Gli astrattisti

16/05/2019 alle 23:03.
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LR24 (AUGUSTO CIARDI) - Chi decide le sorti della Roma è colui che davanti allo scarabocchio di un bambino di tre anni sgrana gli occhi credendo che sia un quadro di Kandinskij, in cui ricercare l’armonia che unisce musica e pittura, o di Mondrian, intuendo le ispirazioni cubiste e teosofiche che inducono al rifiuto della natura così come viene proposta ai poveri comuni mortali. Noncurante del fatto che trattasi soltanto dello scarabocchio di un bambino, di una sbaffata di colori, di una macchina di latte e Nesquik che sporca il foglio di carta. Organizza simposi di nicchia basati sul vago, e se ti azzardi a mostrare, a lui e ai suoi sodali, la bellezza del quadro raffigurante un suggestivo tramonto, tutti insieme ti guarderanno dall’alto in basso come nessuno dovrebbe permettersi di guardare nessuno altro, e ridendoti in faccia con sufficienza ti diranno che non capisci un cazzo. Capiscono tutto loro. Sanno tutto loro. Dalla torre d’avorio che si sono costruiti ancora più noncuranti del fatto che la stessa rappresenta la loro prigione. E, purtroppo oramai è acclarato, la prigione dei tifosi della Roma che iniziano a urlare un dissenso che essi stessi si guadagnano attraverso scelte improvvide e non coraggiose, scelerate e mai programmatiche.

Coraggioso è chi affronta senza nascondersi le situazioni più delicate con tempismo e reattività, mantenendo nervi salvi e piedi piantati in terra. Programmatica è la decisione presa con linearità. Loro sono distanti. Non perché dislocati in vari angoli del mondo, che sembrano sempre di più nascondigli e sempre meno centri di potere. Sono distanti perché tremendamente fuori luogo in uno sport che prevede contatto, non solo in campo, ma anche nella gestione quotidiana. Si sentono superiori, infallibili, mai passibili di critica. Se devono tornare sui propri passi, lo fanno scaricando il barile sul capro espiatorio di turno, che sia un allenatore da avvicendare o un dirigente da defenestrare. Che fino al giorno prima apparentemente difendevano a spada tratta. Apparentemente. Perché in realtà stavano soltanto negando i propri errori. La Roma delocalizzata, a Trigoria non decide. Bisogna aspettare l’ispirazione scapigliata dell’ideologo, che con una smorfia di fastidio partorisce stramberie, che è costretto a occuparsi nei ritagli di tempo di una consulenza per chi ogni tanto si palesa per esonerare un tecnico, in ritardo, o per sparare qualche parolaccia all’indirizzo di qualcuno. Nel frattempo gli anni passano, gli altri vincono, si organizzano, e la Roma nei momenti cruciali finisce sistematicamente in balia di chi si vanta di ragionare in modo differente. La Coppa Italia? Ovvove! Ancova con questi tvofei minovi! E via dicendo.

L’astrattismo nasce nel periodo dell’industrializzazione. Da una parte la massa, che anche attraverso la diffusione della fotografia conferiva tangibilità a ciò che il mondo gli mostrava. Dall’altra parte, anch’essi dislocati in vari angoli di continente, i pittori stanchi e annoiati dalla solita arte, che reinterpretavano soggettivamente deformando i contorni di ciò che riproducevano. Fino a rendere impossibile da descrivere le tele che macchiavano con gli acquerelli.

In the box - @augustociardi

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