Stadio Roma, Marino: "Sono convinto, quest’anno poseremo la prima pietra"

02/01/2015 alle 10:20.
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GASPORT (A. CATAPANO) - Un anno, ma per me ne sono passati dieci...». In effetti, chi vorrebbe stare al posto di Ignazio Marino? Il sindaco - chirurgo o per qualcuno, con sprezzo, il sindaco - marziano. Certamente, il sindaco più maltrattato d’Italia. Nessuno stupore, quindi, di come abbia archiviato il 2014: nuovo braccio di ferro con i vigili urbani, assenti in massa dai servizi di Capodanno, ed ennesima stucchevole polemica, stavolta sui sanpietrini (per chi non ne ha mai sentito parlare: blocchetti di leucitite utilizzati per realizzare il lastricato stradale di alcune vie del centro storico di Roma). «Tranquillizzo tutti — chiarisce —: non sono in vendita, li toglieremo dalle vie trafficate per ricollocarli in zone pedonali, anche nelle periferie». Fossero i selci i problemi della città. Dall’inchiesta sulla Mafia capitale all’esplosione di rabbia delle borgate, dai cronici problemi di viabilità alle montagne dei rifiuti, nell’anno appena trascorso Roma è passata dalla «Grande bellezza» di Sorrentino alla grande amarezza di chi la vive tutti i giorni.

Sindaco Marino, sarà per questo che i romani hanno accolto con freddezza la notizia della candidatura all’Olimpiade del 2024?

«È evidente che l’emersione di “Mafia Capitale” abbia generato scetticismo: anche per questo il primo compito di chi lavorerà a Roma 2024, noi per primi, sarà trasmettere ai cittadini la certezza che i Giochi non saranno l’ennesima occasione di spartirsi denaro per interessi privati, ma una chance per il rilancio urbanistico e ambientale della città. Guarderemo a Londra 2012, che ha saputo coniugare l’organizzazione di un evento spettacolare con la ricucitura del tessuto urbano e la valorizzazione di intere aree».

Tradotto per i romani?

«Significa che attraverso l’Olimpiade innalzeremo la qualità della vita dei cittadini. Non espanderemo la città senza creare le infrastrutture necessarie, ma consolideremo l’edificato esistente e miglioreremo i servizi. Io immagino una città che ripari alcune sue ferite (ad esempio la Vela di Calatrava a Tor Vergata, una delle più grandi incompiute del Paese) e completi il percorso verso una viabilità da capitale europea, passando dagli attuali 978 veicoli privati per mille abitanti ai 350 di Londra. Migliorare la qualità della vita significa avere dei tempi di percorrenza prevedibili, essere sicuri, ad esempio, di arrivare dai Castelli ai Parioli in 42 minuti».

Lei ha detto che l’Olimpiade 2024 dovrà «disegnare la città dei nostri figli». Che significa?

«Dovremo trasformare Roma in una città a misura di bambini, in cui lo sport sia un elemento centrale, per i suoi valori educativi e la sua capacità di creare comunità. Ecco perché l’impegno sportivo concreto che prendo con la città è creare impianti polifunzionali in ogni municipio».

Scelga una definizione per Roma 2024.

«Ne scelgo due: sogno un’Olimpiade a misura d’uomo e bella. Ancor più bella di Roma 1960».

Lei aveva solo cinque anni...

«Ma ho due ricordi indelebili: i muscoli tesi di Berruti sul traguardo dei 200 e i piedi scalzi di Bikila sotto l’Arco di Costantino. Mi piacerebbe che il cuo- re del 2024 fosse negli stessi magici luoghi del 1960».

Ma oggi i romani le chiedono molto più che un paio di suggestioni olimpiche...

«Nessuno ne è consapevole quanto me. Nel bilancio di previsione del 2015, che abbiamo approvato qualche giorno fa ripristinando una legalità anche contabile, c’è tutto quello di cui ha bisogno la città: più trasporti, decoro, servizi. La mia Giunta non soffre di annuncite, ma parla con i fatti. E vi dico una cosa: sono convinto che i romani comincino ad apprezzare questo rigore. La prima volta che andai a Tor Sapienza, nei giorni caldi della protesta, venni assalito. Un mese dopo, ci sono tornato e sono stato coccolato e invitato a pranzo. Da quella vicenda una cosa l’ho imparata: devo essere più presente nelle periferie, che con me diventeranno nuove centralità».

Eppure, fino a due mesi fa, lei era considerato un pericolo pubblico. Senza «Mafia Capitale» chissà se sarebbe ancora al suo posto...

«Non mi sentivo “inadeguato” prima e non mi sento “salvatore della patria” ora. Certo, sono orgoglioso di aver individuato, fin dal mio insediamento, quelle aree di grande opacità che l’inchiesta coordinata da Pignatone ha rivelato essere di vero e proprio malaffare. Le intercettazioni ambientali pubblicate nelle 70.000 pagine dei Ros parlano per me. Quando fui eletto sindaco, per prima cosa chiesi al ministro dell’Economia di inviare in Campidoglio la Guardia di Finanza perché controllasse tutta la contabilità della gestione Alemanno. Anche i romani, quando mi incontrano, mi fanno: “A Mari’, menomale che il problema era la Panda rossa...”».

Lo era anche per il suo partito, il Partito Democratico. Si fida ancora?

«Certo! Ne sono stato un fondatore e continuo a guardarlo come uno strumento per migliorare la vita della città e del Paese. È indubbio che io abbia un percorso diverso da alcuni autorevoli membri del Pd. Ma era noto anche quando mi candidai alle primarie, anzi il mio profilo di “rottura” allora fu ritenuto funzionale. Io andrò avanti con la stessa deter- minazione con cui da ragazzo sognavo di diventare chirurgo dei trapianti del fegato, in un Paese in cui nessuno ci aveva mai provato».

Con quella stessa determinazione può convincere i romani (non solo i romanisti) della necessità di un altro stadio a Roma, nella zona di ?

«Facile: muoverà un miliardo e mezzo di investimenti e solo nella fase di realizzazione darà lavoro a tremila persone. Sarà lo stadio più sicuro e tecnologicamente più avanzato del pianeta Terra. E a chi ci accusa di aver regalato metri cubi ai costruttori, ricordo la lunga trattativa che abbiamo fatto (e vinto) con il presidente della Roma Pallotta, facendo salire il valore totale delle opere pubbliche a 320 milioni di euro e la quota di chi ci arriverà con il trasporto su ferro al 70%. Sono convinto che quest’anno poseremo la prima pietra e nel 2017 lo inaugureremo».

Intanto, continueremo a vivere attimi di paura e quartieri militarizzati intorno all’Olimpico prima, durante e dopo le partite di Roma e Lazio?

«Mi auguro di no. La tragedia di Ciro Esposito deve essere un punto di non ritorno. Ai romanisti e laziali che l’11 gennaio vivranno il derby faccio un appello: il giorno dopo fateci legge- re solo delle gesta dei giocatori in campo».

Ma Ignazio Marino ha altre passioni sportive oltre alla bicicletta?

«Le immersioni in mare e le escursioni in montagna. Quest’anno punto ad arrivare in vetta al Monte Ro- sa». Proprio un’esistenza in salita.