7 FEBBRAIO 1982 - 35 anni fa l'esordio di Ubaldo Righetti: "La Roma una famiglia, la Curva Sud il nostro cuore"

07/02/2017 alle 15:46.
img_9614

LAROMA24.IT (F. BARANELLO) - Il 7 febbraio 1982, allo stadio Sant’Elia, va in scena Cagliari-Roma. La Roma torna a casa con un ricco bottino: 4-2 con doppietta di Pruzzo, uno su rigore, e doppietta di Falcao. Tutto il movimento del calcio italiano è attraversato, in questo periodo, da un forte vento di innovazione e ha grande appeal anche oltre gli italici confini. C’è stato, è vero, lo scandalo delle scommesse ma sono tornati di nuovo tesserabili gli “stranieri”. Gli sponsor fanno bella vista sulle maglie e donano “somme” da poter investire in questo business. Poco dopo l’Italia sarà Campione del Mondo. In tutto questo, a Roma, ci si sente più del solito al centro di questa rivoluzione. È qui l’ombelico del mondo. Per due volte la Roma alza al cielo la Coppa Italia, la Barilla è lo sponsor per antonomasia, Falcao è Divino e la Roma non è più “Rometta” ma è diventata “Maggica”.

Al minuto ’87 di quel Cagliari–Roma Liedholm manda in campo, al posto di Spinosi, un esordiente: Ubaldo Righetti. È l’inizio di una splendida storia d’amore dalle forti tinte giallorosse. Siamo nel periodo forse più bello della storia giallorossa.
Ma come si è arrivati a questo esordio? Il giovane Ubaldo comincia a correre dietro ad un pallone nel paese natio, Sermoneta in provincia di Latina. I suoi eroi sono i giocatori della Nazionale: Facchetti e Mazzola su tutti. Approda nelle giovanili della Fulgorcavi di Latina, una società molto organizzata per l’epoca, proprio mentre la prima squadra è nelle mani di Eugenio Fascetti. Poi il passaggio al Latina voluto da Sergio Guenza. In seguito effettua alcuni provini sia con i giallorossi che con i biancazzurri, ma è solo grazie alla tempestività di Giorgio Perinetti che “la promessa” approda alla Roma.

Liedholm, nella consueta partita del giovedì della prima squadra, è solito chiamare anche qualche ragazzo della “Primavera”. Ubaldo ha quindi la possibilità di mettersi in mostra. Arrivano i primi “Bravoo..molto bravo” (da leggersi lentamente) da parte del “Barone”. Arrivano anche le prime convocazioni. È lo stesso Ubaldo Righetti, raggiunto per l’occasione, a raccontarci quei giorni: ”La sera prima della trasferta a Cagliari mi si avvicinò Falcao e mi disse - Può darsi che domani giochi…!!! - e se lo diceva lui che aveva un rapporto strettissimo con l’allenatore era certamente vero. Mi prese ovviamente una grandissima agitazione, era quello che volevo certo, ma l’agitazione era enorme”. In effetti Liedholm è stato in dubbio sino a poche ore dall’inizio dell’incontro come lui stesso confesserà a fine partita: “A Righetti ho pensato fino all’ultimo: con il rientro di Di Bartolomei che tornava in campo dopo una lunga assenza, avevo bisogno alle sue spalle di un difensore molto veloce e Righetti sarebbe stato l’ideale. Ma poteva essere un rischio affidarsi ad un esordiente” (Cit. Corriere dello Sport, 8 febbraio 1982).
Quindi Righetti si accomoda in panchina e “con il passare dei minuti mi chiedevo, quando toccherà a me?” ci riferisce, “Vedrai ora mi chiama…No non sarà per questa volta forse. Dicono a me? Si mi hanno chiamato. Devo scaldarmi… A quel punto cominci ad elaborare, hai tempo per pensare. Il tempo passa. E la convinzione che sia davvero la volta buona comincia a scemare. Poi ti arriva l’input in cui ti si chiede di velocizzare e allora capisci che è il tuo momento. Tre minuti, un momento indimenticabile, ma sono stati i tre minuti più lunghi della mia vita, perché per me sono iniziati con il riscaldamento”.

Il 21 marzo successivo fa il suo esordio come titolare a , dove la compagine giallorossa soccombe per 2-0. Righetti però è il migliore dei giallorossi: “…un semi-esordiente che si rilevava addirittura il più disinvolto dei giallorossi” (Cit. Corriere dello Sport, 22 marzo 1982”), e si guadagna il voto più alto in pagella, 6.5.
A fine stagione si contano 9 presenze e un futuro importante agli orizzonti per un giocatore dalle tante doti e qualità, come di seguito riassunte: “Quello che più ci è piaciuto del baby giallorosso è proprio l’adattabilità a tre ruoli ben differenti l’uno dall’altro, e soprattutto la superlativa interpretazione che ha mostrato nel ruolo di libero…In più è piaciuta la sicurezza mostrata in campo, la freddezza, la saggezza, la visione di gioco, e la semplicità nel disimpegnarsi al di fuori dell’area di rigore. E non è poco” (Cit. Giallorossi, Giugno 1982).

La stagione successiva la Roma arriva in porto con il “vessillo”, la città è in festa. Una festa attesa quarantuno lunghissimi anni. Roma è tappezzata di giallorosso: strade, balconi, interi palazzi, fontane e scalinate. Righetti ha solo vent’anni: “Uno scudetto vinto, ancor prima che sul campo, grazie ad una grandissima preparazione mentale. La convinzione di Falcao trascinava tutto e tutti. Questa convinzione mista agli allenamenti di Liedholm diventavano “concetti straordinari”. Ci sono state ovviamente delle difficoltà, ma trovavamo sempre le risorse giuste per superarle. Osservavo i più maturi e cercavo di adattarmi. Poi certo anche un pizzico d’incoscienza, di sana incoscienza. E l’entusiasmo di essere accettato dal gruppo”.
Arriva anche l’esordio nella Nazionale maggiore, grazie a Enzo Bearzot, con la quale disputa 8 partite. Ci dice di Scirea: “Figura straordinaria”.
Poi quella fantastica cavalcata in Europa e quella maledetta partita con il Liverpool. I rigori. Il suo rigore: ”Ero rigorista, quindi sapevo che sarebbe toccato anche a me nel caso, e così è stato. Eravamo sul 2-1 per loro, e Conti aveva sbagliato. Toccava a me. Sono pochi secondi dal centrocampo al dischetto. Tutti gli occhi sono su di te, li senti. Non puoi contare sulla squadra, su un compagno. Su nessuno. Ci sei solo tu. Avevo solo un pensiero, confermare il tiro che avevo in mente. Non cambiarlo all’ultimo istante. Mi ripetevo: lo faccio così! Li ho trovato Grobbelaar che cercava di distrarci. Ma io ho fatto quello che avevo in mente di fare. Palla a destra e rete. Il gol l’ho vissuto come una liberazione”. Purtroppo non è bastato per poter ricordare quella serata come una buona serata. Stessa cosa 10 anni dopo, nel 1994, quando il di quella squadra, nella stessa giornata, decide che è arrivato il momento di dire basta. Davvero una data infausta. Al termine di questa stagione riceve il Trofeo Bravo, un premio assegnato annualmente dal Guerin Sportivo al miglior calciatore partecipante alle coppe europee con meno di 23 anni, come da regolamento dell’epoca. Premio vinto in passato da giocatori del calibro di Wark, Butragueno, Van Basten, Baggio, Maldini, Guardiola, Del Piero e Giggs, solo per citarne alcuni e per sottolinearne il prestigio. Il Palmares si arricchisce anche di due Coppe Italia, nel 83/84 e 85/86. C’è ancora spazio anche per un’ulteriore delusione, quella con il Lecce in casa.

Nel 1987 lascia la capitale, dopo 171 presenze totali in maglia giallorossa, “Con Eriksson giocai anche quando non ero in condizione fisiche ottimali, questo ebbe ripercussioni inevitabili nel mio rendimento in campo. Forse il mio tempo nella Roma era effettivamente scaduto, era necessario cambiare. Optai quindi per un percorso di serenità, che mi permettesse di confrontarmi con altre realtà. Ho continuato a giocare, Udinese Lecce e . Ho esplorato quindi nuovi mondi per raggiungere un successo personale. Sono soddisfattissimo dei miei anni giallorossi, un legame straordinario tra squadra, città e tifosi. Sono stati anni fantastici, vissuti con grande gioia e condivisione da parte tutti i componenti della società. Una famiglia. Arrivavamo due ore prima agli allenamenti, tanta era la voglia di stare tutti insieme, era puro divertimento. Come dimenticare poi il calore del pubblico. Prima di ogni partita si entrava in campo per ricevere quel calore, per fare un carico di energia. Tutto lo stadio era una curva, e in Sud c’era il Cuore”.
Siamo tutti in attesa che quel Cuore, che mai ha smesso di battere, possa di nuovo tornare nella sua vecchia “casa”.

Clicky