Losi: "Ora basta con le scuse"

18/02/2011 alle 10:47.

IL ROMANISTA (M. MACEDONIO) - E’ a dir poco sconsolato, Giacomino Losi, davanti ad una situazione che gli appare ai limiiti dell’“anarchia”. «Amo così tanto questi colori – dice – che non so darmi pace. Ricostruire per intero la squadra? Non mi sembra il caso. Anche perché abbiamo già una signora squadra.

 Parla a sua volta da tifoso, Flavio Insinna. Quasi un grido di dolore il suo. «Sono un innamorato tradito» specifica. «Sono stanco e amareggiato. E non mi diverto più. Sono anch’io abbonato da sempre. Dal ’74, esattamente, e mi posso permettere di dire che non se ne può più. Ogni volta ce n’è una. Io, quando entro in uno studio per lavorare, non sto a pensare al bonifico. Penso alla mia soddisfazione professionale. Non penso “se cambia il regista...”, oppure “se cambia il produttore...”. Penso a lavorare, e basta. E, oltretutto, sono un privilegiato. Perché l’operaio, la mattina, esce di casa, va e lavora. Mi sembra che manchi la voglia. Quella di fare più del proprio dovere. Dal 2001 ne avremmo dovuti vincere almeno altri quattro, di scudetti, e a mani basse. Ma a noi, come si dice a Roma, ce manca sempre un soldo pe’ fa ‘na lira. Roma-Samp dell’anno scorso non me la sono scordata. E contro lo Shakhtar, si possono prendere tre gol così? Si può pareggiare Roma-Brescia in casa? Una cosa che si ripete negli anni: da Venezia-Roma a Roma- Livorno a tante altre. E’ una questione di mentalità. Un modo di intendere la propria vita. Dai giocatori sento dire: “aspetto gli americani”, “aspetto gli arabi”. Ma i tifosi, che devono aspettare? Penso a quelli per i quali il tifo è tutto: perché devono aver visto buttare tante occasioni negli anni?». Già, perché? L’instabilità societaria è la causa principale dei mali della Roma anche per Carlo Mazzone: «C’è troppa tensione, non c’è più tranquillità e serenità. I ragazzi non pensano più alle partite, ma a leggere i giornali, per cercare di capire ciò che succederà alla società. Non è normale, ma è logico, direi anche umano, perché sono dipendenti della Roma e ognuno di loro pensa al proprio futuro. Purtroppo però, in questo modo i giocatori vanno in campo nervosi e non riescono a dare il meglio». La soluzione, per il tecnico di Testaccio, sta nel «dimenticarsi delle voci sulla società. Bisogna solo guardare avanti, affrontare le partite con il massimo impegno, poi quello che succederà succederà».