FOXSPORTS.COM.AU - Il centrocampista della Roma, Daniele De Rossi si racconta in una lunga intervista, spiegando i motivi per cui ha deciso di rimanere nella Capitale. Queste le sue parole:
Perché non hai mai lasciato la Roma?
"E 'una bella domanda, è una di quelle cose che chiedo anche a me stesso (ride n.d.r.). Sono davvero felice di rimanere a Roma ancora per molti anni. Qualcuno sa come come sarebbe la mia carriera fuori di Roma? Forse potrebbe essere peggio. Forse potrebbe andare in modo diverso, come tutti mi dicono. Mi dicono, 'se vai in Spagna, Inghilterra, Germania - non so dove - puoi vincere tanto. Ma si potrebbe anche non vincere e addirittura fallire. E questo amore che i tifosi della Roma mi danno, forse non riuscirei a trovarlo in un altro posto. Quindi sono felice di essere qui, sono felice di rappresentare qualcosa di importante per la Roma e per i tifosi della Roma e non devo pensare a 'cosa potrebbe essere?'. Sono orgoglioso di quello che ho fatto e sono ancora concentrato per vincere perché ho ancora altri due anni, e forse di più, da trascorrere qui. Non sono rassegnato (a perdere), sono abbastanza sicuro che possiamo vincere (il titolo) nei prossimi due anni, forse tre".
Per De Rossi, non è una questione di soldi - anche se è diventato il giocatore italiano più pagato in Serie A quando ha firmato il nuovo contratto di cinque anni nel 2012 - o una questione di raggiungere la fama altrove. Per il 31enne, padre di due figli, è tutta una questione di famiglia. Roma, dice De Rossi, è il suo sangue.
"Essere un tifoso della Roma è qualcosa con cui si nasce. La famiglia, i nonni, tutti sono tifosi della Roma. Si tratta di una dinastia. Poi ho avuto la fortuna, la capacità, di far diventare questo sogno il mio lavoro. Per me, giocare per la Roma, è quello che ho sempre sognato e per questo è stato facile per me, scegliere di rimanere in questo paese, in questa città. La domenica, con i miei amici, andavamo tutti a vedere le partite della Roma. A volte abbiamo cercato di sfuggire ai nostri genitori per andare in curva, il luogo più caldo per guardare la partita, ma di solito i giocatori della squadra giovanile della Roma avevano una card per la tribuna principale e quindi andavamo li. E dopo tre o quattro anni abbiamo avuto l'opportunità di fare i raccattapalle, quello era davvero il più grande regalo che la Roma potesse darmi nella mia vita. Andare in campo per tifare e per guardare i miei idoli e anche gli altri giocatori delle altre squadre, è stato qualcosa di straordinario".
Alla domanda di quali erano i suoi idoli, De Rossi prima parla dei giocatori stranieri che vedeva in TV - in particolare l'irlandese Roy Keane - e poi cita anche Pep Guardiola, ora una leggenda come allenatore che, dopo una breve parentesi allo Stadio Olimpico nel 2002-03, De Rossi ha sostituito nel centrocampo della Roma.
"E alla fine di questo periodo come giovane fan, c'era anche Francesco (Totti n.d.r). Era già un giovane giocatore che stava diventando un grande giocatore, ma io ero alla fine della mia giovinezza e stavo cominciando la mia carriera da professionista. Il primo mese, il primo anno, è stato strano perché lui era uno che avevo sempre ammirato, c'era un poster (di lui) sul muro della mia camera. Poi hai l'opportunità di allenarti con lui, di parlare con lui, di giocare e scherzare con lui, è stato lo stesso con Gabriel Batistuta. E' venuto a Roma, ci ha fatto vincere lo scudetto, e durante quel periodo sono stato il loro compagno di squadra. Giocavo con lui al mattino e poi nel pomeriggio tornavo ad allenarmi con i giovani. E' stato strano, ma è stato fantastico".
De Rossi parla candidamente della chiamata del Manchester United nell'estate del 2013.
"Alcuni momenti negativi mi hanno fatto riflettere sulla mia destinazione, sul mio futuro. Ci sono stati alcuni momenti, alcuni periodi, alcune estati, in cui Roma non sembrava la cosa migliore per me e viceversa, così ho pensato di cambiare. Una volta sono stato vicino a lasciare, ma ho fatto una promessa al mio allenatore (Rudi Garcia n.d.r.). Lui è arrivato nel mese di giugno e la prima volta che ho parlato con lui gli ho detto 'Voglio andarmene'. Lui mi ha risposto, 'OK, ma sei ancora un grande giocatore, un giocatore importante per me, quindi dammi una data, una scadenza, perché devo sapere quale sarà la mia squadra e quali saranno i miei giocatori'. Così abbiamo fissato la scadenza alla prima giornata di campionato, che era la fine di agosto, e il mercato finiva il 1° settembre. E poi l'offerta è arrivata dopo la prima partita, ma io avevo dato la mia parola, che era una promessa, e questo è tutto. E 'stato un grande anno per noi. Non abbiamo vinto ma qualcosa si è risvegliato di nuovo nella nostra squadra, nei nostri tifosi. Dopo due stagioni difficili, sembrava che qualcosa fosse rinato. Questo è il terzo anno di quella risurrezione e ci auguriamo possa essere quello giusto".
Traduzione a cura di Damiano Frullini