Zeman contro il brutto del calcio

25/08/2012 alle 10:44.

IL ROMANISTA (P. A. COLETTI) - Si riparte. Finalmente. Alle 18 di oggi prende il via il campionato 2012/13. Una serie A che vede come assoluta protagonista la Juventus, più fuori dal campo che "sul campo". Una Juve tornata, dopo Calciopoli, ad occuparsi più di quello che succede nelle aule dei tribunali, sportivi questa volta, che del modulo con cui la squadra di Carrera (non Conte) affronterà il Parma questa sera. Con Agnelli preoccupato di ripristinare lo "stile" bianconero.

Un presidente che dal giorno del suo insediamento chiede indietro gli scudetti di Calciopoli, che definisce «caccia alle streghe» la di per calcioscommesse e che ritiene che la giustizia sportiva «debba essere riformata dalle sue fondamenta», quella stessa giustizia che ha però assolto altri due tesserati juventini: Bonucci e Pepe. Un campionato che la sorte ha voluto che iniziasse proprio con i bianconeri in campo. Per dovere di cronaca la prima partita si giocherà alle 18 a Firenze con -Udinese. Ma è alle 20.45 che inizierà il vero campionato, quello di vertice. Con la squadra da battere, con la di Carrera, la dei 28 scudetti. «28? Sono pure troppi» le parole di Zeman. Il Boemo, il Maestro, il grande antagonista è tornato. Quello che inizia oggi sarà soprattutto il suo campionato. Zeman da Praga non poteva scegliere un momento più appropriato per tornare. Zeman è sinonimo di correttezza, lealtà, calcio pulito. Il Boemo incarna la speranza di tutti i tifosi italiani, la voglia di uscire dal torpore nel quale il calcio italiano è piombato da calciopoli al calcioscommesse.

Juve-Roma. Il duello ideologico, morale e calcistico che Zeman quest’anno può vincere anche dove i bianconeri si sentono più forti: "Sul campo". Non è una rivincita. Zdenek da quando denunciò l’abuso di farmaci ha sempre vinto, ha sempre avuto ragione. Mentre gli altri parlano di «caccia alle streghe» o di «vergogna» e di «giudici tifosi». Parole bianconere in libertà. Parole criticate dai massimi vertici dello sport italiano. Due giorni fa il presidente del Coni Petrucci: «Basta con questi attacchi ai giudici e alla giustizia sportiva. In queste settimane assisto a esibizioni muscolari che mostrano il lato peggiore di uno sport che non merita mortificazioni». Ieri Giancarlo Abete, presidente della FIGC: «Quando si è protagonisti in negativo o coinvolti in situazioni di giustizia, ognuno riscopre la giustizia a suo uso e consumo. Non c’è stato nessun accanimento nei confronti di che è stato giudicato da un organo di giustizia sportiva e che deve mostrare rispetto». Rispetto. Una parola che negli ultimi anni troppo spesso è stata cancellata dal dizionario bianconero. «Abbiamo un’idea diversa di sport.

Negli ultimi anni loro non hanno offerto esempi positivi» un altro stoccata estiva di Zeman. Un modo per fare aprire gli occhi. Zeman come il viatico per l’espiazione dei peccati del calcio italiano. Di questa ritrovata esigenza di un calcio pulito non ne parlano solo i quotidiani sportivi ma anche i giornali politici. Sulla Repubblicadi giovedì è apparsa una brillante vignetta di Altan che innalza un «Forza Roma» come soluzione ai problemi economici mondiali. Il Manifesto di ieri, a firma di Alberto Piccinini, recitava: «Considerare il presidente bianconero Andrea Agnelli che denuncia la "caccia alle streghe" ai bianconeri come una parodia dell’Avvocato, è molto più che fargli un piacere. Ma l’apparizione dello spauracchio numero uno della , Batman Zdenek Zeman, in maglia giallorossa e nuovamente sul palcoscenico del massimo campionato, no che non è una parodia. È uno scherzo del tempo. Una grande trovata di sceneggiatura. Ai tempi in cui e la quasi totalità degli allenatori di serie A (Allegri, Ciro Ferrara, Stroppa, Mazzarri, Montella) facevano i giocatori con alterne fortune, chi bravo chi meno, Zeman era già in panchina. Nel 1989 degli scommettitori malandrini evocati da Gianni Brera varava il "Foggia dei miracoli". Nel ’94 consegnò Stroppa - oggi suo sostituto al - alla Nazionale di Sacchi.

E così via. Zeman è il sopravvissuto di una "teoria del calcio" sua e solo sua che ci riporta a un’epoca lontana, anni Ottanta, quando la zona era un’eretica utopia ("tetro ginnasiarca", sempre nel giudizio di Brera), il nostro campionato il più bello del mondo, Berlusconi e Agnelli vincevano sempre ma i "poveri" (fossero Maradona, il Foggia, o la Roma di Falcao e il Verona di Bagnoli) si potevano togliere qualche soddisfazione. Almeno la soddisfazione di discutere di calcio. Oggi che ci è rimasto? I "discorsi motivazionali", certo. Abbiamo abbastanza orrore della psicologia aziendale per considerarli una cosa seria. Dunque ci resta solo Zeman, il e i gradoni. Se non si è tifosi romanisti (o juventini) non si faticherà almeno a simpatizzare». Quando un tifoso non si sente rappresentato dai proprio colori il calcio si può dire morto. E’ il caso di Marco Travaglio, bianconero Doc, che sul Fatto Quotidiano di ieri ha scritto una lettera aperta a John Elkann per esprimere il suo dissenso nei confronti della gestione della società da parte di Andrea Agnelli. «Gentile John Elkann, Le scrivo da appassionato di calcio, ma soprattutto da juventino che aveva appena smesso di vergognarsi di esserlo dopo la dipartita di Moggi & C. grazie allo scandalo di Calciopoli – è l’incipit della lettera del giornalista -. Ora, se possibile, gli juventini Oggi alle 18 con -Udinese parte la Serie A.E stasera c’è subito la ,campione in carica e soprattutto di polemiche.Anche i quotidiani non sportivi eleggono il tecnico giallorosso simbolo del possibile riscatto del nostro pallone «Quest’anno in serie A ci sarà un campionato aperto, una competizione vera – ha detto Renzo Ulivieri, presidente dell’Associazione allenatori di calcio -: in lizza non c’è solo la , direi che ci sono anche il Milan, l’Inter, la Roma».

Dello stesso avviso anche il presidente della Lega di serie A, Maurizio Beretta: «Sarà un campionato incerto e per questo molto combattuto ma del resto questa è una delle caratteristiche che rendono i nostri campionati appetibili e seguiti anche all’estero ogni stagione».

 Travaglio si chiede: «Che direbbe, se fosse vivo, Gianni Agnelli? Era tutt’altro che una mammoletta. Ma quando Boniperti usava Moggi come osservatore, non lo faceva entrare in sede: l’Avvocato lo chiamava "il nostro stalliere" e mai l’avrebbe promosso non dico , ma nemmeno magazziniere. Quando, nel 1980, la società fu coinvolta nello scandalo scommesse per un famigerato -, non si ricorda una sola parola dell’Avvocato, di Boniperti giù giù fino al vicemassaggiatore, contro la Figc e i suoi organi inquirenti e giudicanti. E quando la Fiat, come quasi tutti i grandi gruppi, fu coinvolta in Tangentopoli, Gianni Agnelli si guardò bene dall’attaccare i magistrati. Anzi disse: "È bene che i magistrati lavorino serenamente e tranquillamente"». Ora però c’è il nipote Andrea e lo "stile" è sempre più ostile. Ma Zeman è tornato, pronto a contrapporsi al marcio e al male del calcio. Con la sua semplicità, l’onestà, la forza dello sport. Con l’entusiasmo dei tifosi. Con la sua Roma, pronto a portarla finalmente in alto. Più in alto di tutti, anche dei bianconeri.