LAROMA24.IT - La Roma perde a San Siro, ma trova nel pareggio casalingo (1-1) della Lazio con il Chievo un motivo di speranza nella rincorsa al secondo posto, che ora ha un nuovo pretendente: il Napoli, vincente 4-2 contro la Sampdoria e ora a -2 dai giallorossi e -3 dai biancocelesti.
Ma nel week end calcistico c'è stato spazio anche per la follia: bombe carta e sassaiole prima del derby di Torino e minaccie condite con i pugni al termine di Atalanta-Empoli.
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Ecco i commenti di alcuni degli opinionisti più importanti della stampa, sulle colonne dei quotidiani oggi in edicola.
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IL TEMPO (G. GIUBILO)
Qualche figura decente nelle coppe europee, e subito tutti pronti a estrarre da armadi polverosi l'abito della festa, a celebrare la rinascita del calcio italico. Di quale sia la realtà non parla purtroppo, soltanto qualche risultato sul campo, l'immagine da offrire al mondo rimane quella della teppa che usurpa i nostri stadi. Dopo venti anni, il Toro ritrova la vittoria nel derby, in campo esemplari comportamenti di tecnici e giocatori, sulle tribune piove perfino una bomba carta, obbligando agli straordinari gli ospedali torinesi. No, non c'è proprio nulla da celebrare. Non è la sola sorpresa del pomeriggio, anche se non intacca il largo margine della capolista. Anche perché la forza d'urto della Capitale fa seguire alla disfatta della Roma, la frenata della Lazio, che guadagna un punto sui rivali cittadini ed è sola al secondo posto, ma fallisce il primo dei tre match points che il calendario le proponeva. (...) E dunque l'umore di Roma si fa più cupo, guardando nello specchietto retrovisore il Napoli, ma anche la Sampdoria, scontro diretto nella notturna del San Paolo, che lascia scorgere orizzonti di Europa vera. Un autogol illude i liguri, poi una papera di Viviano riporta l'equilibrio, quando si scatena Higuain la storia finisce, il Napoli a due punti dalla Roma e a tre dalla Lazio. (...)
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IL MESSAGGERO (M. CAPUTI)
Una tranquilla domenica di follia: bombe carta, minacce, pugni e i risultati del campo. In questo week end il calcio italia non si è fatto mancare nulla. Non ci sono parole per quanto accaduto nel derby di Torino, dopo episodi come quelli, infatti, si parla sempre troppo: ci s’indigna, si scaricano le colpe e si promettono sanzioni, poi tutto passa fino ad un nuovo inquietante fatto violento. La domanda è una sola: come fa un ordigno a entrare in uno stadio? Diverso ma altrettanto grave l’agguato a Tonelli negli spogliatoi di Bergamo. Le versioni parlano di insulti e di pugni, qualunque sia la verità questa va accertata e ne devono seguire sanzioni pesanti. Alla follia degli episodi violenti si aggiunge, e menomale, quella dei risultati del campo. A sei giornate dal termine, scudetto a parte, può succedere di tutto perchè dietro la Juventus, sconfitta dopo vent’anni dal Torino, ogni pronostico rischia di essere ribaltato. Solo tre giornate fa il Napoli era a nove punti dal secondo posto della Roma, criticato, eliminato dalla Coppa Italia e spedito in ritiro dal suo presidente. Ora, travolta la Sampdoria, la squadra di Benitez vola a suon di reti insidiando prepotentemente le due romane: il secondo posto è tutto da giocare. Lazio e Roma nelle ultime due gare hanno ottenuto un solo punto: un pareggio e una sconfitta. Per le due squadre i momenti sono evidentemente differenti, simili però possono esserei rimpianti. La Lazio è seconda ma con il Chievo ha perso un’enorme opportunità. Non bastano le assenze a giustificare il passo falso, ora che le responsabilità aumentano e i tre punti pesano come macigni, è fondamentale saper gestire e amministrare le situazioni, dimostrando maturità. La rete di Klose era un tesoro da custodire. La Roma di occasioni ne ha perse tante, ha visto svanire occasioni e punti nonostante le dichiarazioni d’intenti dei protagonisti. I problemi sono evidenti ma, a questo punto, si potranno risolvere il prossimo anno, ora servono spirito di sacrificio, unità e meno parole per salvare la stagione.
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LA GAZZETTA DELLO SPORT (U. ZAPPELLONI)
Il calcio sarà anche lo sport più bello del mondo, ma continua ad essere frequentato da troppi «fucking idiots», per dirla alla Pallotta, uno che non ha avuto paura di rendere pubblici i suoi pensieri. Sassaiole contro il pullman della Juve, bomba carta contro i tifosi del Torino, scene da Far West nello spogliatoio di Bergamo dopo Atalanta-Empoli. Nulla in confronto a quello che è accaduto a Belgrado, dove il derby tra Stella Rossa e Partizan ha prodotto una cinquantina di feriti e 40 arresti. Ma non è il calcio serbo con cui dobbiamo paragonarci. Almeno per quanto accade fuori dai campi. In una tranquilla domenica di campionato, senza alte tensioni da classifica, il nostro calcio ha prodotto una serie di incidenti che ci fanno ripiombare nel buio pesto dopo i fuochi d’artificio di metà settimana quando avevamo portato tre italiane nelle semifinali del calcio europeo, tre italiane tra le otto belle d’Europa. Dai, che ci stiamo rialzando, veniva da dire giovedì sera. Invece, ecco la domenica che non ti aspetti, anche se con i «fucking idiots» in circolazione, tranquilli non si può e non si potrà mai stare. Non ci sono parole, anche le più estreme, che possano giustificare chi va incontro ad un pullman armato di sassi e chi va allo stadio con una bomba carta nello zainetto. Che cosa c’è di più grave di una bomba carta portata all’interno di uno stadio e fatta esplodere nella curva avversaria? E poi ci meravigliamo se alla partita non ci vanno le famiglie: tra un po’ non ci andranno più neppure i tifosi…
(...) Ma ad essere necessaria oltre alla durezza della pena deve essere anche la certezza. Chi risulterà colpevole di aver portato una bomba all’interno dell’Olimpico di Torino, dovrà avere la certezza di una condanna penale e di non poter più entrare in un impianto sportivo in vita sua. Ma soprattutto ci vuole una volontà comune di chi comanda nel calcio per fare piazza pulita. E per dare il buon esempio. Come si fa a giustificare un proprio giocatore che prende a pugni un avversario? Come si fa a dire che chi ha tirato sassi e bombe è stato provocato? Fermiamoci prima che sia troppo tardi. E che negli stadi rimanga davvero solo qualche inutile idiota.
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IL CORRIERE DELLA SERA (M. SCONCERTI)
Gli incidenti di Torino riportano il calcio ai problemi violenti dentro lo stadio. Da un po’ non accadeva. Le bande ultrà si sono scelte il loro porto franco a uno o due chilometri dalla vecchia cattedrale. La polizia controlla a distanza, limita l’euforia da battaglia, cerca di non allargare la macchia. Ma nello stadio si era raggiunta una specie di pace armata. L’improvviso incidente di Torino forse è solo frutto del contatto tra tifosi avversari, ma forse è un segnale che la piccola lunghissima guerra è entrata in una nuova fase. Stanno accadendo cose insolite. L’assalto al terreno di gioco del Varese, l’ingresso negli spogliatoi del Cagliari, gli incidenti di Bergamo con querela fatta e poi ritirata, la fase di lotta degli ultrà romanisti contro la presidenza americana, oggi questo episodio di un tempo vecchio. C’è qualcosa di diverso che messo insieme racconta una fase nuova. Molto difficile l’interpretazione, ma l’impressione è quella di una fase in cui il tifo ultrà si sente in difficoltà. È come se una generazione fosse passata nel tifo ultrà, come se troppi dei vecchi fossero ormai con le spalle al muro e i giovani non sappiano dove andare. Ricominciano dall’assalto ai pullman delle squadre oppure s’inventano raid sui campi di gioco, senza difesa. Non è un successo della giustizia, qualunque reato comune resiste del resto da quando è stato inventato il mondo. Ma c’è qualcosa di nuovo e più confuso nella battaglia odierna. C’è violenza, non c’è più organizzazione. È stato sottovalutato quanto successo a Bergamo. L’Atalanta per la prima volta ha denunciato i responsabili, poi ci ha subito ripensato. Ma gli ultrà per la prima volta hanno chiesto un dialogo, accettato condizioni, segno che erano stati colpiti. Ci siamo trovati davanti al primo «patteggiamento» degli ultrà con il calcio. L’Atalanta è scappata in fretta, ma ha trovato qualcosa che li metteva spalle al muro, una denuncia diretta. Si può sorridere della punizione, servire i pranzi della Caritas, ma non del significato. Per la prima volta gli ultrà sono tornati indietro, hanno chiesto scusa, forse hanno anche minacciato, ma erano loro in difficoltà, loro a chiedere, non a pretendere. La dura presa di posizione di Pallotta a Roma ha forse fatto il resto. C’è qualcosa di cui i teppisti hanno finalmente paura: finire dentro un carcere ma soprattutto finire fuori dagli stadi.
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LA REPUBBLICA (G. MURA)
La violenza, rieccola. Fuori dagli stadi, dentro, ancora più dentro, negli spogliatoi. Sassaiole al pullman della Juve, lancio di bombe carta dalla zona del tifo juventino a quella del tifo granata (11 feriti, 5 arresti). In campo, il derby vinto dal Torino è stato avvincente, emozionante e molto corretto. (...) Non succedeva da vent'anni. Ai giocatori nulla si può rimproverare. Tra l'altro, è una sconfitta che alla Juve un po' brucia, ma non fa molto male. Lo scudetto è suo, ha altro di più grande a cui pensare. Quindi, strette di mano ai vincitori e alla prossima. Questo è sport. Non è sport organizzare una moderna versione delle forche caudine e avere per bersaglio il pullman della Juve. Non lo è mai, da nessuna parte. È un'antica e cattiva abitudine. Per una mattonata al pullman dell'Inter, in tempi ben lontani dagli scudetti tolti di qua e dati di là, la Juve fu punita con uno 0-2, perché il mattone sfondò il vetro e colpì Marini. C'erano vetri semplici, allora. Ora, doppi. Nessun danno agli occupanti. Danni, sotto forma di ferite da schegge, dopo il lancio di una bomba carta. Poteva andar peggio? Sì, ma non è una consolazione. “Chi porta i bambini allo stadio è un folle”, ha detto amaramente Allegri. A questo dobbiamo rassegnarci? A considerare uno stadio come una zona a rischio? In realtà, folle è chi lancia bombe carta, chi va allo stadio come andasse alla guerra, contro chi ha la divisa di un altro colore. Sarebbe un utile segnale se Juve e Torino si costituissero parte civile contro i lanciatori. E i lanciatori, una volta identificati, non se la cavassero con un daspo.
La violenza a Torino era cominciata all'ora di pranzo, il classico scontro tra opposte fazioni (di imbecilli tutti orientati nello stesso modo, diverse solo le sciarpe). Ma dentro lo stadio hanno una luce più cupa. Non sono gli impianti nuovi, più comodi, a dissuadere i delinquenti. Molti, ingenui o affaristi, in questi anni costellati di grandi e piccole violenze hanno confuso il contenente con il contenuto. Ma ai talebani del pallone nulla importa della bellezza architettonica e di quella del gioco. Un impianto modello, si diceva del nuovo stadio della Juve. Già, ma come mai ci entrano le bombe carta? Sono un po' più grandi d'una caramella, e assai più pericolose. Distrazione o, peggio, collusione? Tavecchio dice che questo a memoria sua è l'episodio più grave. Ha la memoria corta. E Cairo, che parla di festa rovinata dai non tifosi? Non sono alieni sbarcati da una lontana galassia. Sono tifosi che delinquono o delinquenti che tifano, non cambia molto. L'esempio di Pallotta non è seguito. Peccato. La violenza di Bergamo è circoscritta e non ha contorni chiari. Mancano le voci dei protagonisti, Denis che ha sferrato il pugno e Tonelli che l'ha preso in faccia. Il terzo uomo, Cigarini, non si sa se fosse con Denis come accompagnatore o come palo. Nemmeno l'Atalanta nega che Denis abbia colpito, in uno sbrigativo regolamento di conti. Denis non è uno che perde facilmente la testa, come Pinilla. L'ha persa perché Tonelli avrebbe minacciato di morte lui e la sua famiglia. Uso il condizionale perché mi sfuggono i motivi della minaccia. (...)
Delle prime sei ha vinto solo il Napoli. (...) Ora vede molto più da vicino le due romane ed è certamente la squadra più in forma. La Lazio non è riuscita a battere il Chievo, coriaceo anche se salvo. Una cornacchia audace ha disturbato il volo dell'aquila Olimpia. Era un presagio. (...)