La maggioranza sta

30/11/2011 alle 10:07.

IL ROMANISTA (T. CAGNUCCI) - Domanda: se al posto di Osvaldo ci fosse stato Barusso trequarti di Roma si sarebbe scagliata lo stesso contro Luis Enrique? Risposta: no. Non solo. Quasi sicuramente si sarebbe elogiato l’atteggiamento duro ma giusto del tecnico, uomo leale che non conosce compromessi (cit. De Rossi) eccetera. Qualcuno obietterà: che discorso è? Osvaldo è un giocatore importante, un titolare, il capocannoniere, eccetera. Obiezione all’obiezione: che discorso è? Che un principio deroga a seconda dell’opportunità?

Obiezione all’obiezione: che discorso è? Che un principio deroga a seconda dell’opportunità? Che l’esempio si dà quando tutti sono pronti a seguirlo? Che le parole che cambiano il discorso si dicono quando uno se l’aspetta? Che l’etica si pesa? C’è un’etica della responsabilità e una (non) etica della convenienza, secondo
la prima si fanno le cose che si devono fare, per l’altra quelle che convengono. Non siamo all’etica del Capitale, ma a quella della Capitale sì. Almeno nella Roma che è il cuore di Roma adesso si vive così. Esagerazioni? Stronzate? La rivoluzione prevede anzi esige passaggi che non t’aspetti, che non vuoi, che devi fare. La rivoluzione si fa prendere a cojonelladallo scetticismo e dal cinismo di chi non ha niente da scommettere, da rischiare, da dare. Un po’ come le lettere d’amore secondo Vecchioni: a un certo punto fanno solo ridere. Ma alla fine vince chi più sogna. E forse in questi tempi vince già chi ancora riesce a sognare. Alla Roma lo fanno.
 
Luis Enrique che fa fuori il suo capocannoniere, il giocatore che più ha voluto quest’estate (contro il parere praticamente di tutti), che ha sempre schierato, che non lo ha mai tradito, che ha sempre apprezzato (a Udine è stato il migliore per Luis e per tutti) è più degli altri un sognatore. Lo è anche se spera di venire compreso da quella cosa terribile che si chiama maggioranza. Fortunatamente se ne frega. Fortunatamente c’è anche una dirigenza che sogna. l’avrà vista diversa da Luis Enrique la partita di Udine ma resta un "innamorato" dell’allenatore, Baldini lo difenderà sempre: è stata la sua scelta di campo. Quello che sembra adesso una debolezza della società è invece il punto di forza: la notizia che non è stata nascosta.
 
Perché l’hanno fatto sapere? Al Perché l’hanno fatto sapere? Non perché si sarebbe saputo; non perché alle 11 dopo la riunione tecnica qualche spiffero era già soffiato; non perché altrimenti la Roma - questa Roma qua così trasparente e nuova e quindi, certo, fragile - sarebbe stata travolta da critiche, commenti che con difficoltà già adesso fanno fatica a nascondere la loro soddisfazione (ci saranno persone che domenica tiferanno per il mago del Fontanone nella speranza di far fuori non tanto Luis Enrique, ma l’idea di questa Roma). Non per questo. La Roma lo ha fatto sapere perché comunque Osvaldo sarebbe stato punito. L’avrebbe fatto sapere anche se non si fosse mai venuto a sapere. E’ stata una scelta. Una decisione di un’etica della responsabilità. Forse un difetto nella comunicazuione della società c’è stato (così come Luis Enrique ha sbagliato quasi tutto a Udine) sottolineando a più riprese che "questa è una decisione dell’allenatore".
 
E’ parsa una primissima presa di distanza dal tecnico, rispetto all’adiacenza che c’è sempre stata. Sarebbe stato più opportuno un "in accordo con l’allenatore la società...". Piccolo difetto che nasconde un grande intento: ribadire a tutti che l’As Roma ha consegnato la squadra a Luis Enrique, punto e basta, e quindi lui decide. E questo perché, anche perché, è uno per cui l’etica conta. Perché non si mette a ridere se sente parlare di rivoluzione. Perché la fa. La rivoluzione non è mai schiava del risultato. Ormai a Roma si ride di questo, così come fanno "gli altri ", quelli che prendono il posto dei romanistoni e parlano sprezzatamente di progggetto. Ormai viene messa alla berlina pure la Curva Sud. Certo che si può discutere la Curva Sud, ma farci ironia su quello striscione significa che ormai il popolo romanista ha perso il suo centro, la sua anima, semplicemente la sua unità d’intenti.
 
Benedetta l’uscita di ieri sera. Perché se la rivoluzione non è un pranzo di gala (cit. Mao) però può essere benissimo una sera a cena con la squadra. Benedetta la cena di ieri sera. E’ il primo effetto di una decisione etica. Dopo la partita con l’Udinese, in quello spogliatoio, non sarebbero mai andati a cena. O no? Adesso tutti, non solo Osvaldo (anzi lui ha già dimostrato tanto e la rivoluzione ha bisogno soprattutto di uomini come Pablo) dovranno dimostrare di essere squadra in campo, di aver capito veramente che l’allenatore non accetta compromessi, che è leale con tutti, che non ha cocchi o cocchetti (ve la ricordate la storia del dolcetto Bojan?). Dovranno dimostrare di aver capito e che seguiranno il "comandante". Sennò dopo Spalletti, Ranieri, e i mille allenatori passati prima, arriverà presto il giorno in cui si dirà che "meglio cambiare l’allenatore perché la squadra non lo vuole". No. Meglio fare la rivoluzione e cambiare tutti. Se possibile il mondo. Milan non sarebbe mai uscita - è un ritornello recente - vero, ma la Roma non è il Milan, non è società di potere, non è società dei mass media, non è società di Galliani, non è una società che c’è mai stata in Italia.