CORSERA (L. VALDISERRI) - Metterci la faccia: «Nello scorso campionato mi è capitato di andare in campo anche quando non stavo bene. Se non potevo giocare con le gambe al 100 per cento, come mi sarebbe piaciuto, giocavo con la faccia. Vedevo che con me in campo i miei compagni erano più tranquilli e i miei avversari più preoccupati». E metterci la faccia un’altra volta: «La moviola in campo? No, perché farebbe ancora più casino. Contro la Juve il mio non era rigore, me ne sono accorto subito. Potevo protestare con l’arbitro, certo, ma cosa sarebbe cambiato? Ho pensato di fare come contro il Manchester City, quando mi hanno fischiato un rigore a metà perché Aguero è stato furbo a lasciarsi andare quando lo avevo trattenuto un po’, e due minuti dopo ho quasi spaccato la traversa con un tiro. Non posso pensare che l’arbitro sbagli apposta, tutti cerchiamo di fare al meglio il nostro lavoro. Cerco di pensare dove abbiamo sbagliato noi, sapendo che contro la Juve gli errori li paghi di più rispetto a un’altra squadra. Detto questo, gli errori dell’arbitro hanno condizionato il risultato finale».
«Sta scherzando? Per me è il più bello. Il più competitivo. Ho giocato in Brasile, in Francia e in Inghilterra e mi creda: qui è il massimo».Cosa le piace così tanto?
«I tifosi. La passione. All’Inter ho vinto tutto e tanto l’ho vinto contro la Roma, che era la nostra grande rivale. Quando sono arrivato non pensavo di essere accolto così bene, di diventare subito un beniamino dei tifosi romanisti. I tifosi sono la parte migliore del calcio».E allora che cosa non le piace del calcio?
«Ci sono troppo facce di m… Quando finisco di giocare dico basta con il calcio. Non farò l’allenatore né altro. Per due anni me la godo in assoluto, poi ho altre idee».Cosa risponde a chi dice che il Maicon che se la gode ha rischiato di finire prima la carriera?
«Due cose. La prima: ho lavorato tantissimo per arrivare dove sono arrivato e si vive una volta sola. La seconda: io rispetto tutti, sia quelli che vanno in chiesa sia quelli che vanno a donne».Dunga la pensa allo stesso modo?
«Hanno parlato tutti, io non parlo della Seleçao. Anzi, le dico una cosa. Dopo la semifinale di Belo Horizonte, persa 7-1 con tro la Germania, volevo rimanere chiuso in casa per un mese. E invece i tifosi brasiliani mi hanno consolato. Allo stadio abbiamo preso i fischi che meritavamo, poi anche chi ci aveva fischiato ha capito quello che dicevo prima: si cerca sempre di fare al meglio il proprio lavoro. A volte non ci si riesce proprio».
Totti da avversario e Totti da compagno di squadra. Che differenze?
«Da avversario ti fa infuriare, appena lo tocchi… Da compagno di squadra ti dà un sacco di vantaggi. È stato il primo a venirmi a salutare quando sono arrivato in ritiro, un anno fa. Da uomo lo ammiri: ha dato la vita per la Roma, la sua unica squadra. Di quanti giocatori al mondo puoi dire lo stesso?».
Mourinho e Garcia: somiglianze e differenze?
«Mou lavora più sulla testa e Garcia più sul campo. Di simile hanno la capacità di spiegarsi con poche parole e nel calcio la sintesi è molto importante».
Milano o Roma?
«Roma per il sole, ma quando smetto torno in Brasile».
Ha votato alle elezioni o voterà al ballottaggio?
«No. La politica è parole e promesse. In Brasile se non voti ti danno una multa e io ogni volta che torno a casa la pago. Farò così anche questa volta».
Sedici aprile 2010, Inter-Juventus 1-0: uno dei suoi gol più belli sarà decisivo per lo scudetto dell’Inter, con la Roma seconda. Come può farselo perdonare dai tifosi giallorossi?
«Mourinho ci disse in spogliatoio: se vinciamo questa abbiamo vinto lo scudetto e così è stato. Chissà, magari farò un gol altrettanto importante per la Roma. Credo che se dovessi vincere lo scudetto qui, con la passione che vedo intorno, dovrò davvero chiudermi in casa per un mese. Ma per la gioia questa volta».
Per lo scudetto è soltanto Juve contro Roma?
«Per ora il campionato dice questo. Siamo le squadre più forti».
E per la Champions?
«La penso come Garcia. Abbiamo fatto tanta fatica per arrivarci e adesso dobbiamo godercela. La Champions è un’esperienza unica. Mi ricordo ancora la prima partita, la musichetta. Quest’anno ci siamo allenati a Trigoria con il pallone ufficiale della Champions, l’ho fatto vedere a Paredes e gli ho detto: vedi come è rotondo! Il calcio è il pallone».
Una carriera da Maicon. Sarà un peccato smettere.