IL ROMANISTA (T. CAGNUCCI) - Domanda: se al posto di Osvaldo ci fosse stato Barusso trequarti di Roma si sarebbe scagliata lo stesso contro Luis Enrique? Risposta: no. Non solo. Quasi sicuramente si sarebbe elogiato latteggiamento duro ma giusto del tecnico, uomo leale che non conosce compromessi (cit. De Rossi) eccetera. Qualcuno obietterà: che discorso è? Osvaldo è un giocatore importante, un titolare, il capocannoniere, eccetera. Obiezione allobiezione: che discorso è? Che un principio deroga a seconda dellopportunità?
Obiezione allobiezione: che discorso è? Che un principio deroga a seconda dellopportunità? Che lesempio si dà quando tutti sono pronti a seguirlo? Che le parole che cambiano il discorso si dicono quando uno se laspetta? Che letica si pesa? Cè unetica della responsabilità e una (non) etica della convenienza, secondo
la prima si fanno le cose che si devono fare, per laltra quelle che convengono. Non siamo alletica del Capitale, ma a quella della Capitale sì. Almeno nella Roma che è il cuore di Roma adesso si vive così. Esagerazioni? Stronzate? La rivoluzione prevede anzi esige passaggi che non taspetti, che non vuoi, che devi fare. La rivoluzione si fa prendere a cojonelladallo scetticismo e dal cinismo di chi non ha niente da scommettere, da rischiare, da dare. Un po come le lettere damore secondo Vecchioni: a un certo punto fanno solo ridere. Ma alla fine vince chi più sogna. E forse in questi tempi vince già chi ancora riesce a sognare. Alla Roma lo fanno.
Luis Enrique che fa fuori il suo capocannoniere, il giocatore che più ha voluto questestate (contro il parere praticamente di tutti), che ha sempre schierato, che non lo ha mai tradito, che ha sempre apprezzato (a Udine è stato il migliore per Luis e per tutti) è più degli altri un sognatore. Lo è anche se spera di venire compreso da quella cosa terribile che si chiama maggioranza. Fortunatamente se ne frega. Fortunatamente cè anche una dirigenza che sogna. Sabatini lavrà vista diversa da Luis Enrique la partita di Udine ma resta un "innamorato" dellallenatore, Baldini lo difenderà sempre: è stata la sua scelta di campo. Quello che sembra adesso una debolezza della società è invece il punto di forza: la notizia che non è stata nascosta.
Perché lhanno fatto sapere? Al Perché lhanno fatto sapere? Non perché si sarebbe saputo; non perché alle 11 dopo la riunione tecnica qualche spiffero era già soffiato; non perché altrimenti la Roma - questa Roma qua così trasparente e nuova e quindi, certo, fragile - sarebbe stata travolta da critiche, commenti che con difficoltà già adesso fanno fatica a nascondere la loro soddisfazione (ci saranno persone che domenica tiferanno per il mago del Fontanone nella speranza di far fuori non tanto Luis Enrique, ma lidea di questa Roma). Non per questo. La Roma lo ha fatto sapere perché comunque Osvaldo sarebbe stato punito. Lavrebbe fatto sapere anche se non si fosse mai venuto a sapere. E stata una scelta. Una decisione di unetica della responsabilità. Forse un difetto nella comunicazuione della società cè stato (così come Luis Enrique ha sbagliato quasi tutto a Udine) sottolineando a più riprese che "questa è una decisione dellallenatore".
E parsa una primissima presa di distanza dal tecnico, rispetto alladiacenza che cè sempre stata. Sarebbe stato più opportuno un "in accordo con lallenatore la società...". Piccolo difetto che nasconde un grande intento: ribadire a tutti che lAs Roma ha consegnato la squadra a Luis Enrique, punto e basta, e quindi lui decide. E questo perché, anche perché, è uno per cui letica conta. Perché non si mette a ridere se sente parlare di rivoluzione. Perché la fa. La rivoluzione non è mai schiava del risultato. Ormai a Roma si ride di questo, così come fanno "gli altri ", quelli che prendono il posto dei romanistoni e parlano sprezzatamente di progggetto. Ormai viene messa alla berlina pure la Curva Sud. Certo che si può discutere la Curva Sud, ma farci ironia su quello striscione significa che ormai il popolo romanista ha perso il suo centro, la sua anima, semplicemente la sua unità dintenti.
Benedetta luscita di ieri sera. Perché se la rivoluzione non è un pranzo di gala (cit. Mao) però può essere benissimo una sera a cena con la squadra. Benedetta la cena di ieri sera. E il primo effetto di una decisione etica. Dopo la partita con lUdinese, in quello spogliatoio, non sarebbero mai andati a cena. O no? Adesso tutti, non solo Osvaldo (anzi lui ha già dimostrato tanto e la rivoluzione ha bisogno soprattutto di uomini come Pablo) dovranno dimostrare di essere squadra in campo, di aver capito veramente che lallenatore non accetta compromessi, che è leale con tutti, che non ha cocchi o cocchetti (ve la ricordate la storia del dolcetto Bojan?). Dovranno dimostrare di aver capito e che seguiranno il "comandante". Sennò dopo Spalletti, Ranieri, e i mille allenatori passati prima, arriverà presto il giorno in cui si dirà che "meglio cambiare lallenatore perché la squadra non lo vuole". No. Meglio fare la rivoluzione e cambiare tutti. Se possibile il mondo. Milan non sarebbe mai uscita - è un ritornello recente - vero, ma la Roma non è il Milan, non è società di potere, non è società dei mass media, non è società di Galliani, non è una società che cè mai stata in Italia.