Un’altra trasferta con 4 gol presi

23/04/2012 alle 10:40.

IL ROMANISTA (C. ZUCCHELLI) - Non bastavano Udine, Firenze, Cagliari, Bergamo e Lecce. Non bastavano due derby su due persi, non bastava l’eliminazione in Europa League per mano di una squadra di semi professionisti. La Roma si regala un’altra notte da incubo e la fa vivere soprattutto ai suoi tifosi. Allo Juventus

Tutto, o quasi, succede nel primo tempo, quando una doppietta di Vidal e un gol di Pirlo mandano Buffon – serata da spettatore non pagante la sua – e compagni al riposo sul 3-0. Il gol di Marchisio nella ripresa completa la festa della e la serataccia della Roma, costretta a fare i conti anche con l’espulsione, senza dubbio eccessiva, di Stekelenburg e con una squadra incapace di rimontare e di tirare fuori gli attributi. Perché è vero che i bianconeri vanno in vantaggio dopo tre minuti, ma è vero anche che la Roma non reagisce. Mai. In nessun reparto. Non in difesa dove fa coppia con Kjaer (ed è quantomeno singolare che sia lui a dirigere il reparto) e Rosi e José Angel sulle fasce non ne azzeccano una. Non a centrocampo dove Luis Enrique stravolge tutto: Gago vertice basso, Perrotta – a uomo su Pirlo – intermedio insieme a Marquinho. E non in attacco dove fa il trequartista dietro a e Osvaldo. Panchina per Lamela, panchina per Bojan ma, soprattutto, panchina per . Definire quella dell’asturiano una mossa a sorpresa è poco: il si era allenato bene, non aveva problemi fisici e contro l’Udinese era stato uno dei migliori. Non è bastato a convincere Luis Enrique che, tra l’altro, ha negato a l’ultimo scontro in carriera con Del Piero.

Un dettaglio, comunque. Perché quello che la Roma si porta dietro da Torino è altro. Nessuno chiedeva di vincere per forza in un campo inviolato, ma quantomeno si chiedeva, e sperava, in una gara diversa. Niente da fare. Un paio di tiri in porta e poco altro. Per fortuna tempo per pensare non ce n’è: mercoledì si rigioca. All’Olimpico. Ed è inutile dire che servirà decisamente un’altra Roma. Una Roma che, magari, eviti di sbagliare completamente approccio alla partita come successo ieri. Tre minuti e in vantaggio: la difesa della Roma si fa cogliere in velocità, De Ceglie riceve palla in posizione regolare, Kjaer non lo contrasta, mette in mezzo un cross rasoterra su cui indisturbato arriva Vidal che ha il tempo di stoppare, controllare e battere col sinistro Stekelenburg.

Al 7’ la raddoppia: Vucinic si accentra, serve ancora Vidal che non trova ostacoli sul lato dove difende Josè Angel e si regala la gioia della doppietta. Il primo quarto d’ora della Roma è da brividi, i mille tifosi giallorossi che occupano il settore ospiti provano a farsi sentire ma hanno le mani nei capelli: la è aggressiva e domina in tutto e per tutto. Al 25’ il dramma continua: Marchisio, dopo palla filtrante di Vucinic, vede Stekelenburg fuori dai pali, cerca e trova il contatto. Bergonzi è inflessibile: rigore, che ci può stare, ed espulsione troppo severa. Dentro Curci e fuori . Sul dischetto va Pirlo. E la beffa continua: Curci para, ma sulla ribattuta il numero 21 è il più rapido di tutti e fa 3-0.

, ovviamente, continua come un indemoniato a incitare i suoi che lo ascoltano: minuto 46’, Vidal si fa tutto il campo per rientrare in difesa e togliere il pallone dai piedi di Gago. Lo stadio va in delirio, Bergonzi dice che può bastare e manda tutti negli spogliatoi. Si riparte con gli stessi uomini in campo e lo stesso identico copione: Marchisio al 7’ riceve da Vucinic e dal limite dell’area lascia partire un a giro che non lascia spazio a Curci. La partita è un monologo della , la Roma prova a limitare i danni e quando Lichtseiner si permette il lusso di un colpo di tacco in difesa si capisce che il fischio finale deve arrivare al più presto. Quando finalmente arriva, dopo due minuti di recupero e dopo un’inutile ammonizione a Bojan che gli farà saltare la e uno sputo di Lamela a Lichtsteiner, che aveva provocato facendo "4" con la mano, la Roma rientra a testa bassa negli spogliatoi. Ed è una liberazione. Assistere alla festa scudetto della è troppo.