GASPORT (A. CATAPANO) - La «sfida titanica», come la definisce, non sarà costruire lo stadio, ma togliere argomenti ai «professionisti del “ma tanto”, quelli per cui “tanto a Roma non siamo capaci”, “tanto le opere pubbliche non si faranno”, “tanto ci vorrà un secolo”. Ecco, cambiare questa mentalità è la vera rivoluzione. Se ci riusciremo — e mi auguro che lo stadio serva proprio a centrare questo risultato —, Roma diventerà una città affidabile per gli investitori stranieri e continuerà a vivere. Se falliremo, finirà per morire». La chiarezza è una delle qualità immediatamente percepibili di Giovanni Caudo. Per spiegarci perché il Comune abbia ritenuto fondamentali per l’interesse pubblico quelle opere infrastrutturali fatte inserire nel progetto di Parnasi e Pallotta, prende carta e penna e in pochi secondi improvvisa una cartina della zona Tor di Valle. «Vede? Di qua c’è la Roma-Fiumicino che porta alla Magliana, di là la via del Mare che porta all’Eur. Grazie allo stadio saranno collegate e faranno risparmiare ai romani tempo e chilometri. Non è “pubblica utilità” questa?». Origini siciliane, due figli, architetto, professore universitario, assessore all’Urbanistica e Trasformazione urbana della Giunta Marino, giusto ieri presentata in Campidoglio nella sua nuova versione: «Ho 12 capicantiere al mio fianco», ha detto il sindaco rivolgendosi ai suoi assessori. Non sappiamo se lo sia per gli altri, ma certamente per Caudo l’espressione è calzante. «Condivido il traguardo fissato da Marino: disegnare una città nuova, migliore, la città dei nostri figli. A questo serviranno lo stadio della Roma, e speriamo, l’Olimpiade 2024».
Però, assessore Caudo, per approvare la delibera di pubblica utilità in Consiglio comunale ci sono voluti 109 giorni, sommati ai 98 che avete impiegato in Giunta fanno 207. E Pallotta ha fatto intendere che se non ci fosse stata l’inchiesta su “Mafia Capitale”...
«Ve lo dico subito, la avremmo approvata lo stesso. Magari con un percorso più tortuoso, ma ce l’avremmo fatta. Duecento giorni per un’opera tanto complessa sono un record. Vorrei ricordare che in questo lasso di tempo la proposta di Parnasi e Pallotta, che abbiamo analizzato con rigore e siamo riusciti a migliorare grazie ad una negoziazione, sottolineo, sempre trasparente, è passata al vaglio di cinque assessorati, delle commissioni, della Giunta, di tutti i capigruppo, anche dell’opposizione, dei Municipi interessati, dell’Assemblea».
Eppure, continuano a piovervi addosso critiche e accuse di ogni genere. Lei le ha definite “bugie”. La prima: lo stadio della Roma sorgerà su un’area a rischio esondazione.
«Questa è la bugia più fastidiosa. L’Autorità di bacino ha attribuito all’area il rischio 3, lo stesso del quartiere Flaminio. L’unica zona a rischio 5 è a Decima, che non ha nulla a che vedere con lo stadio ma per cui noi abbiamo chiesto ai proponenti la messa in sicurezza del Fosso di Valleranno con un investimento di 5 milioni di euro. Quindi, la questione è ribaltata. Decima non sarà più una zona a rischio esondazione».
La seconda: lo stadio porterà altro cemento su suolo agricolo, in un’area inedificabile...
«Questa è la più clamorosa. Noi non consumiamo un grammo di agro romano, ma trasformiamo una zona dismessa. L’area è già catalogata come “verde per attrezzature sportive” ed è edificabile per 112.000 metri quadri. Perciò, le servirà solo una variante per incrementare i metri edificabili».
Ok, ma accordate a Parnasi il triplo dello spazio: da 112 a 354.000 metri quadri, di cui 305mila per il Centro direzionale e 49mila per lo stadio. «La legge sugli stadi richiede l’equilibrio economico e noi ci dobbiamo augurare che il centro direzionale riuscirà a sostenerne i costi. Nella proposta iniziale Parnasi individuava opere infrastrutturali per 270 milioni di euro e si impegnava a coprirne 50. Per tutti gli altri, chiedeva quasi 400mila metri quadri di compensazioni edilizie. Noi a quei 270 milioni ne abbiamo aggiunti una cinquantina per il prolungamento della Metro B, ma gli abbiamo riconosciuto compensazioni “solo” per 195 milioni, scendendo dai 400mila metri quadri richiesti ai 242.000 attuali, che portano il totale dell’area edificabile a 354.000 metri quadri. In sostanza, abbiamo aggiunto opere pubbliche che serviranno a tutti i cittadini e tolto metratura a Parnasi».
Il partito del “ma tanto” prevede che le opere pubbliche non saranno mai completate in tempo per lo stadio...
«Ma noi abbiamo posto ai proponenti un vincolo preciso, che verrà inserito nella Convenzione urbanistica: finché le opere richieste — il prolungamento della Metro B, la riunificazione di Ostiense e via del Mare, lo svincolo della RomaFiumicino, il ponte pedonale, la messa in sicurezza del Fosso di Vallerano — non verranno completate, lo stadio non otterrà l’agibilità. Quindi, è interesse di Parnasi e Pallotta realizzarle in tempo. E un vincolo, lo ricordo, lo abbiamo posto anche sulla proprietà dell’impianto: se il contratto tra lo stadio e la Roma si interromperà prima di 30 anni, andrà pagata una penale di 167 milioni. Pochi?».
A proposito di soldi, ma quanti ne serviranno per ottenere l’Olimpiade 2024?
«Se pretendiamo di competere sul budget, perdiamo in partenza. Se, invece, recuperiamo la grande bellezza di Roma, non abbiamo rivali. La città dovrà rimettersi in gioco per l’Olimpiade. Non avremo bisogno di costruire cattedrali, ma di recuperare quello che abbiamo. Flaminio, Olimpico, Foro italico, ripartiamo da lì».