GASPORT (A. CATAPANO) - I soldi, certo. Ma forse a monte c'è un problema di filosofia. Che Pallotta e Parnasi non vogliono (possono?) afferrare. Almeno, fino a questo punto non lo hanno fatto. E non hanno dato ancora alcun segnale in tal senso. Nemmeno martedì, quando Marino e i suoi assessori Caudo (Urbanistica) e Pucci (Lavori pubblici) hanno dovuto registrare un nuovo passaggio a vuoto del progetto stadio, eppure il giorno prima il sindaco, ancora una volta, si era esposto: "Ci aspettiamo una versione molto avanzata del progetto esecutivo". E invece Mark Pannes, braccio destro di Pallotta e capo operativo del progetto, sul tavolo ha messo la solita buona volontà. Ma i fatti che interessano al Comune li ha lasciati, ancora una volta, in Texas. E a questo punto, in Campidoglio, più di qualcuno comincia a chiedersi se mai arriveranno a Roma. E del resto, come biasimare un'amministrazione che fino ad oggi ha mostrato la stessa incrollabile fiducia in un progetto che invece ha già registrato più di un intoppo?
CHI PAGA? I fatti che reclama la Giunta Marino riguardano sostanzialmente, ancora una volta, le opere pubbliche, cioè l'elemento che fin dai primi contatti con il Comune ha rovinato i piani di Pallotta e Parnasi. La storia è nota: i proponenti erano convinti di potersela cavare con poco, poi col passare dei mesi hanno scoperto che il sindaco faceva sul serio, e alla fine di una faticosa trattativa, pur di ottenere dalla Giunta il bollino di "pubblica utilità", hanno dovuto accettare di far lievitare le opere di interesse pubblico fino alla quota di 300 milioni circa, di cui duecento riservati a quelle considerate "strategiche", perchè dovranno adeguare le infrastrutture del quadrante Tor di Valle (e quindi non saranno economicamente sfruttabili): prolungamento della metro, collegamento alla Roma-Fiumicino, ponte pedonale fino alla stazione ferroviaria, unificazione di Via del Mare e Ostiense. E ora il Comune chiede che queste opere, unitamente allo stadio, siano inserite nella prima fase del progetto esecutivo, per un totale di 500 milioni, e pertanto che Pallotta e Parnasi siano già in grado di dimostrare chi e con quali soldi provvederà, e in quanto tempo. Se non soddisferanno questa richiesta, non avranno l'ok del Campidoglio, e lo stadio si fermerà li. Per l'altra parte del progetto, che invece i proponenti consideravano prioritaria, si potrà anche attendere.
MENTALITA' Ecco dove emerge la questione filosofica. Lo stadio della Roma non è più solo un problema di tempi, che pure rischiano fortemente di rinviare la posa della prima pietra al 2016, ma di mentalità: Pallotta e Parnasi devono convincersi che la "pubblica utilità" dell'opera è la vera conditio sine qua non. E purtroppo per loro, costa pure tanti soldi