IL ROMANISTA (D. GALLI) - Era il 23 ottobre 2011. Era Roma-Palermo. Un contrasto, la palla che gli finisce sui piedi, la sensazione del cross, il fiuto del gol. Gol. Anzi, go! Erik Lamela segna al debutto, un esordio da favola, da cigno mai stato anatroccolo. Un anno e quattro mesi dopo, le presenze in campionato salgono a cinquanta. Cifra tonda
Accade oggi, accade contro un avversario che ti resta impresso perché lanno scorso ti ha umiliato. Se si gioca, perché il dubbio è lecito alzando gli occhi al cielo, Lamela compie un piccolo passo per luomo ma un grande passo per un calciatore della Roma. Cinquanta presenze. In totale, Coppitalia compresa, siamo invece già oltre: cinquantadue volte con questa maglia di sole e sangue, di tanto amore e tanta storia. Un punto fermo. Lamela lo era con Luis Enrique, lo era con Zeman, lo è con Andreazzoli. Qualcun altro può perdere il posto, lui ce lha per Dna. È il destino di quelli che giocano sempre perché letà non conta quando alla palla insegni cosè il calcio. Quattro gol nel primo anno, undici in venti presenze nel secondo.
Sarebbero stati di più, in realtà. La responsabile è "lei". "Lei" è una lesione capsulo legamentosa alla caviglia destra. "Lei" è un lui. È un infortunio grave quanto basta a impedirgli per quasi un mese di esprimere unarte. Capita a seguito di un normale contrasto col granata DAmbrosio. È il 19 novembre, è il giorno di Roma-Torino (2-0, alé!). Lamela resiste, insiste e a fine partita paga il conto. La lesione lo mette fuorigioco nel momento migliore della sua baby carriera: il mio amico Erik è autore di 8 gol, 8 sui 27 fino a quel punto realizzati da Zemanlandia. La ripresa è tosta, i risultati non arrivano, la Roma intanto vacilla, tenta di rialzarsi, poi crolla tramortita per colpa derrori e di un destino infame. Lamela non sembra più quello di prima. Pare involuto. La scintilla del talento cova, il fuoco torna a divampare nonostante la sconfitta pesante, ingiusta perché fondamentalmente immeritata. Quella con la Genova doriana. È il segnale della ripresa, è tornato il nostro amico Erik. Con la Juve riappare nello splendore dei fasti di inizio stagione, si lascia alle spalle gli avversari, li dribbla, è il più fico. Forse, lo è anche troppo. Troppe serpentine e davanti cè la Juve. Entusiasmi comprensibili quando hai la pelle di cuoio e linesperienza di un bambino gigante.
Un anno fa, circa, lAtalanta lo ha preso a schiaffi. Anzi: li ha presi a schiaffi. Quattro gol, zitti e a casa. Nellalternarsi degli eventi bergamaschi ricordato ieri da Andreazzoli, fu un giorno da cancellare. Uno dei peggiori dellera spagnola: la punizione di De Rossi, Marilungo, la tripletta di Denis, le espulsioni di Osvaldo e Cassetti. Oggi, Lamela può buttarsi alle spalle tutto. Anche la difesa dellAtalanta.
(ha collaborato Franco Bovaio)