IL ROMANISTA (M. MACEDONIO)- Era uno che il mestiere lo conosceva bene. Quello di giornalista, innanzitutto. E quello, forse anche più delicato, di responsabile di un ufficio stampa. Dario Brugnoli, che se nè andato ieri, a 68 anni, complice il male che non perdona, aveva diretto quello della Roma - non uno qualsiasi, quindi negli anni migliori della presidenza Sensi
A Trigoria era arrivato nel 97, prima dellavvento di Zeman, e vi sarebbe rimasto fino al 2003. Vivendo così in prima persona quella straordinaria avventura collettiva che fu il terzo scudetto. Con lui onnipresente. A fianco del tecnico, a moderare e spesso condurre le conferenze stampa. Sempre nel segno dellequilibrio. E della correttezza. Quella di chi ha rispetto per se stesso e quindi anche per gli altri. Una disponibilità rara, la sua, che avvertivi subito dal sorriso con cui ti accoglieva. Lo faceva con tutti, allo stesso modo. Si trattasse della prima firma di un giornale, come del ragazzino alle prime armi. Una capacità di stabilire rapporti, umani quanto professionali, che gli veniva riconosciuta unanimemente. «Cera per lui una stima, prima ancora che unamicizia ricorda Giorgio Martino, direttore di Roma channel, che nasceva giusto nel 2000 - già dai tempi della nostra esperienza lavorativa in Rai (Brugnoli era stato caporedattore al Gr1, dopo esserlo stato a lungo nellAdn-Kronos, ndr). Ma che proprio in quegli anni di frequentazione quotidiana, a Trigoria, ebbe modo di consolidarsi. Anche grazie allentusiasmo che, sia professionalmente che sul piano della comune passione giallorossa, caratterizzò quella prima stagione del canale».
Sono in tanti a piangerlo, oggi. Dal dottor Mario Brozzi, medico sociale in quegli anni, che lo ha indicato come punto di riferimento di quella Roma. A Damiano Tommasi, neo presidente dellAIC, che lo ha definito «un compagno di viaggio». E tanti sono anche quelli che lo rimpiangono, per quel suo modo civile, urbano, ma allo stesso tempo fermo, rigoroso, di chi ha a cuore sempre e solo la verità dei fatti. Lesempio di ciò che si dovrebbe intendere per saper fare comunicazione. Perché era uno attento, Dario. Ascoltava le radio, ben sapendo quanto queste orientino lopinione dei tifosi, almeno in questa città. E se sentiva qualcosa che non gli quadrava, non esitava ad alzare il telefono per chiamare in diretta e smentire quanto cera da smentire. Ce ne fossero ancora, di professionisti come lui. A Claudia, che ne ha condiviso tanta parte della sua vita, e ai familiari, labbraccio di chi scrive e le condoglianze della redazione del Romanista.