, alla lista degli indagati potrebbero aggiungersi nomi. Dopo anni di Daspo potrebbeessere arrivata la stagione degli arresti. Tra i quattro che hanno ricevuto lo stop della per gli striscioni, ci sono ragazzi collegati a CasaPound. Che ormai sembrerebbe "pescare" proprio in le sue nuove leve.

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