GERSON: "Fui massacrato dopo Juve-Roma. Il primo anno deludente? Solo colpa mia"

30/03/2018 alle 17:50.
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ULTIMOUOMO.COM - Gerson, centrocampista della Roma, ha rilasciato un'intervista in cui ripercorre il suo arrivo nella Capitale. Questo uno stralcio delle sue dichiarazioni

Il rapporto con il padre.
«Mio padre innanzitutto è stato il mio primo allenatore. Eravamo in una condizione economica difficile ma lui non si è perso d’animo, ha preso un patentino da allenatore facendo dei corsi pubblici con lo scopo di insegnarmi quello di cui avevo bisogno, quello che mi mancava calcisticamente. E' una delle persone che più ha creduto in me, in più di un’occasione si è privato di qualcosa per assecondare la mia carriera da calciatore. È vero che sono arrivato a Roma – in Europa, in un club gigante, in un bel paese – anche grazie al mio talento e alle mie forze. Ma sono consapevole che senza di lui non sarei qui oggi».

Il trasferimento alla Roma.
«È stato tutto davvero fulmineo. È stato veloce, ma è stata anche la realizzazione di un sogno. Quando si è nel settore giovanile in Brasile si parla tra ragazzi e il sogno di tutti è quello di arrivare in Europa. Ma bisogna essere preparati anche mentalmente per fare questo salto, la vita è fatta di opportunità. La maglia con il 10 regalata da ? Era un regalo di cui ero felice, abbiamo fatto una foto: per me non c’era nient’altro. Poi c’è sempre qualcuno pronto a polemizzare, a interpretare le cose in maniera negativa. Però dal mio punto di vista e dal punto di vista delle persone che erano lì era un semplice regalo, una bella maglia»

Il prestito rifiutato al
«Il club all’inizio aveva la percezione che avevo anche io: cioè di non essere ancora pronto per il calcio italiano e il calcio europeo. E riteneva fosse una buona idea quella di cedermi in prestito per fare esperienza. Mi rendevo conto che mi mancava ancora qualcosa però volevo restare nel club, volevo imparare ciò che mi mancava qui. Su questo ho insistito molto, fino alla fine, perché sapevo che dovevo migliorare, ma non volevo lasciare la Roma»

L'esordio da titolare in -Roma.
«Contro la effettivamente rimasi un po’ sorpreso perché era un periodo in cui non stavo giocando ed era una partita importantissima. In quella circostanza mancò un po’ di preparazione mentale da parte mia. A partire da quella partita, sono venuti fuori molti dubbi su quello che era il mio gioco. Dopo quella partita con la sono stato massacrato. Poi si parlò di un possibile prestito al Lille… Ci sono state un po’ di situazioni che mi hanno lasciato un po’ triste, abbattuto. La delusione è durata poco perché la vita va avanti velocemente e se ci si sofferma troppo a piangersi addosso, a farne questioni di ego, ti passa davanti e neanche te ne accorgi. Questa è una cosa che mio padre mi dice da quando sono piccolo: quando si attraversano momenti di difficoltà, il tuo ruolo è quello di restare sempre a testa alta, di guardare avanti senza autocommiserarsi».

Il primo anno alla Roma.
«Le cose non sono andate bene all’inizio. E la colpa non era né del club, né dell’allenatore… la colpa era mia, perché non ero pronto. Un calciatore deve essere sempre pronto, non soltanto fisicamente ma anche mentalmente».

Su :
«Da quando ho messe piede qui  ha sempre cercato di aiutarmi, mi piace parlare con lui e davvero lo ammiro per come interpreta il calcio, per come va in campo. Ha una grinta, una forza e un carattere straordinario, a volte gioca anche in condizioni fisiche non perfette tanto è forte il suo desiderio di aiutare la squadra. Lo guardo e spero di potermi avvicinare a quel tipo di giocatore».

I miglioramenti da fare:
«Non devo migliorare un singolo aspetto – la velocità, la forza, il tiro – devo concentrarmi per migliorare tutte queste cose insieme. Tutti i calciatori devono avere nella propria testa la volontà di migliorare, di imparare qualcosa sempre. Questo vale per tutti, anche per , Cristiano Ronaldo, Neymar, per i migliori giocatori del mondo: puoi fare sempre qualcosa per migliorarti. Questo vale ad ogni età: a 20 anni come a 40».

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