LR24 (AUGUSTO CIARDI) - C’era una volta il calcio con due punte più o meno centrali. Non dobbiamo tornare al 1959, settanta anni fa, quando il Quartetto Cetra narrava le gesta di Spartaco cantando Oh oh oh oh che centrattacco. Parliamo del calcio che si poteva permettere Pruzzo e Iorio, e poi Pruzzo più Graziani, oppure Paolo Rossi e Bettega, o Careca e Giordano. Il calcio prima dell’esasperazione tattica, quello che nel tempo ha mortificato il trequartista, obbligato i difensori centrali a esercitarsi da registi di reparto, annichilito le alette che scartavano i terzini (pardon, gli esterni bassi), sostituito la prima punta col falso nueve perché “l’attaccante è lo spazio”. Verrebbe voglia di andarci, nello spazio. Magari là gioca ancora Bruno Conti lanciato da Falcao per saltare come birilli gli avversari, finta e controfinta, cross, Maurizio Iorio da Milano va sul secondo palo, perché se non la prende di testa il Bomber che va sul primo, magari un altro attaccante in area (pardon, che aggredisce l’area) può sempre fare comodo.
Torniamo sulla terra. Anno 2019. Settanta anni dopo Spartaco protagonista di Che centrattacco. Che ci vai a fare in area, a stanziare in area, lascia che accorrano i centrocampisti, rigorosamente muscolari, e che l’unico attaccante previsto faccia a sportellate, accorci, si prodighi in sponde, disturbi il primo portatore palla avversario, sia il primo difensore della squadra. Poi se segna tanto meglio. Maledetto Guardiola, fenomeno della panchina, già nel Gotha degli Ernst Happel, dei Liedholm, di Sacchi e di Ferguson. Pep alla catalana, orgasmo sportivo. I suoi migliaia di figli si rifanno a lui, provano a emularlo, molti, troppi, lo scimmiottano. Accade sempre. Nella musica esistono le cover band. Nel calcio, i cover coach. Peccato che manchino i Messi, gli Xavi, gli Iniesta. Fa niente. Tu aggredisci (gli spazi), dai e vai, inserisciti, entra in porta col pallone. Non azzardarti ad andare sul fondo per crossare (tanto non troveresti nessuno in area pronto a saltare). Fortunato Chierico a nascere nel 1959, oggi farebbe la fame. Poco più che quarant’anni e sentirsi vecchio. Non Chierico. Il sottoscritto. Che del Quartetto Cetra a malapena ricorda la morte di Tata Giacobetti, nel 1988.
Sacchi stava cambiando il calcio, creando i primi danni, padre involontario dei primi cover coach. Sentirsi vecchio e in minoranza. Per il semplice motivo di sognare, convinto assai, che Dzeko e Schick possano persino giocare insieme. Blasfemia! Uno finalmente in ascesa, l’altro da riproporre affinché torni meraviglioso protagonista. Eresia! Due punte a intasare l’area? E poi chi si allarga per rincorrere i terzini (pardon, gli esterni bassi) avversari? E i cursori di mediana (un tempo chiamate mezzali) cosa aggrediscono? La Roma ha trovato, speriamo, la quadratura del cerchio. Quattro due tre uno. Ok. Ma in avanti ha un potenziale che rischia di restare parzialmente inespresso. Ma se vecchio sì/e sei tagliato fuori/quelle tue convinzioni/ le nuove son migliori/le tue non vanno più/ragione non ne hai più. Renato Zero colonna sonora di un sogno oramai mostruosamente proibito: lancio di Cristante, Under triangola con Pellegrini (ricordate quando nel calcio si triangolava?), va sul fondo, crossa, Schick va sul secondo palo, Dzeko sul primo. E uno dei due la sbatte in porta di testa. E buonanotte ai suonatori.
In the box - @augustociardi