LAROMA24.IT (Federico Baranello) - Ci sono giocatori che, pur non avendo vestito la maglia giallorossa per tantissimo tempo, sono entrati nel Cuore dei tifosi. Uno di questi è con certezza Toninho Cerezo. Sono bastate tre stagioni per farlo entrare tra gli indimenticabili. Roma s’innamora di quei calzini sempre abbassati, di quell’andatura un po’ sgraziata a tratti traballante ma sempre efficace, una sorta di “Pantera Rosa”. Giunge a Roma nell’estate dell’83, in una città ancora in preda ai fumi di quell’alcool chiamato scudetto. Non si ambienta subito e, come ogni brasiliano che si rispetti, soffre di “saudade”. La Curva allora in occasione di Roma-Sampdoria del febbraio ’84 gli dedica uno striscione che esprime tanto affetto nei suoi confronti: uno striscione rosso con le lettere gialle che recitano: “VAI IN ESSA TONINHO, A TORCIDA TE DA UNA FORCA!”. Inizia una bellissima storia fatta di sentimenti che, a distanza di anni, ancora resiste.
Fu così anche il 2 marzo 1986. All’Olimpico va in scena Roma–Inter. I giallorossi di Eriksson sono impegnati nella clamorosa cavalcata che li porterà a riacciuffare, inutilmente purtroppo, la Juventus capolista. La compagine giallorossa si presenta senza i quattro squalificati Bonetti, Pruzzo, Giannini e Boniek. Dopo qualche minuto perde anche Bruno Conti. Cerezo sale in cattedra e sfoggia una prestazione splendida, ma con due nei.
Al 19’ Nela lancia Graziani che, entrato in area, viene atterrato da Mandorlini e l’arbitro indica per la prima volta il dischetto. S’incarica della battuta Cerezo: rasoterra, portiere da una parte e palla dall’altra ma.... oltre il palo. È il primo errore. Per fortuna tre minuti più tardi Graziani porta in vantaggio i giallorossi. Al 32’ botta di Cerezo sul palo, Graziani raccoglie la ribattuta e infila per la seconda volta la porta di Zenga. Al 50’ Gerolin entra in area e viene steso da Bergomi. L’arbitro indica nuovamente il dischetto sul quale si ripresenta Cerezo. Il centrocampista brasiliano calcia cambiando angolo ma Zenga intuisce e respinge. Lui vorrebbe sprofondare ma la Curva Sud non gli consente di farlo, non gliene da il tempo e comincia a incoraggiarlo scandendo il suo nome: “Cerezo! Cerezo!”. Tutto lo stadio segue il coro.
Al 61’ il gol dell’Inter con Rummenigge che accorcia le distanze. Per fortuna poi all’84 Gerolin fissa il risultato finale sul 3-1 permettendo a Cerezo di sentirsi meno colpevole per i due rigori sbagliati.
A fine gara, con grande sconforto, il centrocampista racconta i due errori dagli undici metri: “Sul primo ho calciato male anche se ero riuscito a spiazzare il portiere. Il secondo tiro mi è partito troppo lento. Non avrei voluto assumermi la responsabilità, ma i compagni mi hanno quasi spinto in area. Volevano che mi prendessi la rivincita. Sono stati dei veri amici” (Cit. Stampa Sera, 3 marzo 1986).
Successivamente dirà: “Da un’altra parte sarebbe successo il finimondo, invece all’Olimpico no. Erano tutti insieme a gridare “Cerezo, Cerezo”. Troppo buoni, troppo buoni. Non troverò mai più un pubblico affettuoso come quello di Roma: a volte, in piena partita, mi bastava alzare una mano come un direttore d’orchestra, e il coro della Sud mi rispondeva con un boato. Ho diretto l’orchestra anche da esterno quando, cioè, sono tornato a Roma con la Sampdoria; è stato veramente uno spettacolo simpaticissimo” (Cit. www.asromaultras.org).
Forse, come dice qualcuno, Roma è una piazza difficile o forse no. Se un giocatore però dimostra attaccamento alla maglia, se mette tutto quello che ha in campo, se si dimostra un professionista (magari andando a dormire a Capodanno), entra nel Cuore dei tifosi. Non poteva essere diversamente per Toninho Cerezo, nato il giorno del Natale di Roma, e capace di dire che “il Cuore di Dio è giallorosso”.