Cufré: "Se Totti mi ha citato nell'autobiografia è segno che ho lasciato qualcosa a Roma"

05/10/2018 alle 04:24.
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GIANLUCADIMARZIO.COM - "Ho solo ricordi bellissimi di quel periodo. E poi Cassano, che giocatore incredibile. Matto, Antonio era così. Genuino e matto. Torno spesso a Roma, ho lasciato tanti amici lì. Vecchi compagni con i quali mi sento appena ce n'è occasione. Anche con Francesco ovviamente”. Leandro Cufrè, ex difensore della Roma, ricorda così la sua esperienza passata in giallorosso

Cufré è stato uno dei pochi ex giallorossi citati nell'autobiografia di : “Mi ha fatto piacere, perchè essere nominato nel suo libro vuol dire che qualcosa è rimasto. Non per un momento bello, è vero, ma se gli è venuto quello in mente per me va benissimo lo stesso”.

Un passaggio anche sul celebre schiaffo a Del Piero: “Tutto nasce dai tempi di Siena. Ero io l'incaricato di marcare Del Piero, soprattutto sui calci di punizione o calci d'angolo. La mia marcatura, diciamo molto fisica, gli dava fastidio. L'anno dopo, alla Roma, chiesi io al mister di marcarlo. Al ritorno fu una partita particolare, il clima era teso perché tornavano per la prima volta all'Olimpico mister Capello con Zebina ed . Gli animi erano accesi e in campo, ecco, diciamo che non ci siamo risparmiati”.

Poi sull'arrivo in giallorosso: “Tre anni prima avevo vinto il Mondiale Sub 20 con l'Argentina, facevo coppia in difesa con Samuel. Forse Baldini e Capello vollero riformare la coppia giovane più promettente dell'epoca. Ma squadra che vince non si cambia, è normale. Avevano tutti appena rinnovato, era difficile per me trovare spazio. Anche Cassano all'inizio faticò”.

Proprio su Cassano rivela aneddoti “che non si possono raccontare. Se non lo ha fatto posso farlo io? Posso dire che ogni giorno ti faceva morire dalle risate. Ne racconto uno: Antonio era solito arrivare all'ultimo secondo a Trigoria. Ogni ritardo con Capello era una multa e quel pomeriggio lui era in ritardo. Arriva di corsa al parcheggio e per sbrigarsi tampona la Ferrari di Fuser. Chi come me era alla finestra vede tutto, ma fa finta di niente. Alla fine dell'allenamento Diego va verso la macchina e trova la fiancata completamente rigata. Noi tratteniamo a stento le risate, Antonio fa finta di nulla. Peccato che la sua macchina fosse parcheggiata accanto a quella di Fuser, con tutto il parafango colorato di rosso. Antonio, serio, nega tutto: “Non sono stato io, giuro!”. E noi a ridere come pazzi. Diego era inca.... nero. Come si è risolta? Come al solito. Un assegno di Antonio. Gli ho visto fare delle cose in campo incredibili. Mai visto un giocatore così. Esplosivo, imprevedibile, tecnico. Era davvero fortissimo”.

Passaggio finale sull'addio: “Ero arrabbiato con che quell'estate (nel 2006, ndr) chiese un nuovo terzino sinistro. E io? Questo mi chiedevo, ma ero giovane. Ora da allenatore capisco meglio le esigenze. Voleva rinforzi, non liberarsi di Cufré. Ma decisi di andar via. Ma la spinta che ti dà Roma non si trova da nessun'altra parte. Non è la voglia di giocare o combattere, quella ce la devi avere dentro. E' il livello che raggiungi in piazze così a non avere eguali”.

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